vasco rossi

LA VITA SPERICOLATA DI VASCO "KAZZIK" - IL ROCKER DI ZOCCA VASCO ROSSI RACCONTA LA SUA GIOVENTÙ: "ANDAVO AL COLLEGIO DEI SALESIANI, AVEVO SOLO DUE AMICI: COMPRAVAMO DELLE RIVISTE PORNO E LE ATTACCAVAMO COME MANIFESTI SUI MURI DEL COLLEGIO, NEI POSTI PIÙ VISIBILI CON LA SCRITTA: “KAZZIK COLPISCE ANCORA”. FECERO UN’ISPEZIONE E TROVARONO UNO SCRITTO NEL FOGLIO DEL MIO AMICO DOVE C’ERA ANCHE LA MIA CALLIGRAFIA. LUI FU CACCIATO IMMEDIATAMENTE: IL GIORNO DOPO TOCCO' A ME" - LA POLEMICA CON JOVANOTTI: "QUANDO GLI SENTO DIRE CHE PER LUI 'LA LOCOMOTIVA' DI GUCCINI HA LO STESSO VALORE CULTURALE DI 'GLORIA' DI UMBERTO TOZZI...BEH, CAPISCO DI PIÙ IL SIGNIFICATO DELLE CANZONI DI JOVANOTTI..." - VIDEO

 

Estratto dell'articolo di Luca Valtorta per "la Repubblica"

 

vasco rossi a castellaneta marina

Ci si può entrare in questa storia qua da un urlo, non da un sipario che si apre. C'era una volta, agli inizi degli anni Sessanta, un ragazzo timido che veniva bullizzato dai più grandi e, poi, da quelli di città. Si chiamava Vasco.

 

Allora dire «vengo da Zocca» significava vedersi cucire addosso un'etichetta di serie B: il "campagnolo", quello che, come si diceva allora, «è venuto giù con la piena».

 

Oggi che il piccolo Vasco è diventato così grande da essere la stella più luminosa del firmamento rock italiano, con milioni di persone che vanno ai suoi concerti e si riconoscono nelle sue parole, non ha dimenticato il passato e ha deciso di fare qualcosa per quelli come lui. Non la solita, ma una cosa davvero stupefacente: creare un corso di teatro sperimentale a Zocca, proprio quel piccolo paese da cui veniva e in cui ancora trascorre l'estate e le feste natalizie con la famiglia.

 

Un tipo di teatro pensato per insegnare ai ragazzi a fare il passo più difficile, oggi ancora più di ieri: uscire dal proprio bozzolo. Non è autocelebrazione, non è nostalgia. È un gesto preciso, quasi politico: restituire a un paese di montagna quello che veniva negato a un ragazzo troppo piccolo, troppo fuori posto, troppo diverso dagli altri. Lo si escludeva. E così, prima che ci fossero le canzoni, prima della radio, prima del rock, è stato il teatro che lo ha salvato.

VASCO ROSSI

 

Teatro come liberazione, non come rappresentazione, in una Bologna che si apriva come una finestra su un mondo nuovo.

 

A gennaio 2026 parte a Zocca un corso di teatro sperimentale al Teatro comunale intitolato a te.

 

Come è nata quest'idea?

«È una cosa che avevo in testa da tempo, perché anch'io quando ero giovane ho fatto teatro e pensavo che fosse una cosa importante. Volevo sentire lo Stabile di Bologna, poi la vicesindaca di Zocca, Susanna Rossi, ha detto: "Ci provo io". Ha trovato un attore di Modena, Andrea Ferrari, che ha mandato un progetto ed era esattamente quello che volevo io: dare la possibilità alla gente di incontrarsi, non tanto per imparare a recitare o diventare attore. Quello che facciamo è più bello e nasce da un'esperienza che è stata molto importante per me».

Vasco Rossi con la moglie Laura Maria Adriana Schmidt

 

Cosa facevate esattamente?

«Prima di tutto degli esercizi di respirazione. Mi ricordo che erano importanti per avere la voce, per poter parlare bene. Ho cominciato a imparare a respirare in modo da parlare con il diaframma, non di gola ma di petto, con questi esercizi di respirazione profonda. Mi ha aiutato a essere più potente "dentro", a conoscere di più me stesso, a imparare a capire le mie fragilità. Imparare che potevo esprimerle senza paura è stata una delle cose più importanti per me: è quello che poi è diventato il mio modo di scrivere le canzoni. Infatti, ho cominciato a scrivere delle canzoni davvero mie proprio in quel periodo lì».

 

[...] Venire da un piccolo paese come Zocca era difficile o ti ha aiutato?

vasco rossi a castellaneta marina

«Io da piccolo ero stato bullizzato dal punto di vista fisico, come succedeva a tutti quelli più piccoli per taglia e per età, perché io avevo fatto la primina. E poi anche dal punto di vista psicologico quando sono andato a studiare a Modena, che per me era una città perché io venivo dai monti. E negli anni Sessanta, quando dicevi che venivi da Zocca, la gente ti guardava male, ci si vergognava quasi. Era una cosa che non si diceva volentieri, perché ti sentivi come se fossi di serie B».

 

Cos'è successo?

«Andavo al Collegio dei Salesiani e lì mi sono chiuso completamente, proprio come in un bozzolo: non ho mai comunicato con nessuno per tutto il tempo o quasi. A quei tempi nei collegi c'erano orari precisi per tutto, era molto rigido.

