
SANITÀ DA RICOVERO - SECONDO IL RAPPORTO GIMBE, NEI PROSSIMI ANNI SI APRIRÀ UNA VORAGINE DI 40,4 MILIARDI DI EURO NEI CONTI DELLA SANITÀ PUBBLICA. LO CERTIFICA ANCHE IL DOCUMENTO PROGRAMMATICO DI FINANZA PUBBLICA DAL QUALE SI EVINCE CHE IL FINANZIAMENTO AL SETTORE, RISPETTO ALLA PREVISIONE, SI ATTESTERÀ SU LIVELLI INFERIORI, SCENDENDO AL 6,1% DEL PIL NEL 2025-26, AL 5,9% NEL 2027 E AL 5,8% NEL 2028. UN DIVARIO TRA PREVISIONE DI SPESA E FINANZIAMENTO CHE, TRADOTTO IN SOLDONI, RISCHIA DI APRIRE NEI BILANCI REGIONALI UN BUCO DI 7,5 MILIARDI QUEST’ANNO, 9,2 IL PROSSIMO, 10,3 NEL 2027 E 13,4 NEL 2028…
Estratto dell’articolo di Paolo Russo per www.lastampa.it
La trascrizione da percentuale sul Pil a denaro contante l’ha fatta Gimbe nel suo Rapporto annuale presentato oggi alla Camera, ma le previsioni non sono di un istituto di ricerca privato, bensì del Governo, che le ha messe nero su bianco nel Documento programmatico di finanza pubblica, il Dpfp.
E quel che ne esce fuori è una voragine da 40,4 miliardi che si aprirà da qui al 2028 nei conti della sanità pubblica, perché a tanto, certifica il documento governativo, ammonta la differenza tra i finanziamenti e la spesa reale prevista. Un gap che spetterà alle Regioni coprire o con tagli alle prestazioni o aumentando le tasse.
I numeri
Il Dpfp del 2 ottobre scorso stima infatti un rapporto spesa sanitaria/Pil stabile al 6,4% per gli anni 2025, 2027 e 2028, con un leggero aumento al 6,5% nel 2026. Ma, a legislazione vigente, secondo la legge di bilancio 2025, il finanziamento si attesterà su livelli inferiori, scendendo al 6,1% del Pil nel biennio 2025-26, al 5,9% nel 2027 e al 5,8% nel 2028.
Un divario tra previsione di spesa e finanziamento che, tradotto in soldoni, rischia di aprire nei bilanci regionali un buco di 7,5 miliardi quest’anno, 9,2 il prossimo, 10,3 nel 2027 e 13,4 nel 2028. In totale 40,4 miliardi, che — come commenta il presidente di Gimbe, Nino Cartabellotta — “costringeranno le Regioni a scelte dolorose per i propri residenti: ridurre i servizi o aumentare la pressione fiscale”.
Un’accelerazione dei processi già in atto, che secondo lo stesso Cartabellotta “stanno già determinando la lenta agonia di un bene comune che rischia di trasformarsi in un privilegio di pochi”. Sì, perché mentre il servizio pubblico annaspa tra carenza di risorse e personale, il privato guadagna sempre più terreno.
Chi rinuncia alle cure
Nel 2024 infatti la spesa privata è salita a 47,66 miliardi, di cui 41,3 miliardi pagati di tasca propria dai cittadini, senza che ci fossero fondi o assicurazioni ad attenuare il colpo. Questo per non parlare dei 5,8 milioni di italiani, uno su dieci, che hanno dovuto rinunciare del tutto alle cure.
Con marcate differenze regionali: si va dal 5,3% di rinunciatari nella Provincia autonoma di Bolzano al 17,7% in Sardegna. Mentre chi ha i soldi per pagare va direttamente dal privato non convenzionato e salta la fila.
Un’opzione scelta sempre più dalle fasce abbienti della popolazione, tanto che, se la spesa pubblica destinata al privato convenzionato è scesa al minimo storico del 20,8% della spesa totale, quella del privato-privato, tra il 2016 e il 2023 ha visto impennare le entrate dalle parcelle a carico delle famiglie del 137%, passando da 3,05 a 7,23 miliardi.
L’aumento del fondo
Gimbe riconosce al Governo di aver aumentato di 11,1 miliardi il Fondo sanitario nazionale dal 2023 al 2025. Somma alla quale, salvo sorprese dell’ultima ora, dovrebbero aggiungersi altri 6,5 miliardi in più ( di cui 4 già previsti) che la manovra 2026 dovrebbe portare in dote al SSN.
LISTE D ATTESA - SERVIZIO SANITARIO PUBBLICO
Ma secondo il rapporto, questo non ha impedito che il fondo sanitario perdesse ancora quota rispetto al Pil, scendendo dal 6,3% del 2022 al 6,1% di quest’anno. Una lettura dei numeri contestata dal sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato:“Se c’è una grave recessione la percentuale di finanziamento sul Pil magari cresce anche di molto, ma poi in termini assoluti il finanziamento cala.
Quindi questa cosa di rapportare il fondo sanitario al Pil è illogica: quello che conta è che, a parte la parentesi del Covid, nessuno aveva rifinanziato la sanità come questo Governo.”
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