RADIO MARIA, PIENA DIS-GRAZIA – INTERVISTA AI DUE GIORNALISTI CATTOLICI CHE HANNO PERSO IL POSTO PER AVER CRITICATO IL PAPATO DI BERGOGLIO - E SCALFARI CORRE SUBITO IN AIUTO ALL’AMICO FRANCESCO

1-COSCIENZA, ETICA, ANCHE DOTTRINA - QUANTI SVARIONI DA QUESTO PAPA
Luciano Capone per "Liberoquotidiano"

Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro, due giornalisti cattolici, hanno rotto l'unanimismo mediatico favorevole a Papa Francesco con un articolo su Il Foglio dal titolo «Questo Papa non ci piace». I due hanno mosso dure, ma precise critiche ad alcune prese di posizione e agli strappi del Pontefice, pagando le opinioni espresse con un'epurazione da Radio Maria, emittente dove da 10 anni conducevano trasmissioni sulla bioetica e sul Vangelo.

Partiamo dall'articolo: cos'ha fatto e detto il Papa che non piace a due giornalisti cattolici?
«Ci sono due aspetti problematici: la forma e i contenuti. Francesco ha assunto comportamenti e uno stile che portano alla dissoluzione del pontificato nella sua struttura formale, e che tendono a ridurre il Papa a uno dei vescovi, e non al "dolce Cristo in terra" di cui parlava Santa Caterina. Sul piano dei contenuti, nelle interviste a Civiltà cattolica e a Repubblica ci sono non solo ambiguità ma oggettivi errori filosofici e dottrinali. Parliamoci da giornalisti, stiamo dibattendo sul classico caso di una non notizia.

Qui ci sono due cattolici battezzati che ascoltano per mesi quanto dice il Papa e, per mesi, si trovano a disagio perché quanto sentono stride evidentemente con quanto sostiene la dottrina. Alla fine, visto che fanno il mestiere di scrivere e commentare, scrivono e commentano.

Non lo prevede solo una delle regole base dell'informazione, ma lo prevede anche il diritto canonico. La lettera e l'intervista a Scalfari, l'intervista a Civiltà Cattolica sono solo gli ultimi esempi più eclatanti. Hanno fatto il giro del mondo, hanno fatto gridare alla rivoluzione, hanno lasciato di sasso migliaia e migliaia di fedeli, quindi di anime, e nessuno trova niente da dire? La notizia invece è il coro unanime di osanna che va da certi cattolici conservatori fino a Pannella passando per Enzo Bianchi e Hans Kung».

Avete criticato l'intervista rilasciata ad Eugenio Scalfari. Non andava bene l'intervista o l'intervistatore?
«La scelta di Eugenio Scalfari è singolare e lascia interdetti molti cattolici. Egli infatti non è solo un laico o un non credente, ma uno storico antagonista del cattolicesimo. La Repubblica è il quotidiano simbolo di quella cultura radical chic che ha fatto di divorzio e aborto le colonne di una nuova società nichilista, nella quale non c'è più posto per Cristo e i sacramenti. Diverso sarebbe stato incontrare in modo riservato Scalfari, e parlare con lui in vista del suo bene. E nella speranza della sua conversione».


Quanto all'intervista del Papa a Civiltà cattolica, dite che le frasi sull'aborto contrappongono dottrina e misericordia. Cosa vuol dire?
«La prima forma di carità è la verità. Il buon medico non nasconde al malato la gravità della sua patologia, affinché si curi. Dio desidera senza sosta di perdonarci, ma pretende il nostro pentimento, il riconoscere che abbiamo peccato. Una Chiesa che tacesse sulla morale per non scontrarsi con il mondo mancherebbe di carità verso i peccatori.

È facile dire che trecento morti a Lampedusa sono "una vergogna". Più difficile dire che trecento bambini abortiti legalmente in Italia ogni giorno sono una vergogna ancor più grande».

Per questo ed altro ve la siete presa con i «normalisti», i cattolici che, a differenza della stampa laica, non avrebbero visto la rivoluzione rispetto al magistero della Chiesa. Ma cos'è cambiato in realtà?
«Ce la siamo presa con quelli che abbiamo definito normalisti per un motivo molto semplice. Questi signori, da sei mesi, non fanno che mettere pezze agli svarioni di Papa Francesco.

