funivia stresa mottarone 1

“NEMMENO VEDERE I CORPI STRAZIATI LI HA CONVINTI A VENIRE IN PROCURA” – L’ATTO DI ACCUSA DEI PM CHE INDAGANO SULLA TRAGEDIA DELLA FUNIVIA NEI CONFRONTI DEL GESTORE DELLE FERROVIE MOTTARONE LUIGI NERINI E DEL DIRETTORE ENRICO PERROCCHIO - IL RUMORE STRANO DELLA CENTRALINA CHE SI RIPETEVA OGNI DUE O TRE MINUTI E IL CAPOSERVIZIO TADINI CHE DECISE DI LASCIARE I FORCHETTONI INSTALLATI: ECCO IL MOTIVO – LA FUNE SFILACCIATA E IL SOSPETTO SUL CEDIMENTO DELLA TESTA FUSA. IL CUNEO DI PIOMBO DEVE ESSERE SOSTITUITO OGNI CINQUE ANNI...

Giuseppe Guastella per corriere.it

 

INCIDENTE FUNIVIA STRESA MOTTARONE

«Nonostante la gravità delle condotte contestate e delle conseguenze che ne sono derivate, i fermati non hanno avuto un atteggiamento resipiscente», non si sono presentati subito ai magistrati per assumersi «le proprie responsabilità».

 

Non essersi ravveduti è ancor più grave per Luigi Nerini e per Enrico Perocchio che domenica mattina sono accorsi sul luogo del disastro della funivia del Mottarone e con i propri occhi «hanno potuto vedere i corpi delle vittime straziati, giacenti a terra, sbalzati fuori dalla cabina o incastrati dento la stessa», scrivono i pm di Verbania chiedendo al gip che il titolare della Ferrovie del Mottarone, il direttore d’esercizio e il capo servizio Gabriele Tadini, fermati mercoledì, continuino a stare in carcere per le loro responsabilità.

 

FUNIVIA STRESA MOTTARONE

 

 

Racconta Tadini

È la mattina del 23 maggio, mancano tre ore al più grave disastro degli impianti a fune in Italia. Dalle 12 pagine dell’ordinanza è possibile ricavare il racconto di Tadini e le ammissioni che lo porteranno in carcere con gli altri due che, però, non sono stati ancora interrogati (Perocchio si era messo a disposizione dei pm, assicura l’avvocato Andrea Da Prato).

 

Tadini dice di aver aperto la stazione intermedia di Alpino e di aver «avviato l’impianto intorno alle 9-9,10 per una corsa di prova a bassa velocità per verificare il regolare funzionamento». Quando arriva la cabina partita dalla stazione di monte, sa che i freni di emergenza sono bloccati dai Forchettoni istallati come di regola all’ultima corsa del giorno precedente. Li vede colorati di rosso sul carrello agganciato alla fune portante, così come si accorge immediatamente di «qualche anomalia all’impianto frenante».

FUNIVIA STRESA MOTTARONE

 

Sente un rumore che proviene dalla centralina, «un suono caratteristico, riconducibile alla presumibile perdita di pressione del sistema frenante, che si ripeteva ogni 2-3 minuti». È il circuito che tenta di riportare l’olio in pressione e fa «chiudere una delle due ganasce» dei freni bloccando la cabina. Per ovviare al problema, decide di lasciare i Forchettoni installati altrimenti «il sistema, rilevando un’anomalia, avrebbe fatto scattare il freno impedendo all’impianto di fare le sue corse».

 

«Ho deciso io, anzi no»

funivia del mottarone 3

Inizialmente Tadini dichiara a verbale che il problema si era verificato anche il giorno precedente. Per questo aveva lasciato i Forchettoni facendo viaggiare «la cabina con il sistema frenante inibito» per l’intera giornata. Aveva preso lui l’iniziativa «senza avvisare nessuno, né Nerini, né Perocchio» e non aveva «annotato l’evento sul Libro giornale né avvisato nessuno».

