VAFFAN-CLOUD! – UN BLACKOUT DEI SERVIZI DI MICROSOFT AZURE HA MANDATO OFFLINE CENTINAIA DI SITI WEB: SONO STATI SEGNALATI MIGLIAIA DI “DOWN” – QUALCHE GIORNO FA UN GUASTO DI AMAZON WEB SERVICES AVEVA INTERROTTO L’ATTIVITÀ DI MILIONI DI UTENTI – GLI ESPERTI SONO IN ALLARME PER LA CONCENTRAZIONE DEL MERCATO DEI SERVER, IN MANO A UN TRIOPOLIO AMAZON-MICROSOFT-GOOGLE. SE PIÙ PROVIDER SUBISSERO UN GUASTO CONTEMPORANEO, POTREBBERO FERMARSI BANCHE, TRASPORTI, LOGISTICA (UNO SCENARIO IDEALE PER LE POTENZE STRANIERE CHE VOLESSERO SFERRARE UN ATTACCO)
Sintesi dell’articolo di William Hunter per https://www.dailymail.co.uk/
Un blackout di Microsoft Azure ha lasciato senza accesso a servizi essenziali centinaia di migliaia di utenti in tutto il mondo, appena nove giorni dopo un analogo guasto di Amazon Web Services che aveva paralizzato “metà di internet”.
L’episodio ha messo in luce la fragilità strutturale del cloud globale, oggi dominato da un ristretto oligopolio composto da Amazon, Microsoft e Google, che insieme controllano oltre il 60% dei servizi cloud mondiali.
segnalazioni del down dei servizi di microsoft azure
Come spiega Colette Mason, consulente AI di Clever Clogs, “stiamo vedendo cosa significa mettere tutte le uova nello stesso paniere su scala globale”. Quasi ogni piattaforma digitale, dalle app ai siti web fino alle aziende tradizionali, dipende infatti dai loro data center centralizzati, noti come hyperscaler. Quando uno di questi nodi si blocca, le ripercussioni si estendono a catena in tutto il mondo.
Il blackout di Azure, iniziato ieri alle 15:30 GMT, ha generato oltre 105.000 segnalazioni su Down Detector e ha colpito servizi Microsoft come Outlook, Xbox Live, Copilot e Microsoft 365. Poiché molte aziende si appoggiano all’infrastruttura di Azure, i disservizi si sono rapidamente estesi a catene come Costco e Starbucks e a strumenti di gestione dati come Blackbaud. Microsoft ha attribuito il guasto a una “modifica di configurazione involontaria” nella sua rete Front Door.
Solo pochi giorni prima, un guasto di Amazon Web Services in Virginia aveva interrotto l’attività di oltre 2.000 aziende e milioni di utenti. Secondo gli esperti, questi eventi confermano il rischio sistemico derivante dalla dipendenza eccessiva da pochi fornitori.
“Circa il 60% delle aziende si affida a un quasi–triopolio di Amazon, Microsoft o Google”, ha spiegato al Daily Mail il dottor Saqib Kakvi della Royal Holloway University. “Anche se sono leader del settore, non sono infallibili: basta un errore per rendere inaccessibili centinaia di servizi e colpire milioni di utenti”.
Il rischio, aggiunge Kakvi, è che se più provider subissero un guasto contemporaneo, “interi settori – banche, trasporti, logistica – potrebbero restare fermi per giorni”. E, come osserva il professor James Davenport dell’Università di Bath, spesso le aziende non sanno nemmeno di dipendere indirettamente da questi colossi, perché i fornitori secondari non rivelano da chi acquistano i propri servizi.
segnalazioni del down dei servizi di aws
La concentrazione del mercato rende anche difficile cambiare piattaforma. I grandi operatori impongono infatti un “vendor lock–in” tramite costi di uscita elevati e procedure tecniche complesse: Amazon e Microsoft, ad esempio, fanno pagare le “data egress fees” per trasferire i dati verso un altro servizio. Ciò scoraggia la concorrenza e rende impossibile per i piccoli provider emergere.
Secondo la Competition and Markets Authority (CMA) britannica, il mercato dei servizi cloud “non funziona in modo efficiente” e richiede interventi normativi per ridurre la concentrazione. Nicky Stewart, dell’Open Cloud Coalition, denuncia che “questa dipendenza soffoca la competizione e l’innovazione, creando un sistema fragile in cui il problema di uno diventa rapidamente il problema di tutti”.
Amazon si è difesa sostenendo che “da vent’anni AWS mantiene una reputazione di affidabilità superiore agli altri fornitori principali”, mentre Microsoft ha rifiutato di commentare. Ma la serie di blackout ravvicinati mostra quanto il web globale sia diventato vulnerabile: basta un errore in un data center per mettere in ginocchio un pianeta intero connesso a un’unica, immensa nuvola digitale.
aws
data center di amazon web services in virginia