Sulla coscienza, su etica e bioetica, sulla vita religiosa. Fatta salva la buona fede e le buone intenzioni, producono un danno tremendo perché, dicendo che tutto è normale e che non c'è nulla di nuovo, iniettando dosi di cattolicità là dove non ci sono, finiscono per far passare per cattoliche le affermazioni nude e crude del Papa.

Si illudono, poveretti, di essere mediaticamente più forti di Bergoglio e pensano che le loro correzioni arrivino al destinatario. Ma non hanno capito proprio niente di che cosa è la macchina massmediatica. contemporanea. Non sono loro a correggere il Papa, è il Papa a fagocitare loro».

Ma se il Papa farebbe addirittura affermazioni non cattoliche, perché i normalisti fanno finta di non vedere tutto ciò?
«Perché al centro del problema c'è niente meno che il Papa. Giustamente i cattolici lo considerano la guida della Chiesa nella storia, e non vorrebbero mai doverlo criticare Per intenderci: se l'intervista a Civiltà Cattolica fosse stata rilasciata da un teologo o perfino da un vescovo, sarebbe stata contestata nelle molte parti che non quadrano».

Ma, interviste a parte, avete criticato anche l'interpretazione che il Papa dà del Concilio Vaticano II. Non è una critica troppo forte?

«Ci atteniamo ai fatti: con il Vaticano II la Chiesa dichiara apertamente di volersi aprire al mondo e di rispondere alle sue aspettative. Un capovolgimento che in questi decenni ha prodotto i suoi risultati: i seminari si sono svuotati, in molti di essi si insegnano dottrine non cattoliche, e in cattedra si mettono, come volle Carlo Maria Martini, i non credenti».

Imputate a Bergoglio anche l'eccessivo feeling con i mass media. Non pensate invece che stia rafforzando l'immagine della Chiesa?
«Qui la risposta è sempre quella di McLuhan: i media creano una finzione che diventa un facsimile del Corpo Mistico, e lui la chiama "un'assordante manifestazione dell'anticristo"».

Ma ieri il Papa nella sua predica ha insistito sul fatto che il Diavolo è una realtà e non una metafora, dicendo che «Chi non è con Gesù, è contro Gesù, non ci sono atteggiamenti a metà». Non è in contraddizione con la vostra immagine di «Papa progressista»?
«In questi mesi Papa Francesco ha detto molte cose cattoliche. Ma questo è normale: è il Papa. Ma nel nostro articolo abbiamo messo a confronto Francesco e quanto nel 1993 ha scritto Papa Giovanni Paolo II nell'enciclica Veritatis splendor. Ebbene, uno dice esattamente il contrario dell'altro e pensiamo che nessun contorcimento della mente più contorta possa dire che, in fondo, sono la stessa cosa. Fino a oggi, nessuno è entrato nel merito di quanto abbiamo scritto.

Nessuno ha trovato da ridire su una sola riga. Un gentile signore ci ha anche invitato pubblicamente ad andare a confessarci. Ma lo sa, questo signore, che ci è capitato di dire queste cose in confessione e di sentirci dire dal confessore che la pensa allo stesso modo,ma non lo può dire a nessuno? E dovrebbe sapere, questo signore, quante lettere e telefonate abbiamo ricevuto da cattolici che non ne potevano più e ci ringraziano per quanto abbiamo scritto».

Queste considerazioni vi sono costate l'epurazione da Radio Maria. Era una decisione che potevano evitare o l'avevate messa in conto prima di esporvi?
«Ci avevamo pensato, ma non era possibile tacere oltre. Eravamo amici di padre Livio Fanzaga prima di questa vicenda e lo siamo anche adesso.

Lui è il direttore della radio e lui stabilisce la linea editoriale. Se questa linea prevede che il Papa non si possa criticare neanche se parla di calcio, evidentemente due come noi sono fuori posto. Ma ci permettiamo anche di dire che questa linea proprio non la condividiamo.

Non si può soffocare l'intelligenza e non si possono censurare a priori domande più che legittime. Questo non fa bene al mondo cattolico e non fa bene alla Chiesa. Se c'è qualche cosa che lascia l'amaro in bocca è che, dopo dieci anni di collaborazione, la telefonata sia arrivata due ore dopo l'uscita dell'articolo, senza neanche un momento per pensarci. Dieci anni in cui abbiamo avuto la libertà di dire tutto quello che ritenevamo opportuno anche su temi scottanti. Ecco, questa immediatezza fa male».

Pensate che la vostra espulsione sia stata decisa altrove?
«Bisognerebbe chiederlo a padre Livio, che è un bravo sacerdote e una persona per bene».

