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MAFIA BREAKING NEWS! - SI STRINGE IL CERCHIO ATTORNO A MESSINA DENARO: SCOPERTA A MAZARA DEL VALLO LA RETE DEI PIZZINI DEL SUPERLATITANTE, 11 “POSTINI” DEL BOSS IN MANETTE

Salvo Palazzolo per “la Repubblica”

 

MESSINA DENARO ARRESTIMESSINA DENARO ARRESTI

Tira un vento caldo nella campagna più buia della Sicilia. Stanotte, si vedono delle luci in lontananza. Luci di auto che avanzano velocemente su una trazzera. Fino a una masseria che appare all’improvviso dentro un’enorme distesa di terra brulla e sassi. Contrada Lippone, la chiamano.

 

E’ questa la terra che nasconde i segreti del capomafia più ricercato d’Europa, Matteo Messina Denaro, condannato all’ergastolo per le stragi che hanno insanguinato Roma, Milano e Firenze nel 1993. In questo lembo di Sicilia, sono arrivati stanotte i poliziotti del Servizio centrale operativo, delle squadre mobili di Palermo e Trapani. E i carabinieri del Ros, del reparto operativo di Trapani.

Sono gli investigatori senza volto che dal 2012 passano al setaccio ogni angolo di questa distesa fra Mazara e Salemi. L’hanno tenuta sotto controllo giorno e notte. Con potentissime telecamere piazzate sugli alberi, con registratori nascosti sotto terra. Quella masseria che alle prime luci dell’alba sembra un fortino assediato è stata fino a qualche ora fa lo snodo delle comunicazioni del superlatitante. Comunicazioni all’antica, dice la complicatissima indagine condotta dai pubblici ministeri di Palermo Paolo Guido, Carlo Marzella, dal procuratore aggiunto Teresa Principato, dal procuratore Franco Lo Voi.

MESSINA DENARO PIZZINI 5MESSINA DENARO PIZZINI 5

 

Comunicazioni tramite i pizzini, foglietti di carta ripiegati all’inverosimile e protetti da scotch. Le intercettazioni hanno svelato che era un vecchio mafioso ad occuparsi della distribuzione dei biglietti arrivati dal latitante. Destinatari, una decine di persone. E in attesa della consegna, il vecchio mafioso nascondeva i pizzini sotto un masso.

Sembra un paradosso. Il più moderno dei mafiosi che si affidava al più arcaico dei sistemi di comunicazione. Questa è ancora la mafia siciliana, che non sembra affatto fiaccata da indagini e processi. E a giugno Messina Denaro ha festeggiato 23 anni di latitanza.

LA RETE
Poco prima dell’alba, il gruppo degli undici fidati postini della primula rossa è in manette. Un gruppo di vecchie conoscenze e di insospettabili. Chi custodisce più segreti è di certo Vito Gongola,  u zu Vitu coffa è soprannominato. Era lui il custode dei pizzini. Oggi ha 77 anni, e continua ad alzarsi alle quattro per badare al suo gregge. Ma questa volta, polizia e carabinieri l’hanno svegliato prima.
 

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Mafioso vecchio stampo, u zu Vitu coffa. Nel natale del 1991, alla vigilia delle stragi Falcone e Borsellino, Totò Riina lo volle alla sua destra nella grande tavolata che organizzò a Mazara del Vallo per fare gli auguri ai mafiosi più influenti di Cosa nostra.

Dal 2012, è stato intercettato mentre telefonava al proprietario della masseria di contrada Lippone, Michele Terranova, e parlava di pecore e ricotta. U zu Vitu coffa sembrava davvero uscito da un libro di Camilleri. Ma le sue parole non erano una finzione letteraria, piuttosto nascondevano un segnale convenuto, che si ripeteva periodicamente, nel momento in cui arrivavano i pizzini di Messina Denaro. Così Vito Gondola faceva sapere all’intermediario che bisognava convocare al più presto un altro vecchio mafioso, Michele Gucciardi.


IL SISTEMA
Adesso che la luce del giorno illumina la masseria di contrada Lippone, tutto sembra semplice. Ma quel sistema di comunicazione fatto di pizzini che partivano e tornavano è stato un vero rompicapo, spiega un investigatore. Anche perché Messina Denaro aveva imposto un sistema rigido alla sua rete di comunicazione, questo dicono le intercettazioni.

 

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«I pizzini vanno subito distrutti dopo la lettura». E la risposta deve passare attraverso gli stessi «tramiti», entro quindici giorni. Poi, però, per lunghi mesi, non è venuto più nessuno alla masseria. Forse, il superlatitante si era fatto prudente. «Oppure, ha lasciato la Sicilia per qualche tempo» ipotizza l’indagine. Misteri su misteri. Di certo, c’è solo che non erano solo vecchi mafiosi a costituire la rete del padrino.

 

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In manette è finito anche un rampante imprenditore, Mimmo Scimonelli, titolare di un supermercato Despar a Castelvetrano: viaggiava spesso fra Milano e Bologna, al Vinitaly aveva anche portato la sua ultima creatura, un consorzio di produttori di vino. Faceva vita più defilata l’architetto in pensione Ugo Di Leonardo, ex funzionario del Comune di Santa Ninfa. Ma anche lui era prontissimo a muoversi quando ce n’era bisogno. E’ la borghesia mafiosa che piace tanto a Messina Denaro.

GLI ARRESTATI
Vito Gondola, 77 anni, ritenuto capo del mandamento di Mazara del Vallo; Leonardo Agueci, 28 anni, ragioniere della ditta So.vi.; Ugo Di Leonardo, 73 anni, architetto in pensione; Pietro e Vincenzo Giambalvo, 77 e 38 anni, padre e figlio; Sergio Giglio, 46 anni; Michele Gucciardi, 62 anni; Giovanni Loretta, 43 anni; Giovanni Mattarella, 49 anni, genero di Vito Gondola; Giovanni Domenico Scimonelli, 48 anni; Michele Terranova, 46 anni

 

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