SOLO IN ITALIA SI POTEVA PERMETTERE A TRE SVALVOLATE DI TRASFORMARSI IN “TRIBUNALE DEL POPOLO” - VALERIA FONTE, BENEDETTA SABENE E CARLOTTA VAGNOLI, CHE RISCHIANO IL PROCESSO PER STALKING PER AVER ORGANIZZATO “UNA GOGNA DIGITALE E UNA VESSAZIONE PUBBLICA” A UN RAGAZZO CHE HA POI TENTATO IL SUICIDIO, ERANO FAUTRICI DELLA "GIUSTIZIA FAI DA TE" – IL "CORRIERE": “IL PROBLEMA PIÙ GRAVE DI QUESTA STORIA È IL TENTATIVO DI RIMPIAZZARE IL POTERE GIUDIZIARIO CON QUELLO DI SCREDITARE E ROVINARE” – LE PAROLE DELIRANTI: “PER FARE GIUSTIZIA SERVONO LE MODALITÀ MANGIONE” (CIOÈ LUIGI, L'ASSASSINO DEL CEO DI UNITEDHEALTHCARE, BRIAN THOMPSON). SE QUESTO NON E’ UN METODO TERRORISTICO, COS’E’?
Giusi Fasano per corriere.it - Estratti
carlotta vagnoli in altre parole 8
Al di là delle offese, delle bestemmie, della violenza verbale, dell’inopportunità di parole e comportamenti, c’è una questione di fondo che dovrebbe sconcertare più di ogni altra cosa nell’inchiesta di Monza sul commando delle «femministe» d’assalto accusate di stalking e diffamazione.
E cioè il ricorso alla giustizia fai da te. Sommaria e inappellabile. Non denunce, garantismo e processi nelle aule di giustizia ma un tribunale in versione chat per emettere sentenze di call out per reati segnalati (ripeto: segnalati) da chissà chi e del tutto presunti. Per i pochi che a questo punto non dovessero conoscerne il significato: un call out è una chiamata alle armi della maldicenza (da esercitare in forma fisica e digitale) per «uccidere» la reputazione, le relazioni sociali, la professionalità di qualcuno.
CARLOTTA VAGNOLI E VALERIA FONTE
«Vessazione pubblica» e «gogna digitale», la definisce la procura.
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Costruisco la tua «morte sociale e politica», per dirla con le loro parole. Un concetto piuttosto bizzarro di giustizia.
Che ovviamente non avrebbe senso nemmeno se ci fossero le prove provate che il reato tal dei tali sia stato commesso davvero. Non ha senso, è pericoloso e incompatibile con un sistema democratico il concetto che sta alla base di tutto questo, cioè sostituirsi ai tribunali e mutuare dalla giustizia e dal codice penale parole a casaccio.
Un potenziale stupratore, un molestatore, va denunciato, non ricoperto di fango via call out. Quindi, per quanto sgradevoli, il problema più grave di questa storia non sono gli insulti via chat a Mattarella o a Liliana Segre. È rimpiazzare il potere giudiziario con il potere di screditare e rovinare.
I SOCIAL USATI COME TRIBUNALE DALLE INDAGATE
Rosario Di Raimondo per repubblica.it - Estratti
«Siamo stati vittime di un tribunale social spietato che non auguro a nessuno, neanche a loro». La sintesi di tutto è nelle parole di Federica (nome di fantasia). La compagna del giornalista A.S., preso di mira dalle attiviste Valeria Fonte, Benedetta Sabene e Carlotta Vagnoli, che rischiano il processo per stalking dopo aver organizzato, per i pm, una gogna contro di lui, definito un «abuser» e «manipolatore».
Le indagate si difendono: ci siamo mosse perché preoccupate per Federica. «Così preoccupate da aggredirmi, isolarmi e iniziare una campagna denigratoria che durerà due anni.
Non c'era alcuna volontà di difendere me, ma solo di creare l'ennesima gogna per l'ennesimo nemico», racconta lei a Repubblica. La sua "colpa": essersi riavvicinata all'uomo considerato pericoloso dalle influencer femministe. «In che modo tutela la "vittima di violenza" l'isolarla e l'aggredirla con ferocia da branco, rovinando la vita della sua famiglia per due anni?».
CARLOTTA VAGNOLI E VALERIA FONTE
Le frasi contro di lei si leggono nelle chat di gruppo agli atti (delle quali Sabene non fa parte): «Non deve più entrare negli spazi femministi, se la vedo io le sputo in faccia e poi la massacro di botte…», la sentenza di Vagnoli. Un tribunale, appunto.
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carlotta vagnoli in altre parole 9
CARLOTTA VAGNOLI E VALERIA FONTE
CARLOTTA VAGNOLI
CARLOTTA VAGNOLI INTERVISTATA DALLA STAMPA
carlotta vagnoli in altre parole 7
Benedetta Sabene
Benedetta Sabene
Benedetta Sabene
Benedetta Sabene michele Santoro