Ma si può stare in una radio cattolica e criticare il Papa?
«Certo che sì, a patto che le critiche non siano contrarie alla dottrina della Chiesa. Se Paolo di Tarso non avesse criticato il primo Papa, oggi noi cattolici saremmo tutti circoncisi, perché San Pietro voleva stabilire questa norma. Se Santa Caterina non avesse rimbrottato i papi, oggi Avignone sarebbe ancora la sede del Papato».

Il Papa ha dialogato con tantissime persone, anche con diversi atei militanti, vi aspettate una sua telefonata? Che voglia ascoltare le ragioni di due cattolici intransigenti e che magari intervenire per ridarvi la trasmissione in radio? «Pensiamo che sia molto meglio che il Papa si dedichi al suo ministero: confermare il suo gregge nella vera fede, far tornare i cattolici a conoscere i catechismo e la dottrina, e operare affinché i lontani si convertano».

2- E SCALFARI CORRE IN AIUTO AL PAPA
Eugenio Scalfari per La Repubblica

Il "Foglio" da alcuni giorni dedica molto spazio a Papa Francesco, facendo intervenire sulle sue pagine teologi o presunti tali che analizzano
le novità "scandalose" del nuovo Pontefice e le resistenze che possono dividere la Chiesa fino all'ipotesi di uno scisma.

Il Papa, secondo il "Foglio" e i suoi collaboratori, starebbe frantumando l'unità della Chiesa, la sua dottrina, la sua tradizione, col solo intento di accreditarsi nell'opinione di chi crede in una vaga e fragile trascendenza e di chi non crede affatto.

Non ho la sensazione che questa vera e propria campagna di stampa abbia molta presa, ma comunque merita d'essere segnalata perché inconsueta. Finora i Papi e la Chiesa venivano attaccati dalle correnti dell'anticlericalismo, cioè da parte di una sinistra estrema, oppure della massoneria.
Non era invece mai accaduto che un giornale che vuole essere l'espressione intelligente e colta della destra, o meglio del berlusconismo, si cimentasse con una teologia da strapazzo su un tema molto complesso come la politica religiosa di cambiamento voluta da Papa Francesco e in corso di attuazione.

Poiché la mia conversazione con il Papa è il testo che fornisce ai tradizionalisti del "Foglio" il grosso degli argomenti, non sarò certo io - laico e non credente - a intervenire in polemica con loro. Mi limito soltanto a segnalare una situazione di palese e obiettiva evidenza: la Chiesa dei credenti ha immenso bisogno di rinnovarsi e di superare il fossato che la contrappone alla cultura moderna e la isola soprattutto nei paesi dell'Occidente dove finora aveva il suo maggior radicamento religioso e culturale. Papa Francesco adempie al compito che Papa Giovanni aveva affidato al Vaticano II e il Concilio aveva trasmesso ai suoi successori.

Il dialogo tra una Chiesa aperta al cambiamento e il pensiero laico è nei fatti sul piano teologico, filosofico, culturale, sociale. Ciascuna delle parti cerca punti di incontro mantenendo quelli di scontro e di diversità. L'obiettivo comune ed esplicitamente dichiarato è quello di contenere l'egoismo crescente rilanciando l'amore per gli altri e la visione del bene comune.

Ci sono due punti nella predicazione di Gesù che stanno alla base di questo dialogo e lo fondano sulla necessaria sintonia, senza la quale ogni dialogo sarebbe impossibile: «Ama il prossimo come te stesso » e «Date a Cesare quel che è di Cesare». Per i credenti vale anche la seconda parte: «Date a Dio quel che è di Dio». Per i non credenti ciò che non è di Cesare va riservato all'individuo e alla sua coscienza che risponde a se stessa e si riconosce nel trinomio di libertà, eguaglianza, fraternità.

Chi ha valori diversi da questo non possiede la sintonia necessaria per dialogare né con la religione né con una opinione laica, liberale, democratica.
Per quanto mi riguarda è tutto. Il cambiamento è auspicabile nella fase di passaggio d'epoca che stiamo vivendo.

 

PAPA BERGOGLIO CON IL ROSARIO COME ORECCHINO Laura Boldrini e Eugenio Scalfari PAPA BERGOGLIO CON IL ROSARIO COME ORECCHINO PAPA FRANCESCO BERGOGLIO CON MESSI E BUFFONradio maria livio fanzaga radio maria italy px Padre livio fanzaga

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