spionaggio roma spie servizi segreti

ROMA DEGLI SPIONI - LA CAPITALE E' DIVENTATA CROCEVIA DI TRAME E 007 - NEGLI ULTIMI TRE ANNI, CON LEGA E M5S, CINESI E RUSSI HANNO AVUTO CAMPO LIBERO (DO YOU REMEMBER "LINK UNIVERSITY"?) - IL MANAGER KORSHUNOV, SU CUI PENDEVA UN MANDATO DI CATTURA STATUNITENSE, E' STATO SPEDITO IN RUSSIA DAL MINISTRO BONAFEDE -  SERGEY POZDNYAKOV BECCATO A DARE DOCUMENTI A UNO 007 PORTOGHESE E' STATO PROTETTO DALLA COPERTURA DIPLOMATICA - LA BRIGATA CHIMICA DELL’ESERCITO RUSSO ARRIVATA IN LOMBARDIA PER "LOTTARE CONTRO IL COVID"

Gianluca Di Feo per “la Repubblica”

 

berlusconi putin

La dolce vita delle spie, dove muoversi senza bisogno di stare nell’ombra, sentendosi in qualche modo a casa. Quando è caduto il Muro, è tramontato il mito di Vienna: il porto franco delle trame sospeso tra i due blocchi, città di misteri consacrata da quel “Terzo Uomo” scritto non a caso dal maestro delle spy story Graham Greene. Ma subito il Grande Gioco dell’intelligence ha trovato un nuovo approdo, molto più confortevole: Roma, la più levantina delle capitali occidentali, scenario nell’ultimo trentennio di arcani internazionali rimasti quasi sempre sotto silenzio.

 

putin salvini

Senza più l’Unione Sovietica, i russi non apparivano più come nemici bensì partner nella lotta al terrorismo. E nella lunga stagione di Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi, Vladimir Putin è diventato l’amico più caro tra dacie, lettoni e transazioni economiche mai decifrate. Un’apertura che il fondatore di Forza Italia ha sempre presentato come perno di una mediazione verso gli Stati Uniti, sognando di incentivare la pace mondiale.

 

Dopo di lui, però, è arrivata l’ondata del populismo con la scalata al potere di Lega e Cinque Stelle prima maniera, facendo dell’Italia una terra di conquista: il ventre molle della Nato, con un ministro degli Interni che lodava il Cremlino e tifava per l’annessione della Crimea, dove lavorare per scalzare il pilastro meridionale dell’Alleanza atlantica.

 

Beppe Grillo con l ambasciatore cinese Li Junhua

Tutte le strade portano a Roma, inclusa la via della Seta. Con un’esplicita influenza di Pechino per legarci commercialmente all’impero economico d’Oriente. Come dimenticare le visite di Beppe Grillo all’ambasciata cinese e la campagna per adottare la rete 5G Made in China? Si è arrivati persino alla collaborazione spaziale lanciata agli esordi del governo Conte, progettando insieme satelliti e stazioni orbitanti dove mandare AstroSamantha Cristoforetti.

 

L’assedio del Dragone alle aziende con tecnologie pregiate è stato asfissiante. Contrastato dal più sensibile dei nostri reparti d’intelligence, quell’unità anti-proliferazione dell’Aise che veglia sui mercanti di strumentazioni a doppio uso: in apparenza civile ma molto spesso militare. Una sfida riservatissima, giocata su diversi fronti fino agli ultimi giorni del governo Conte.

aleksandr korshunov

 

Nasce sulla scacchiera dei segreti industriali uno degli affaire più delicati: la cattura di Aleksandr Korshunov, top manager dell’azienda bellica statale Odk, sorpreso nel settembre 2019 a Capodichino mentre andava a godersi i lussi di Capri. Contro di lui c’era un mandato di cattura statunitense perché Korshunov grazie ad alcuni soci italiani si era appropriato dei disegni di motori americani.

 

ALFONSO BONAFEDE GIUSEPPE CONTE

A dimostrazione della caratura del personaggio, si mosse Vladimir Putin accusando gli Stati Uniti perché facevano “arrestare cittadini russi in Paesi terzi”, in modo da “complicare le relazioni bilaterali”: un messaggio chiaro al governo di Roma. Quando poi la Corte d’Appello di Napoli si è pronunciata in favore dell’estradizione negli Usa, la magistratura russa ha presentato a sua volta la domanda di processarlo in patria. Tra Mosca e Washington, a chi abbiamo dato ragione? Korshunov è volato a casa, grazie a una decisione del ministero guidato allora da Alfonso Bonafede.

 

ROMA - SPIA PORTOGHESE

Quasi un replay di quanto accaduto dopo il blitz di Trastevere del 21 maggio 2016. Sergey Nicolaevich Pozdnyakov aveva dato appuntamento al funzionario dell’intelligence portoghese Manuel Frederico Carvalho, promettendo 10 mila euro in cambio di documenti Nato top secret. La polizia è entrata in azione e li ha colti sul fatto. Pozdnyakov però ha rivendicato di avere una copertura diplomatica e dopo due mesi è stato scarcerato dalla magistratura capitolina, con successiva archiviazione delle accuse.

 

Tutti felici e contenti, tranne gli alleati visibilmente infastiditi per la posizione italiana. Tanto più che nell’ultimo lustro la Penisola è tornata a essere strategica nel confronto tra potenze, con un peso crescente delle uniche installazioni Nato del Mediterraneo. Non a caso, lo scorso agosto è finito in cella un colonnello francese del comando atlantico di Napoli, catturato Oltralpe per avere venduto informazioni classificate agli emissari del Cremlino.