 

A questo punto viene indagato per falso in atto pubblico dal Procuratore Olimpia Bossi e dal sostituto Francesca Carrera perché quel documento è destinato alle verifiche dell’Ustif del Ministero delle infrastrutture. L’interrogatorio riprende con un difensore d’ufficio e Tadini cambia versione (il giorno dopo nominerà l’avvocato Marcello Perillo).

strage funivia del mottarone 2

 

Ammette che i Forchettoni non erano rimasti sulla cabina solo quel giorno «ma molte più volte, sostanzialmente in modo pressoché abituale, quanto meno nel corso dell’ultimo mese, da quando l’impianto aveva riaperto al pubblico» dopo la pandemia, ma gli investigatori sospettano che siano stati messi addirittura ad ottobre. Aveva condiviso la decisione «sia con l’ingegner Perocchio sia con Nerini», che non solo l’avevano avallata ma gli avevano anche detto di non fermare la funivia per la lunga manutenzione necessaria per evitare «ripercussioni di carattere economico», violando così le norme «sul corretto funzionamento dell’impianto», commentano i pm chiedendo al gip Donatella Banci Buonamici la convalida del fermo e un’ordinanza di custodia per omicidio colposo plurimo, lesioni colpose, rimozione dolosa di sistemi di sicurezza.

funivia del mottarone

 

 

 

«Tutti sapevano»

«Lo sapevano tutti», dice un Tadini molto provato, a partire da Nerini e Perocchio. I pm gli credono perché sarebbe illogico pensare che un semplice dipendente faccia da solo una scelta così rischiosa da cui non ha «alcun vantaggio». Nerini non è semplicemente il titolare. È «operativamente e quotidianamente convolto nelle operazioni di funzionamento» e ha un «interesse imprenditoriale ed economico» a forzare le procedure di sicurezza per non perdere i soldi degli incassi già falcidiati dal covid e non spendere per le costose riparazioni. Anche Perocchio, secondo la Procura,«era assolutamente consapevole delle anomalie che il sistema frenante presentava da tempo e dell’inutilità dei lavori effettuati in precedenza», come sapeva che «erano necessari interventi più radicali e che l’unico modo per aggirare gli inconvenienti» era «la manomissione del dispositivo di sicurezza».

 

FUNIVIA DEL MOTTARONE - GABRIELE TADINI CON GLI IRON MAIDEN

La rottura della fune

Le indagini devono ancora chiarire attraverso i consulenti tecnici perché la fune di trazione si sia rotta. Al momento, quindi, non si può dire se tra rottura e freni bloccati ci sia un qualche nesso. «Resta indubitabile che, quale che ne sia stata la causa, la rottura del cavo trainante di per sé sola, non avrebbe determinato» l’incidente se i freni avessero potuto funzionare.

 

Per gli investigatori, Nerini e Perocchio vanno tenuti in carcere perché potrebbero tentare di inquinare le prove accordandosi per «addossare tutte le responsabilità» su Tadini. Su tutti e tre grava il pericolo di fuga a causa delle probabili pene «elevatissime» in caso di condanna e degli enormi risarcimenti che non saranno coperti dalle assicurazioni, perché causati da delitti, e ricadranno anche sulle casse del Comune di Stresa, che viene individuato come proprietario dell’impianto.

 

 

il forchettone dei freni di emergenza della funivia del mottarone

 

Il rischio di altri reati

I tre potrebbero continuare anche a violare le leggi se rimanessero liberi: Perocchio dirige la funivia del Santuario Nostra Signora di Montallegro a Rapallo che, sottolineano Bossi e Carrera, è stata chiusa per manutenzione proprio dopo il suo arresto con una «coincidenza significativa e singolare», anche se il Comune ha smentito legami con quanto è accaduto; Nerini, che dimostra «insofferenza ad uno scrupoloso rispetto delle misure di sicurezza», sul Mottarone gestisce un altro impianto a rotaia, il bob estivo Alpyland, in cui si sono verificati due incidenti sotto indagine; Tadini potrebbe tornare a lavorare su altre funivie comportandosi allo stesso modo.