 

Alla fine sono stato proprio buttato fuori. Avevo solo due amici, uno era anche lui di Zocca e avevamo combinato un guaio: compravamo quelle riviste porno che si trovavano ai tempi e poi le attaccavamo come manifesti sui muri del collegio, in alto, nei posti più visibili con la scritta: "Kazzik colpisce ancora". Fecero un'ispezione e trovarono uno scritto nel foglio del mio amico Moreno Diamanti dove c'era anche la mia calligrafia. Lui fu cacciato immediatamente: era tutto contento. Il giorno dopo dissero anche a me: "Devi andare a prendere il materasso perché ti hanno buttato fuori anche te". Pensa che allora i materassi ce li dovevamo portare noi da casa!».

 

A quel punto andasti a Bologna.

vasco rossi

«Sì, perché lì stava mia cugina Graziella con i nonni. Un posto piccolissimo, ma per me è stata la libertà finalmente. Lì ho fatto la seconda e terza ragioneria finché sono andato ad abitare con il mio amico Gherardo. Intanto ho cominciato a leggere i testi del teatro dell'assurdo: Ionesco con La cantatrice calva, cose così. Letture che mi hanno letteralmente aperto la mente. Ho scoperto "Dio e lo Stato" di Bakunin e l'anarchismo.

Eravamo degli anarchici convinti, ma non quelli delle bombe, non i terroristi. Per noi l'anarchia voleva dire una cosa completamente diversa. Significava cercare di trovare dentro te stesso la forza, la possibilità e la volontà di poterti autodeterminare. Era l'autocontrollo necessario per affrontare la vita senza bisogno di autorità esterne».

 

[...] A quell'epoca facevate anche le performance come "Indiani metropolitani".

vasco rossi

«Esatto, andavamo alle manifestazioni con segni diversi, nostri. Non ci conoscevamo bene, eravamo cinque o sei, però avevamo legami con i veterani del Teatro Evento di Bologna, che è stato un vero e famoso teatro d'avanguardia. Facevamo azioni in strada: ci aggrappavamo alle inferriate di via Santo Stefano, una delle più eleganti di Bologna, in posizioni molto strane, oppure ci si attaccava al muro in modo innaturale, stando fermi e fissi come statue viventi. Passava la gente, guardava stupita e rimanevano tutti allibiti. Poi cominciavamo a interagire con discorsi che avevano un senso per noi ma erano assurdi per gli altri. Molti scuotevano la testa ma c'era anche chi si fermava a guardare».

 

Però suonavi già la chitarra, se non sbaglio.
«Sì, avevo già la chitarra e suonavo, sempre le canzoni degli altri naturalmente: Battisti, De André, De Gregori, Guccini. Il grande Guccini. Per me è stato un mito assoluto, uno dei più grandi miti. Ricordo che una volta, quando avevamo la nostra radio libera, si chiamava Punto Radio, una delle prime nate in Italia, andai a intervistarlo a casa sua: fu una delle interviste importanti che abbiamo fatto. Per me le sue canzoni sono straordinarie. La locomotiva è un capolavoro assoluto, una delle canzoni più belle mai scritte in Italia. Però quando sento dire da Jovanotti che per lui ha lo stesso valore culturale di Gloria di Umberto Tozzi... Beh, capisco di più il significato delle canzoni di Jovanotti (ride)».

 

 

[...] L'incontro più importante però è stato con Fabrizio De André.

vasco rossi

«Fabrizio è stato l'unico grande artista che poi ho conosciuto davvero in modo profondo. Nei primi anni Ottanta mi contattò lui direttamente, voleva venire a trovarmi e conoscermi di persona. Venne giù con Dori, la sua compagna, e io ho conosciuto De André che era venuto a casa mia! Ero allibito, perché secondo me era un incontro della madonna, qualcosa di sacro...

 

Ci siamo frequentati per un periodo bellissimo, sono andato a casa sua tante volte. Per me è stato sempre un punto di riferimento assoluto, anche oggi io scrivo pensando sempre a lui. Sento che è il mio Nobel personale. Quando mi ha riconosciuto come artista ero così intimidito che stavo letteralmente per inginocchiarmi davanti a lui, invece mi ha fatto un cenno, come a dire: "Ma cosa fai?".

 

VASCO ROSSI E I LAVORI SULLA TRATTA FERROVIARIA TARANTO-METAPONTO

E si è messo immediatamente al mio stesso livello, da pari a pari. È stato lui quello che ha rotto di più gli schemi secondo me, quello che per la prima volta diceva le cose veramente chiare nel panorama musicale italiano, oltre che dirle in modo bellissimo musicalmente. Mi ha aperto un mondo nuovo, la capacità di capire le cose, di vederle da un altro punto di vista.

 

Capacità critiche, di meditazione profonda. È stato anche il primo che mi ha fatto comprendere che potevo anche non essere d'accordo con ciò che lui stesso diceva. La disobbedienza intellettuale: l'autocritica l'avevo imparata col teatro, la critica da lui. Era un passo fondamentale che non avevo mai considerato possibile prima: mettere in discussione anche i tuoi maestri...».

 

 

 

vasco rossivasco rossi i magnifici 7. vasco rossi roberto gualtieri VASCO ROSSI E I LAVORI SULLA TRATTA FERROVIARIA TARANTO-METAPONTO

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