‘’RESPIRO DOPO RESPIRO’’, LA VITA DI CATERINA - GLI ANIMALISTI SOTTO SOTTO TUTTI SOSPETTANO SUL SUO “OUTING” (PROPAGANDA DI UNA CAMPAGNA PRO SPERIMENTAZIONE?)

1. LA VITA DI CATERINA: ‘AVANTI DI RESPIRO IN RESPIRO'
Elena Tebano per ‘Il Corriere della Sera'

Sulla caviglia sinistra di Caterina Simonsen c'è un tatuaggio, una scritta in inglese: «Breath by breath », «respiro dopo respiro». Se l'è fatto a 18 anni, dopo aver avuto la prima diagnosi per la malattia più grave di cui soffre, il deficit di Alfa 1 Antitripsina che le mina i polmoni. «Mi hanno detto che era incurabile: non sarei mai guarita - dice -. È stato un momento molto brutto, ma in qualche modo anche bello: finalmente potevo accettare la realtà, sapevo quello che mi aspettava e che dovevo attaccarmi alla vita. Respiro dopo respiro». Caterina, 25 anni, parla al telefono dal suo letto nell'ospedale di Padova, la sua città, dove è ricoverata per una polmonite: nella sua stanza entrano solo i parenti e gli amici.

È anche per questa capacità di guardare in faccia le cose, di non spaventarsi neppure di fronte alla prospettiva più dura, che Caterina è diventata un simbolo. Tutto è partito dal video in cui spiegava che, nonostante l'amore per gli animali, nonostante gli studi di veterinaria e nonostante sia vegetariana, è a favore dei test sugli animali in medicina, «perché sono a favore della ricerca e senza è impossibile». Alcuni animalisti estremisti l'hanno minacciata di morte. Poi sono arrivate le dichiarazioni di sostegno.

Ieri anche Andrea Vianello, il medico che dirige il reparto in cui si trova, ha confermato che per cercare di curare malattie rare come la sua la nuova sperimentazione è fondamentale.
Caterina, una famiglia di imprenditori, una sorella più piccola di lei di tre anni, ha iniziato presto con i ricoveri. «All'inizio sembrava che avessi un'asma atipica e molto forte, che mi costringeva a mesi e mesi di ospedale», racconta. «Per fortuna a Padova c'è un reparto pediatrico molto bello, che non ti fa pesare la malattia.

La mattina dopo la visita del medico andavamo a scuola con gli altri bambini. Poi dopo pranzo facevamo i compiti. Hai la flebo attaccata al braccio, ma per il resto è tutto un gioco: le stanze sono colorate, dormi con altri due bimbi. Ne ho visti tanti che piangevano quando dovevano andare via», dice con un sorriso nella voce. A seguirla c'era sempre sua mamma Fatima. A 15 anni ha rischiato seriamente di morire: è stato lo sguardo dei suoi genitori quando i medici l'hanno rianimata a tenerla attaccata alla vita.

«A 17 anni l'asma era diventata incontrollabile». Caterina si è ricoverata a Misurina, in provincia di Belluno, in un centro di eccellenza per la riabilitazione dei bambini asmatici. «Avevo due infezioni polmonari molto gravi, da cui non riuscivo a guarire e hanno capito che non poteva essere solo asma». Ci sono voluti altri ricoveri, a Padova tra gli adulti, e poi a Bologna, per capire che i suoi problemi derivavano dall'assenza di una proteina. A Pavia infine la diagnosi: il deficit di Alfa 1 Antitripsina, una patologia genetica rarissima legata al cromosoma 14, di cui entrambi i suoi genitori (lo hanno scoperto dopo) erano portatori sani.

Negli anni successivi le hanno trovato altre tre malattie rare, tra cui una immunodeficienza che capita in un caso su centomila. Caterina non si è data per vinta. Si è iscritta all'università: i primi due anni ha frequentato potandosi dietro la bombola d'ossigeno. L'hanno fermata le polmoniti, che prende sei, sette volte l'anno. E allora si è messa a studiare da casa. I suoi amici sono i compagni di università e poi quelli conosciuti su Internet.

Tra i più cari c'è Julia, incontrata via web quando era ricoverata. Anche lei è malata: di fibrosi cistica. «Ha sintomi simili ai miei. Anche lei sa cosa significa: anche se sembriamo normali non siamo mai normali. Vivere mi costa 130 battiti di cuore al minuto, contro i 70 normali». Ma contro tutto, Caterina va avanti. Non sono certo gli insulti via web a farle paura.

