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1. RABBIA E LACRIME AI FUNERALI DI PAMELA, LO ZIO DELLA RAGAZZA: "LA COMUNITA’ NIGERIANA ROMPA IL MURO DI OMERTA’" – MISTERO SUL DNA ISOLATO SULLA LINGUA DI PAMELA - L’AMICA DI SCUOLA: È CAMBIATA ALLA FINE DEL PRIMO ANNO DELLE SUPERIORI, HA INCONTRATO PERSONE SBAGLIATE, SPECIE UN FIDANZATO..."- ABBIAMO PROVATO AD AIUTARLA MA ERAVAMO IMPOTENTI- LA DROGA? VOLEVA USCIRNE…

Rosalba Emiliozzi e Raffaella Troili per il Messaggero

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Alla fine mamma Alessandra l' ha riportata a casa. E vegliata un' ultima notte, in via Saluzzo, primo piano. «Ho dormito poco e niente, stesa vicino alla bara, nella stanzetta dove volevo che Pamela tornasse a vivere». Il giorno dopo ha indossato una delle magliette che ha fatto stampare per ricordare sua figlia, con la corona in testa e la scritta da qui nessuno potrà portarti via, e si è diretta nella chiesa di Ognissanti all' Appio. Per l' ultimo addio alla diciottenne uccisa e fatta a pezzi a Macerata, per raccontare «l' altra Pamela, non era la drogata, era altro».

 

Ad attendere lei e la figlia una folla imponente. E un popolo di donne, molte giovanissime, amiche o estranee, presenti e indignate per l' ennesimo femminicidio. Un tappeto di corone di fiori accanto alla bara bianca, coperta da un cuscino di rose rosse di mamma e papà. Quella della sindaca Raggi, di Luca Traini, il fascioleghista che sparò all' impazzata a Macerata contro i migranti dopo il ritrovamento del corpo fatto a pezzi.

 

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Fiori dall' ambasciata nigeriana, una delegazione consegnerà una lettera ai familiari. A loro la mamma di Pamela Mastropietro chiede «fatti, non parole. Che si costituiscano parte civile, che forniscano interpreti protetti». Il vice ambasciatore promette: «Collaboreremo, che giustizia sia fatta». In prima fila i nonni, i genitori, lo zio Marco Valerio Verni, la sindaca Virginia Raggi, il sindaco di MacerataRomano Carancini, Maurizio Gasparri, Giorgia Meloni, Domenico Gramazio, Stefano Fassina. Non è facile per don Francesco trovare le parole.

 

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«Ho chiesto al Signore di consolarmi». Dice che «gli adulti non sognano più» esorta i giovani «non lasciatevi rubare la speranza sul vostro futuro». Mamma Alessandra ripeterà: «Io non mi arrendo, non mollo, me l' hanno massacrata». Sull' altare scandisce: «Mi manchi da morire. Quel che ti hanno fatto è disumano, è una lama che si conficca nel cuore e te lo squarcia a metà, un macigno nello stomaco che arriva alla gola, fai fatica a deglutire, le gambe tremano, potrebbero cedere, sospiri di angoscia, poi mi ricordi che ci sei anche se non ci possiamo più abbracciare, perché l' aldilà esiste e sei sempre vicino a noi. Ti sei meritata il paradiso e non tutti se lo possono permettere, anche se ti hanno fatto del male atroce tu sei viva. Questo non è un addio. Un giorno ci rincontreremo e sarà per sempre. Ciao amore mio». Volano i palloncini, Pamela lascia il suo quartiere. Ricorda un' amica: «Abbiamo fatto la Comunione e il ritiro insieme, già da piccola era determinata, super forte, quello che voleva otteneva, io ero molto mammona, in ritiro piangevo, lei mi consolava.

 

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Era sensibile, è stata sempre più grande dell' età che aveva». La droga? «Voleva uscirne, non sarebbe andata in comunità». Agnese Caldarola, Giorgia Cancelli e Beatrice Marsella la accompagnano al Verano. Agnese: «Stavamo sempre insieme. Aveva lasciato la scuola di estetista, voleva riprendere gli studi al Margherita Savoia, fare la criminologa, quando ci siamo viste al Cto aveva due quaderni, in un mese era riuscita a fare i programmi del primo e del secondo, gli anni che doveva recuperare, aveva un' intelligenza spaventosa».

 

«A Corridonia non ci permettevano di sentirla, neanche con il viva voce, erano molto rigidi quando pareva a loro», ecco Beatrice. E Agnese: «Aveva scelto lei di andarci, voleva ricominciare a vivere, su Messenger mi diceva Sbrigati a prendere la patente che dobbiamo andare a cavallo». Ce l' hanno con la comunità, «dovevano chiamare la madre, Pamela aveva un tutore, la nonna: lei doveva firmare per farla uscire. Se è andata via così si vede che qualcosa è successo, stava male, era gonfia, non le davano medicine giuste. Ma nessuno poteva parlarci». Quando si è persa?

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«Tutti noi adolescenti abbiamo un momento di crisi e lei non è riuscita a gestirlo ma appena ha avuto la possibilità di chiedere aiuto è venuta da noi, sono andata a trovarla quando si è sentita male, mi ha detto: allora sei qui». In via Saluzzo la conoscevano tutti: «Al bar l' ho sentita dire alla madre sto bene, sto bene, sto guarendo», dice Mario Romano, 76 anni, sarto. Sembra ancora di vederle.

 

 

2. L’AMICA DI SCUOLA

Raffaella Troili per il Messaggero

 

Le medie e la scuola di estetica insieme. Sofia qual è il ricordo più bello che hai di Pamela?

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«Il mio compleanno a Villa Lazzaroni, eravamo state a pranzo fuori, eravamo una comitiva spensierata».