 

luigi nerini

Tutti hanno mostrato di poter commettere reati «di straordinaria gravità» a causa della «deliberata volontà di eludere gli indispensabili sistemi frenanti per ragioni meramente economiche e in assoluto spregio delle più basilari regole cautelari di sicurezza». Norme che proteggono l’incolumità dei passeggeri e dei lavoratori, ma anche di chi «occasionalmente percorre il sentiero» al di sotto della funivia e non può rischiare la pelle se viene giù.

 

MOTTARONE, LA FUNE SFILACCIATA

Da corriere.it

il forchettone dei freni di emergenza della funivia del mottarone

Dopo i «forchettoni» e i «calamitoni» è la volta della «testa fusa». La sciagura di domenica scorsa potrebbe risolversi in queste espressioni sconosciute ai più. La testa fusa è un cuneo di piombo che si fonde nella parte terminale della fune, quella che si aggancia al carrello della cabina. La rottura potrebbe essere avvenuta in un punto vicino a questo cuneo. Si tratta della zona più fragile e, soprattutto, meno controllata. Perché in quel punto il sistema utilizzato per sondare lo stato di salute del cavo, tecnicamente magnetoinduzione, non può nulla. Cioè, i calamitoni che tutti gli anni fanno la radiografia della fune lì si fermano. E lì interviene l’operatore con un controllo a vista.

 

FUNIVIA DEL MOTTARONE - LUIGI NERINI

La sostituzione era prevista tra sei mesi

Considerato che si tratta della parte più vulnerabile, il Ministero ha stabilito che ogni cinque anni la «testa fusa» venga sostituita. Succede che la ditta incaricata, in questo caso la Leitner di Vipiteno (Bolzano), tagli un pezzo di fune, circa una spanna, e rifaccia il cuneo, in modo da mettere in sicurezza l’impianto. Operazione che al Mottarone è stata fatta il 22 novembre 2016. E quindi avrebbe dovuto essere ripetuta fra sei mesi.

 

Il perito

Il Tg1 ha documentato il punto di strappo, dove la fune si sfilaccia. «Dobbiamo però ora trovare l’altra estremità — dicono gli inquirenti che ieri hanno continuato a lavorare con il consulente della procura, il professor Giorgio Chiandussi — Per farlo è necessario prima rimuovere la carcassa della cabina perché le lamiere nascondono la parte interessata». Ragione per cui il professor Chiandussi si è riservato ogni conclusione. Il perito dovrà rispondere al quesito più importante: perché si è spezzata la fune? Per il momento sembra essere stato individuato il punto.

 

Le concause

FUNIVIA DEL MOTTARONE - GABRIELE TADINI

La rottura è comunque una concausa. L’altra è già stata individuata: la disattivazione del freno con l’inserimento dei cosiddetti forchettoni da parte del capo servizio dell’impianto. A provocare il disastro sono stati i due eventi, entrambi eccezionali, insieme. Bastava che uno dei due non si verificasse per essere evitato. Un freno attivo avrebbe fermato la cabina prima che iniziasse la sua folle corsa verso la fine. Un cavo integro avrebbe consentito ai 15 passeggeri di raggiungere la vetta del Mottarone. Senza neppure sapere di avere rischiato la morte.