2. GLI ANIMALISTI INSISTONO: ‘NON SI È INVENTATA DA SOLA QUEL MESSAGGIO'
Francesca Paci per ‘La Stampa'

La morte no. Non si augura (ufficialmente) nemmeno ai cacciatori agguerriti. Gli animalisti, anche i più radicali, fanno quadrato nel condannare le maledizioni piovute su Caterina Simonsen. Però. Però sotto sotto tutti sospettano che il suo «outing» non sia affatto lo sfogo spontaneo d'una 25enne molto sfortunata ma la propaganda di una campagna pro sperimentazione orchestrata con astuzia sfruttando la storia della «probabilmente» ignara padovana.

«Il post Facebook di Caterina risale a ottobre, ma è passato inosservato fino al momento in cui il Parlamento è stato lì lì per pronunciarsi sulla nuova legge» osserva il presidente della Lega anti-vivisezione (Lav) Gianluca Felicetti. Il 7, l'8 e il 9 gennaio 2014 Camera e Senato decideranno se adottare le restrizioni volute dalla Lav tra cui l'obbligo degli analgesici sugli animali, l'incentivo a metodi di ricerca alternativi, il divieto di test per problemi legati alla droga, l'alcol o il tabacco.

Felicetti, che si dice «lontano anni luce» dagli aggressori di Caterina, vorrebbe però proibire la vivisezione alla farmacologia così come già avviene per la cosmetica: «Caterina è stata usata come cavia da chi preferisce la sperimentazione sugli animali alla ricerca etica e pulita a cui si ricorre già in molti Paesi europei e negli Usa».

«Caterina è stata strumentalizzata, di sicuro non si è inventata da sola quel messaggio» sostiene Marina Berati, redattrice del sito Novivisezione.org. Prende le distanze dalla violenza che si è scatenata su internet ma ritiene anche che non tocchi a quelli come lei scusarsi: «Le offese, sempre che siano vere e non siano anche quelle scritte ad arte per creare il "caso", sono stupide e volgari, ciononostante non rappresentano il movimento anti vivisezione, che riceve insulti altrettanto gravi. Tutta questa storia è un "teatrino" messo su dai sostenitori della vivisezione per recuperare il terreno perso negli ultimi due anni.

Lei, poveretta, non sa molto sul tema, esprime l'opinione di chi non è informato, ma ignora forse che dopo essere stati testati sugli animali i farmaci vengono testati sugli uomini e che è dunque dalla seconda fase che dipendono i suoi eventuali miglioramenti».
Il medico di Caterina, Andrea Vianello, ha dichiarato che nel suo caso «la sperimentazione sugli animali è stata vitale». Un'affermazione che non convince affatto il fronte avverso. Anzi.

Susanna Penco è una biologa malata di sclerosi multipla e contraria all'uso medio di cavie animali. Ha difeso Caterina e si è beccata per questo la sua bella dose di improperi. Un conto però è l'umanità, un altro la scienza: «Mi auguro di cuore che quello di Caterina sia stato un triste e ingenuo desiderio di visibilità. Tuttavia non posso che associarmi a chi dice che si tratta di un'iniziativa strana, inusuale. L'idea della sperimentazione sugli animali è datata. Oggi in ambiente scientifico abbiamo studiose affezionate alla propria pelliccia ma convinte che quei test non funzionino per ragioni tecniche. Non ci sono prove che la ragazza sia viva grazie a loro, l'unica prova significativa è quando i farmaci sono testati sugli uomini».

Il muro contro muro è forte e Caterina ci è finita in mezzo. «Mi dissocio dalle offese e al tempo stesso ribadisco la nostra ferma condanna della vivisezione, non so se sia scientificamente utile ma seppure lo fosse la rifiuterei perché rifiuto l'utilitarismo applicato al vivente» spiega Rita Ciatti, redattrice di «Gallinainfabula» un blog collettivo anti-specista.

La violenza equivale a darsi la zappa sui piedi, nota. Chi ci guadagna? Per questo è scettica: «Non vogliamo essere accomunati agli esaltati, non preferiamo le formiche alle persone, contestiamo la logica di dominio su tutti i viventi. Credo che la ragazza non sia in malafede ma che sia stata presa dai pro test come perfetto testimonial perché studia veterinaria e può mandare un messaggio tipo "si possano amare gli animali pur difendendo la sperimentazione". Pericolosissimo».

Rita ha contato i «mi piace» sulla pagina Facebook di «A favore sperimentazione animale»: «Prima di questo putiferio erano poche centinaia, adesso sono 47 mila». Caterina però, con la vita appesa al respiratore, che cosa ci avrebbe guadagnato?

 

 

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