 

Poi che è successo?

«Abbiamo preso strade diverse, io le dicevo non farlo... lei andava dritta, un po' ci si allontana, forse ho avuto paura».

 

Incontri sbagliati?

«Sì, fidanzati non adeguati, specie uno più grande di 10 anni. Quando stava con noi di scuola certe cose non le faceva, appena si distaccava sprofondava in basso. È cambiata alla fine del primo anno delle superiori, scendeva e aumentava di peso, aveva il viso stanco, scavato».

Poi ha lasciato la scuola.

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«Ci vedevamo in giro ma non era più la Pamela di una volta, certe strade ti cambiano la vita e io mi sentivo impotente davanti a lei. Abbiamo provato a farle cambiare strada ma non ci riusciva».

 

Ti sei chiesta perché ha lasciato la comunità?

«Tante volte. Secondo me voleva tornare alla vita normale, dai genitori, gli amici. Ma ha incontrato persone sbagliate e lei era impotente, non ne era uscita del tutto e ci è ricaduta. Già era scappata un' altra volta: mi mancano nonna, mamma, la casa, gli amici diceva».

 

Non vi siete accorte del suo disagio?

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«Abbiamo provato ad aiutarla, distrarla ma eravamo impotenti, come lei che non ci è mai riuscita del tutto. Doveva scattarle qualcosa nella testa. Era spensierata, bella, se l' avessi capito prima, avrei fatto di più».

 

 

3. CACCIA AL DNA SCONOSCIUTO

R.Em. per il Messaggero

 

 

innocent oseghale

Manca il dna del bianco isolato sulla lingua di Pamela. Trovato a chi appartiene, l' indagine sul delitto di Macerata è chiusa. Per ora si sa solo che quel dna nella bocca della 18enne romana è di un caucasico, un europeo, una traccia labile di saliva ma pur sempre una traccia, da non sottovalutare. Potrebbe essere di un potenziale complice del gruppo di nigeriani indagati per l' omicidio di Pamela Mastropietro o un semplice caso di contaminazione da parte di chi - necrofori, medici legali, radiologi, investigatori- è entrato in contatto con il cadavere durante gli accertamenti.

 

Per questo sono in corso le comparazioni di decine di dna diversi, la Procura di Macerata è in attesa, a giorni, del responso dei Ris di Roma per chiudere l' inchiesta su un caso che ha scosso l' Italia. Pamela, una ragazza piena di sogni e con un disagio psicologico che sovrastava la dipendenza da droga, a ottobre raggiunge le Marche per essere curata nella comunità Pars di Corridonia, da dove decide di andarsene il 29 gennaio. Sarà una fuga verso l' inferno: a Macerata è stata uccisa dopo un buco di eroina in un attico del quartiere chic di via Spalato, il cadavere fatto in 25 pezzi, lavato con 10 litri di candeggina, stipato in due trolley, gettati via nelle campagne di Casette Verdini di Pollenza, a 10 chilometri dal capoluogo marchigiano.

la morte di pamela mastropietro desmond lucky e awelima lucky

 

I resti verranno trovati la mattina del 31 gennaio. In serata l' arresto del nigeriano Innocent Oseghale, 29 anni, ex rifugiato buttato fuori dal programma di protezione per la sua attività di spaccio: vive dell' attico dell' orrore ed è stato visto entrare in casa con Pamela dopo aver comprato una siringa.

 

pamela mastropietro

Nel giro di poche ore sono in carcere anche i due presunti complici: i nigeriani Desmond Lucky, 22 anni, richiedente asilo, e Lucky Awelima, 29 anni, residente in un hotel del Maceratese, preso alla stazione di Milano mentre stava scappando in Svizzera con la moglie. Poi c' è un quarto connazionale indagato in stato di libertà. L' accusa per tutti è di omicidio, vilipendio, distruzione e occultamento di cadavere. Secondo la Procura, Pamela sarebbe stata violentata (almeno da Oseghale), uccisa con due coltellate al fegato, ma in casa non ci sono tracce dei complici di Oseghale. A loro si è arrivati grazie ai telefonini che agganciano le celle di via Spalato. E poi ci sono le conversazioni choc tra Desmond e Awelima: «Per far sparire il corpo? Congelarlo e mangiarlo».

 

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L' invito di Oseghale ad Awelima: «Ho a casa una ragazza bianca, se vuoi venire...». Dei tre detenuti, i carabinieri del Nucleo investigativo e della Pg della procura di Macerata hanno accertato che si erano divisi il territorio: Innocent era un capo, con un giro ampio nella vendita di marijuana; Desmond, specializzato in eroina, era un intermedio come Awelima. Le quantità? «Giravano sempre con 5/6 palline elettrosaldate in bocca, in caso di controlli le ingoiavano. Si erano divisi la città» dice un investigatore.

pamela mastropietro

 

«A breve faremo un incontro con i nostri consulenti, il tossicologico e il medico legale, per analizzare la relazione inerente alle coltellate inferte e capire se sono in punti vitali - dice l' avvocato Umberto Gramenzi, uno dei difensori di Oseghale - Innocent è stato autorizzato a telefonare alla madre che vive in Nigeria e ha chiesto di poter parlare al telefono con la compagna italiana in attesa del suo secondo figlio, che nascerà tra un mese».

 

4. LO ZIO DI PAMELA

Da www.huffingtonpost.it

innocent oseghale e la compagna michela

 

(…) "Abbiamo stretto le mani a tanta gente responsabile della morte di Pamela, perché dovremmo rifiutare la corona di Traini? Devo aggiungere però che la comunità nigeriana dovrebbe rompere il muro di omertà che protegge chi ha ucciso Pamela", dice l'avvocato Marco Valerio Verni, zio di Pamela.

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