FUNIVIA DEL MOTTARONE - ENRICO PEROCCHIOFUNIVIA DEL MOTTARONEFUNIVIA DEL MOTTARONE - SECONDO FORCHETTONEfunivia Stresa Mottaronefilmato della funivia 5filmato della funivia 4filmato della funivia 2filmato della funivia 3filmato della funivia 1La funivia del MottaroneIL SISTEMA DI SICUREZZA DELLA FUNIVIALA RICOSTRUZIONEFUNIVIA DEL MOTTARONE - FORCHETTONE

 

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni elly schlein

DAGOREPORT - COME DESTABILIZZARE IL NEMICO PIÙ INTIMO? SEGUITE IL METODO MELONI: AD OGNI INTRALCIO CHE SI INVENTA QUEL GUASTAFESTE DI SALVINI, LA MINACCIA DELLA DUCETTA È SEMPRE LA STESSA: ANDIAMO AL VOTO ANTICIPATO E VEDIAMO QUANTO VALE NELLE URNE ‘STO CARROCCIO - QUESTO RITORNELLO MELONIANO DI ANTICIPARE DI UN ANNO LE POLITICHE 2027, PERCHÉ NON LO FA SUO ANCHE ELLY SCHLEIN? ANZICHÉ STAR LÌ A PIAGNUCOLARE DI “SALARIO MINIMO”, DI “POLITICA INDUSTRIALE CHE NON C’È” E DI “CETO MEDIO IMPOVERITO”, SE L’ITALIA VA A PUTTANE, METTA L'ARMATA BRANCA-MELONI IN DIFFICOLTÀ: SI TOLGA L’ESKIMO DA GRUPPETTARA E LANCI LEI A GRAN VOCE UNA BELLA CAMPAGNA FATTA DI SLOGAN E FRASI AD EFFETTO PER CHIEDERE LO SFRATTO DEL GOVERNO, LANCEREBBE COSI' UN GUANTO DI SFIDA ALL’ARROGANZA DELLA DUCETTA, METTENDOLA IN DIFFICOLTÀ E NELLO STESSO TEMPO RIUSCIREBBE A TRASMETTERE AL POPOLO DISUNITO DELL’OPPOSIZIONE UN SENTIMENTO FORTE, AFFINCHE' IL SOGNO DI MANDARE A CASA GIORGIA MELONI POSSA DIVENTARE REALTÀ - SE OGGI, LA STORIA DEI NUOVI MOSTRI POLITICI SI FONDA SULL’IMMAGINARIO, COSA ASPETTA ELLY SCHLEIN A CAMBIARE MUSICA?

orazio schillaci marcello gemmato paolo bellavite ed eugenio serravalle

DAGOREPORT – I DUE NO-VAX NOMINATI NEL COMITATO TECNICO SUI VACCINI SPACCANO FRATELLI D'ITALIA: MONTA IL PRESSING PER FAR DIMETTERE EUGENIO SERRAVALLE E PAOLO BELLAVITE DALL’ORGANISMO – IN MOLTI RITENGONO CHE IL RESPONSABILE POLITICO DELL’IMPROVVIDA DECISIONE SIA MARCELLO GEMMATO, FARMACISTA E POTENTE SOTTOSEGRETARIO ALLA SALUTE MELONIANO – IL MINISTRO ORAZIO SCHILLACI È FRUSTRATO DAI CONTINUI BLITZ POLITICI CHE LO PONGONO DI FRONTE A DECISIONI GIÀ PRESE: NON CONTA NULLA E TUTTI PRENDONO DECISIONI SULLA SUA TESTA. ORA SAREBBE INTENZIONATO A REVOCARE L’INTERO GRUPPO DI LAVORO SE I NO-VAX NON SLOGGIANO. ENTRO 48 ORE…