I RUSSI A BERGAMO

 

L’irritazione americana ha raggiunto l’acme un anno fa, quando il premier Conte ha accolto l’offerta di Putin e aperto le braccia a una brigata chimica dell’esercito russo per lottare contro il Covid. Non era mai avvenuto che truppe di Mosca sbarcassero in territorio della Nato e la mossa di Palazzo Chigi ha spiazzato i vertici militari e quelli degli apparati di sicurezza.

 

Perché i volenterosi accorsi per disinfestare gli ospizi lombardi erano anche specialisti dell’intelligence e si sono aggirati per mesi intorno alla base di Ghedi, sede pure di un deposito statunitense di armi atomiche. Sempre marcati a vista dai nostri soldati e dalla nostra intelligence. Che tiene gli occhi bene aperti su chi cerca di confondersi tra la folla di turisti e tra il personale delle 120 ambasciate attive nella capitale, a cui vanno aggiunte le delegazioni accreditate agli uffici Onu della Fao.

I RUSSI A BERGAMO

 

Un via-vai di cui hanno approfittato spesso gli agguerriti 007 nord-coreani, usando la Città Eterna come trampolino di lancio per le loro incursioni europee. Missioni non sempre fortunate, perché proprio a Roma il regime di Pyongyang ha subìto lo smacco più clamoroso: la defezione dell’ambasciatore Jo Song-gil, sparito alla fine del 2018 e ricomparso due anni dopo a Seul. Un’operazione da manuale a cui non sono estranei le donne e gli uomini dell’Aise.   

 

Nonostante i luoghi comuni farseschi e la lunga litania di scandali, nel corso degli anni i nostri Servizi hanno sempre saputo farsi rispettare dagli avversari. Lo racconta Fulvio Martini, l’ammiraglio che ha guidato il Sismi nella fase finale della Guerra Fredda, descrivendo un episodio: «Da intercettazioni telefoniche, ci risultò che alcuni agenti del Kgb, parlando del Sismi, ci chiamavano gli “italianucci”. Decisi allora di dare una lezione al capo della “residentura”, cioè il centro romano del Kgb, usando su di lui le stesse tecniche di pressione che loro usavano a Mosca contro gli occidentali. Impiegai per l’operazione più di quindici auto, che non lo lasciarono per un minuto quando lui era fuori dell’ambasciata, stringendolo da vicino. Alla fine gettò la spugna e rientrò a Mosca. Nessuno ci chiamò più gli “italianucci”».

 

Fulvio Martini

Nel suo “Nome in codice Ulisse”, forse il miglior memoir di una nostra spia, Martini sottolinea una questione chiave rimasta ancora irrisolta: «Il rapporto classe politica-Servizi è un punto dolente della vita pubblica italiana. La classe politica italiana è mentalmente impreparata alla gestione dei Servizi, non li capisce, tende a volte a usarli per scopi per i quali non possono e non devono essere impiegati, ma soprattutto non ha nei confronti dei servizi quella considerazione, quella consapevolezza di non poterne fare a meno che esiste non solo nei Paesi autoritari ma anche nelle piccole e grandi democrazie, soprattutto quelle anglosassoni».

 

Adesso le cose stanno cambiando. Lo dimostra la delega affidata da Mario Draghi a un esperto come Franco Gabrielli. E le parole pronunciate nel presentare il suo esecutivo: «Questo governo nasce nel solco dell’appartenenza del nostro Paese, come socio fondatore, all’Unione europea, e come protagonista dell’Alleanza Atlantica,nel solco delle grandi democrazie occidentali, a difesa dei loro irrinunciabili principi e valori». Anche a costo di affrontare un braccio di ferro con il Cremlino.

 

 

 

Ultimi Dagoreport

francesco milleri andrea orcel carlo messina nagel donnet generali caltagirone

DAGOREPORT - COSA FRULLA NELLA TESTA DI FRANCESCO MILLERI, GRAN TIMONIERE DEGLI AFFARI DELLA LITIGIOSA DINASTIA DEL VECCHIO? RISPETTO ALLO SPARTITO CHE LO VEDE DA ANNI AL GUINZAGLIO DI UN CALTAGIRONE SEMPRE PIÙ POSSEDUTO DAL SOGNO ALLUCINATORIO DI CONQUISTARE GENERALI, IL CEO DI DELFIN HA CAMBIATO PAROLE E MUSICA - INTERPELLATO SULL’OPS LANCIATA DA MEDIOBANCA SU BANCA GENERALI, MILLERI HA SORPRESO TUTTI RILASCIANDO ESPLICITI SEGNALI DI APERTURA AL “NEMICO” ALBERTO NAGEL: “ALCUNE COSE LE HA FATTE… LUI STA CERCANDO DI CAMBIARE IL RUOLO DI MEDIOBANCA, C’È DA APPREZZARLO… SE QUESTA È UN’OPERAZIONE CHE PORTA VALORE, ALLORA CI VEDRÀ SICURAMENTE A FAVORE” – UN SEGNALE DI DISPONIBILITÀ, QUELLO DI MILLERI, CHE SI AGGIUNGE AGLI APPLAUSI DELL’ALTRO ALLEATO DI CALTARICCONE, IL CEO DI MPS, FRANCESCO LOVAGLIO - AL PARI DELLA DIVERSITÀ DI INTERESSI BANCARI CHE DIVIDE LEGA E FRATELLI D’ITALIA (SI VEDA L’OPS DI UNICREDIT SU BPM), UNA DIFFORMITÀ DI OBIETTIVI ECONOMICI POTREBBE BENISSIMO STARCI ANCHE TRA GLI EREDI DELLA FAMIGLIA DEL VECCHIO RISPETTO AL PIANO DEI “CALTAGIRONESI’’ DEI PALAZZI ROMANI…

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO