rodrigo duterte -4

IL BRACCIO VIOLENTO DELLA LEGGE - LE RETATE DI TOSSICODIPENDENTI E PICCOLI SPACCIATORI ORDINATE DA RODRIGO DUTERTE, PRESIDENTE DELLE FILIPPINE, HANNO GIA’ PRODOTTO 3.300 MORTI. LUI SI PARAGONA A HITLER E SI MUOVE SULLO SCACCHIERE INTERNAZIONALE AVVICINANDOSI A PECHINO E MOSCA IN CHIAVE ANTI-USA

Guido Olimpio e Guido Santevecchi per il “Corriere della Sera

 

DUTERTEDUTERTE

L' altro giorno si è paragonato a Hitler. «Hitler ha massacrato tre milioni di ebrei... Ci sono tre milioni di tossicodipendenti da noi, sarei felice di massacrarli». Di fronte alle proteste internazionali Rodrigo Duterte, l' uomo che dal 30 giugno è presidente delle Filippine, si è scusato solo per l' errore sul numero delle vittime dell' Olocausto, che furono sei milioni.

 

La promessa di eliminare fisicamente spacciatori e tossicodipendenti resta e la sta mantenendo, anche perché piace ai suoi elettori. È in carica da meno di 100 giorni e sono già 3.300 gli uccisi nella sua guerra alla droga: caduti sotto i colpi della polizia e di vigilantes privati, organizzati in squadroni della morte. Sono risultati rivendicati con orgoglio.

 

Rodrigo Duterte Rodrigo Duterte

Come sono agli atti le testimonianze in Parlamento a Manila di ufficiali di polizia e membri delle squadre speciali che per anni, fin da quando Duterte era sindaco di Davao nell' isola di Mindanao, hanno eseguito i suoi ordini di ripulire le strade dai «trafficanti di droga», definizione che nella sua interpretazione ha confini molto ampi.

 

In campagna elettorale, questo ex avvocato di 71 anni, promise di far fuori tanti criminali che «i pesci diventeranno grassi» grazie ai resti umani sparsi nella baia di Manila. Uno degli esecutori, Edgar Matobato, 57 anni, davanti al Senato ha raccontato di persone sequestrate, eliminate e date in pasto ai coccodrilli; di altre sventrate e buttate in mare. Dichiarazioni in parte corrette ma che cambiano la sostanza.

 

rodrigo duterte  4rodrigo duterte 4

Perché è il metodo adottato attorno al 1998 quando Matobato entrò nei «Lambada Boys» di Davao, gruppo per le liquidazioni extragiudiziali creato dal sindaco Duterte, nel quale sono in seguito confluiti dei poliziotti, tutti uniti dalla comune missione di cancellare i narcos. Un altro ufficiale ha raccontato al Guardian di aver partecipato in questi tre mesi a 87 «neutralizzazioni» (termine caro alla polizia speciale): «Noi siamo solo angeli ai quali Dio ha dato il talento di mandare in cielo le anime dei cattivi e di purificarle». Il suo presidente sostiene di voler salvare i tossicodipendenti «dalla perdizione» sterminando i criminali.

 

rodrigo duterte  1rodrigo duterte 1

Nelle retate e negli omicidi mirati sono finiti quasi sempre dei disperati, dei piccoli pusher , mentre capibanda importanti e personaggi più noti del giro sono stati risparmiati. Ad alcuni è stato anche permesso di rifugiarsi all' estero. Una giustizia sommaria strabica, dunque. I portavoce del presidente hanno negato gli addebiti e respinto la versione di Matobato, definendolo un calunniatore manipolato dagli avversari politici del leader. Difesa d' ufficio indebolita da altre esternazioni di Duterte in persona: «Mi chiamate la Squadra della morte? Giusto, è la pura verità», ha enunciato, fiero della sua strategia e dei soprannomi, compreso quello di «Duterte Dirty Harry», come l' Ispettore Callaghan dei film violenti interpretati da Clint Eastwood armato di 44 Magnum.

rodrigo duterte  2rodrigo duterte 2

 

Quando gli Stati Uniti, storico alleato, hanno espresso critiche sulla violazione dei diritti umani nelle Filippine, la reazione è stata scandalosa: Barack Obama è solo «un figlio di p...», ha sbottato Duterte, «che vada al diavolo». Ai governi europei ha consigliato di «fottersi» se non apprezzano la sua lotta al crimine e ha invitato l' Unione Europea a scegliere il purgatorio «perché l' inferno è al completo». Epiteti grevi li ha riservati al Papa così come a una suora australiana violentata durante una rivolta in una prigione filippina.