trump zelensky putin donald volodymyr vladimir

DAGOREPORT – ARMATI DI RIGHELLO, GLI SHERPA DI PUTIN E TRUMP SONO AL LAVORO PER TROVARE L’ACCORDO SULLA SPARTIZIONE DELL’UCRAINA: IL 15 AGOSTO IN ALASKA L’OBIETTIVO DEL TEPPISTA DELLA CASA BIANCA È CONVINCERE PUTIN AD “ACCONTENTARSI”, OLTRE DELLA CRIMEA, DEL DONBASS, RITIRANDOSI PERO' DALLE REGIONI UCRAINE OCCUPATE DALL'ESERCITO RUSSO: KHERSON E ZAPORIZHZHIA (CON LA SUA CENTRALE NUCLEARE) - TRUMP POTREBBE AGGIUNGERE LO STOP ALLE SANZIONI E CHISSÀ CHE ALTRO – PRIMA DI UN INCONTRO PUTIN- ZELENSKY, TRUMP PORTERA' I TERMINI DELLA PACE ALL'ATTENZIONE DEGLI ALLEATI EUROPEI DI KIEV - PER GARANTIRE L'EX COMICO CHE MOSCA NON SGARRERA', MACRON, MERZ E COMPAGNI PROPORRANNO L'INGRESSO DELL'UCRAINA NELL'UNIONE EUROPEA (CHE FA SEMPRE PARTE DELLA NATO) - PER L’ADESIONE UE SERVE L’OK DEI FILO-PUTINIANI ORBAN E FICO (CI PENSERÀ LO ZAR A CONVINCERLI) - UNA VOLTA FIRMATA, DOPO 6 MESI DEVONO ESSERE APERTE LE URNE IN UCRAINA - LA GAFFE: "VENERDI' VEDRO' PUTIN IN RUSSIA...": TRUMP SULLA VIA SENILE DI BIDEN? OPPURE....

antonio decaro michele emiliano roberto fico giuseppe conte elly schlein vincenzo de luca

DAGOREPORT - SCHLEIN E CONTE FANNO CAMPOLARGO (MA SOLO PER LE REGIONALI, PER ORA): DOPO GIANI IN TOSCANA E RICCI NELLE MARCHE, E' FATTA ANCHE PER I 5STELLE ROBERTO FICO IN CAMPANIA E PASQUALE TRIDICO IN CALABRIA (DOVE NON CI SONO CHANCE DI VITTORIA) - L'ULTIMO OSTACOLO RESTA VINCENZO DE LUCA, CHE CHIEDE DI NOMINARE IL FIGLIO, PIERO, SEGRETARIO DEL PD REGIONALE. MA ELLY NON VUOLE FARE LA FIGURA DA PERACOTTARA: FU LEI A COMMISSARIARE IL PARTITO, COME ATTO OSTILE NEI CONFRONTI DEL "CACICCO" DE LUCA, E A FAR FUORI SUO FIGLIO DA VICECAPOGRUPPO ALLA CAMERA - IN PUGLIA, QUEL CROSTONE DI EMILIANO È INDIGESTO A ANTONIO DECARO PER LA VECCHIA STORIELLA DELL'INCONTRO CON LA SORELLA DEL BOSS CAPRIATI, "PADRINO" DI BARI VECCHIA, RACCONTATA DAL GOVERNATORE URBI ET ORBI - VIDEO!

matteo salvini luca zaia alberto stefani luca de carlo

DAGOREPORT - VIA COL VENETO: LISTA ZAIA? E GIORGIA MELONI S'INCAZZA! - SE IMPORRA' IL SUO CANDIDATO, IL FRATELLONE D'ITALIA LUCA DE CARLO, SI RITROVERÀ UN LISTONE "DOGE" CHE PORTEREBBE VIA UN FIUME DI VOTI (E AVREBBE LA MAGGIORANZA DEI SEGGI, COMMISSARIANDO DI FATTO IL GOVERNATORE MELONIANO) - MATTEO SALVINI SPINGE FORTE SUL GIOVANE ALBERTO STEFANI, MA LA DUCETTA NON MOLLA L'OSSO DI CONQUISTARE LA RICCA REGIONE VENETA - IN BARBA AL SUO GROSSO BOTTINO DI CONSENSI, LA FIAMMA NON HA IN TASCA ALCUNA REGIONE DEL NORD (IN LOMBARDIA NON TOCCA PALLA: E' ROBA DI LA RUSSA...)