derna libia

“RECUPERIAMO CADAVERI ANCHE A 100 CHILOMETRI DALLA RIVA” – A DERNA DOPO IL CROLLO DELLE DIGHE E L’ALLUVIONE, LA GUARDIA COSTIERA LIBICA CERCA I CORPI DELLE VITTIME: “È UN INCUBO. MOLTI CORPI SONO STATI GRAVEMENTE MENOMATI. ABBIAMO TROVATO I RESTI DI TANTI BAMBINI, MA ANCHE ANZIANI” - HAFTAR ACCETTA L’AIUTO TURCO: SINTOMO DI UNA POSSIBILE SVOLTA FILOCCIDENTALE DELL’UOMO FORTE DI BENGASI E UN SUO ALLONTANAMENTO DA MOSCA? IERI I RUSSI HANNO INVIATO UN… - VIDEO

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Lorenzo Cremonesi per corriere.it - Estratti

 

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«Oggi troppe onde. Non usciremo in mare a pescare corpi. Ma se ne trovano ancora tanti, ieri ne abbiamo recuperati 27», dice il capitano Ali Jumali. Lo incontriamo sulla plancia della sua motovedetta P301 dei guardiacoste libici attraccata al molo centrale del piccolo porto di Derna. Ha 35 anni, da 15 lavora in mare, ma non gli era mai capitata un’incombenza tanto tragica. Saliamo a bordo.

 

Dal ponte è più facile osservare la devastazione appena alle spalle delle banchine. Dove prima c’erano i depositi e le baracche dei pescatori, adesso dominano rottami interrotti dagli spiazzi polverosi dove i bulldozer hanno appena ripulito. Ci sono centinaia di carcasse d’auto, macerie, alberi divelti. Nel caos di questa sporcizia puzzolente si vedono ogni tanto vestiti, pezzi di mobili, materassi, frammenti di vite interrotte dalla violenza dell’acqua mista a detriti.

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Il bacino del porto ha funzionato da catino, raccogliendo una parte di tutto ciò che prima dell’alba di lunedì scorso è stato trascinato verso il mare. I morti già gonfiati dal caldo hanno iniziato a galleggiare tra le barche ormeggiate. Molti altri sono al largo. «Noi siamo venuti con la nostra motovedetta martedì mattina dallo scalo di Zawia, dove in genere siamo di servizio. L’ordine del comando di Tripoli è stato di correre qui al più presto per aiutare.

 

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Ma è un incubo, si trovano cadaveri in mare a molte miglia dalla costa, sino a 80 o 100 chilometri da Derna, sia verso Tobruk a est, che in direzione di Misurata a ovest», dice. Mostra i video. I suoi 14 uomini dell’equipaggio si adoperano per armare due gommoni, quindi, li si vede prendere i corpi dall’acqua e chiuderli in sacchi di plastica nera. «Molti sono stati gravemente menomati. Dopo ogni missione trascorriamo ore a pulire sia il gommone che la barca. Abbiamo trovato i resti di tanti bambini, ma anche anziani, forse i più deboli non sono riusciti a scappare in fretta verso i piani alti. Erano le due e mezza di notte, tutti stavano dormendo. Infatti, i pochi ancora vestiti sono in pigiama», continua il capitano. Da inizio missione ne hanno raccolti una sessantina. Ma ci sono ancorate vicine altre unità della marina libica, almeno 5 guardiacoste e 7 grandi gommoni d’altura. E gli equipaggi di ognuno hanno le loro storie da raccontare.

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(…)

Ma questa presenza massiccia di soldati e militanti giunti dalle province della Libia occidentale è talmente importante, anche dal punto di vita politico, che non può non essere commentata. È, infatti, la prima volta dalla guerra fratricida, che tra il 2016 e il 2019 ha diviso la Tripolitania dalla Cirenaica, che i due governi e le loro forze militari sembrano cooperare per fronteggiare l’emergenza umanitaria.

 

I turchi e la «tregua»

Il centro di Derna è tra i quartieri più devastati. Lungo il letto del fiume vede impegnati centinaia e centinaia di giovani arrivati dalla Tripolitania, che sino a meno di quattro anni fa sparavano contro i soldati di Haftar impegnati per cercare di catturare Tripoli manu militari. Oggi stanno lavorando spalla a spalla. Anche se, va aggiunto, i rispettivi apparati di sicurezza restano all’erta per evitare incidenti. E c’è un elemento in più assolutamente degno di nota.

 

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Oltre agli italiani, gli algerini, gli egiziani, i tunisini e le altre squadre di soccorso, i 200 uomini delle squadre turche hanno un significato molto più che umanitario. Nel 2019 furono infatti i soldati le armi mandate da Erdogan a salvare Tripoli e l’allora governo Sarraj contro l’attacco dell’esercito della Cirenaica. Ma oggi Haftar accetta l’aiuto turco: sintomo di una possibile svolta filoccidentale dell’uomo forte di Bengasi e un suo allontanamento da Mosca? I russi hanno inviato ieri sera un grande ospedale da campo. L’aiuto umanitario ha senza dubbio rilevanti connotazioni politiche.

 

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