 

EDGAR MATOBATO 2EDGAR MATOBATO 2

Ma dietro il linguaggio volgare, il presidente filippino sta giocando una partita internazionale spregiudicata: ha chiesto armi a Pechino e Mosca per la lotta contro il crimine e il terrorismo interno, ha detto agli americani di ritirare i consiglieri militari dall' isola di Mindanao sostenendo che la loro presenza danneggia gli sforzi di pacificazione con i ribelli musulmani; ha annunciato la fine (in futuro) delle manovre militari congiunte con gli Usa. Ieri sono iniziate esercitazioni in comune con gli americani che a suo dire saranno le prime e le ultime del suo mandato.

 

Con il suo linguaggio politicamente scorretto Duterte ha sottolineato: «Non voglio che le Filippine finiscano in mezzo a uno scontro Pechino-Washington, se il campo di battaglia sarà San Francisco o la Cina per me va bene». Quindi, non più giochi di guerra simulata con gli americani ma gioco di sponda con Pechino. Un salto da acrobata della geopolitica, visto che l' espansionismo della Cina nel Mare del Sud aveva provocato nel 2012 il ricorso di Manila di fronte alla Corte per gli arbitrati internazionali dell' Aia.

 

EDGAR MATOBATOEDGAR MATOBATO

Il governo di Benigno Aquino, predecessore di Duterte, aveva ritenuto inaccettabile l' occupazione cinese di Scarborough, un banco di scogli e secche a sole 150 miglia nautiche dalle coste filippine. In estate i cinesi sono usciti sconfitti e umiliati dal giudizio dell' Aia, pronunciato proprio mentre Duterte si insediava. Ma il nuovo presidente ora parla di come migliorare i rapporti con la Repubblica popolare cinese ed è atteso a Pechino. La Cina esulta di fronte alla prospettiva di staccare le Filippine da Washington e dalla politica «Pivot to Asia» di Obama, che fu ispirata da Hillary Clinton quando era Segretario di Stato.

«Le nubi si stanno diradando, il sole sta sorgendo all' orizzonte e splenderà radioso su una nuova era nelle nostre relazioni bilaterali», ha appena detto l' ambasciatore cinese a Manila.

POLIZIOTTI DAVAOPOLIZIOTTI DAVAO

 

In cambio, sembra che i cinesi abbiano fermato i lavori per la costruzione di un' isola artificiale alle Secche di Scarborough e Duterte annuncia di voler discutere con Pechino sui diritti di pesca nella zona. A Washington cercano di separare le sortite propagandistiche da atti concreti, contano sull' influenza dei militari filippini, però non nascondono i timori sul futuro di uno scacchiere chiave.

Ultimi Dagoreport

francesco milleri andrea orcel carlo messina nagel donnet generali caltagirone

DAGOREPORT - COSA FRULLA NELLA TESTA DI FRANCESCO MILLERI, GRAN TIMONIERE DEGLI AFFARI DELLA LITIGIOSA DINASTIA DEL VECCHIO? RISPETTO ALLO SPARTITO CHE LO VEDE DA ANNI AL GUINZAGLIO DI UN CALTAGIRONE SEMPRE PIÙ POSSEDUTO DAL SOGNO ALLUCINATORIO DI CONQUISTARE GENERALI, IL CEO DI DELFIN HA CAMBIATO PAROLE E MUSICA - INTERPELLATO SULL’OPS LANCIATA DA MEDIOBANCA SU BANCA GENERALI, MILLERI HA SORPRESO TUTTI RILASCIANDO ESPLICITI SEGNALI DI APERTURA AL “NEMICO” ALBERTO NAGEL: “ALCUNE COSE LE HA FATTE… LUI STA CERCANDO DI CAMBIARE IL RUOLO DI MEDIOBANCA, C’È DA APPREZZARLO… SE QUESTA È UN’OPERAZIONE CHE PORTA VALORE, ALLORA CI VEDRÀ SICURAMENTE A FAVORE” – UN SEGNALE DI DISPONIBILITÀ, QUELLO DI MILLERI, CHE SI AGGIUNGE AGLI APPLAUSI DELL’ALTRO ALLEATO DI CALTARICCONE, IL CEO DI MPS, FRANCESCO LOVAGLIO - AL PARI DELLA DIVERSITÀ DI INTERESSI BANCARI CHE DIVIDE LEGA E FRATELLI D’ITALIA (SI VEDA L’OPS DI UNICREDIT SU BPM), UNA DIFFORMITÀ DI OBIETTIVI ECONOMICI POTREBBE BENISSIMO STARCI ANCHE TRA GLI EREDI DELLA FAMIGLIA DEL VECCHIO RISPETTO AL PIANO DEI “CALTAGIRONESI’’ DEI PALAZZI ROMANI…

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO