VOGLIAMO DARE O NO ’STI MISSILONI A ZELENSKY? A LONDRA I VOLENTEROSI HANNO DECISO LA CONSEGNA DI NUOVE ARMI ALL’UCRAINA, PER METTERE PRESSIONE A PUTIN E COSTRINGERLO A SEDERSI AL TAVOLO DEI NEGOZIATI – IL NODO RESTANO I MISSILI A LUNGA GITTATA PER COLPIRE BERSAGLI IN TERRITORIO RUSSO: MACRON E STARMER SONO PRONTI A SPEDIRLI A KIEV, MENTRE GIORGIA MELONI È CONTRARIA – LA CHEERLEADER TRUMPIANA ASPETTA CHE “THE DONALD” PRENDA UNA POSIZIONE CHIARA, DOPO LA FRENATA SU TOMAHAWK STATUNITENSI PROMESSI A ZELENSKY – LA STATISTA DELLA SGARBATELLA È DUBBIOSA ANCHE SULL’UTILIZZO DEGLI ASSET RUSSI CONGELATI PER LA RICOSTRUZIONE DELL’UCRAINA. E LUNEDI’ INCONTRERA’ ORBAN…
1. SANZIONI, FONDI E PIÙ ARMI I VOLENTEROSI SFIDANO PUTIN
Estratto dell’articolo di Marco Bresolin per “La Stampa”
riunione dei volenterosi a londra con volodymyr zelensky
Consegnare più armi all'Ucraina, inclusi i missili a lungo raggio per permettere all'esercito di Volodymyr Zelensky di colpire gli obiettivi strategici in territorio russo. Allargare la platea dei Paesi aderenti al progetto per finanziare un prestito a Kiev attraverso l'uso degli asset finanziari di Mosca congelati, coinvolgendo il Regno Unito e – se possibile – anche la Norvegia. E intensificare le sanzioni nel settore petrolifero per «tagliar fuori» la Russia dal mercato energetico globale.
Sono le tre carte che la Coalizione dei Volenterosi intende giocare per costringere Vladimir Putin a sedersi al tavolo negoziale, anche se ovviamente la differenza potrà farla soltanto il jolly Donald Trump. Che in questo momento sembra essere della partita, ma domani chissà.
VERTICE ALLA CASA BIANCA CON DONALD TRUMP VOLODYMYR ZELENSKY E I VOLENTEROSI
Gli oltre trenta Paesi che sostengono Kiev si sono ritrovati ieri per una nuova riunione in formato ibrido: alcuni sono andati fisicamente a Londra per sedersi accanto a Zelensky e al padrone di casa Keir Starmer. Altri hanno invece preferito partecipare da remoto.
A differenza delle precedenti riunioni, questa volta il fulcro della discussione non è stato il ruolo da giocare nella fase post-conflitto [...] bensì la strategia da adottare per «fare pressioni sulla Russia» proprio nel momento in cui – secondo il segretario generale della Nato, Mark Rutte – «Putin sta perdendo soldi, truppe e idee».
vladimir putin donald trump anchorage alaska 3 foto lapresse
L'olandese è appena tornato dalla missione a Washington e ha dato garanzie sulla solidità dell'asse euroatlantico, ma proprio nelle scorse ore è arrivato negli Stati Uniti Kirill Dmitriev, il rappresentante di Putin per la cooperazione economica all'estero. Oggi incontrerà a Miami l'inviato speciale della Casa Bianca, Steve Wiktoff e altri rappresentanti dell'amministrazione americana.
Dopo la cancellazione del summit Putin-Trump a Budapest e dopo il fallimento del dialogo tra il segretario di Stato americano, Marc Rubio, e il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, i due inviati si incontreranno per capire se ci sono margini per far ripartire un processo bruscamente interrotto.
In questo contesto, l'iniziativa di Londra è vista come fumo negli occhi dal Cremlino, con Dmitriev che ha denunciato «il tentativo dei Paesi europei, compresa la Gran Bretagna, di far fallire ogni dialogo diretto tra il presidente Putin e il presidente Trump».
Ma secondo Starmer, «Putin è l'unica persona che non vuole far finire la guerra in Ucraina», il fronte europeo è «più che mai unito» nel sostenere Kiev e «sta con Trump». Zelensky ha detto agli alleati di respingere «qualsiasi presunto di scambio di territori che premi l'aggressore o incoraggi future aggressioni».
Per questo è tornato a chiedere missili a lungo raggio perché «per portare Putin al tavolo negoziale bisogna fargli soffrire delle perdite sul territorio». Inoltre, ha scandito che l'intento del Cremlino è di innescare «un disastro umanitario in Ucraina questo inverno».
Starmer ha bollato come «ridicole» le richieste di Putin sui territori, mentre il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato che fornirà all'Ucraina i caccia Mirage e altri missili di difesa aerea Aster. Starmer ha spiegato che sono in corso discussioni sulla fornitura di missili a lungo raggio, senza però entrare nei dettagli.
Rutte ha messo le mani avanti dicendo che la decisione sull'eventuale consegna dei Tomahawk spetta agli Stati Uniti, anche se giovedì, al vertice di Bruxelles, Zelensky aveva ricordato che alcuni Paesi europei ne sono dotati.
EMMANUEL MACRON E VOLODYMYR ZELENSKY - VERTICE DEI VOLENTEROSI A PARIGI
Sul fronte del sostegno all'Ucraina, il riferimento esplicito all'utilizzo degli asset finanziari russi, sparito dal testo di conclusioni del Consiglio europeo, è invece entrato in quello della Coalizione dei Volenterosi, firmato dai co-presidenti Macron e Starmer. Nel documento c'è infatti un passaggio che sottolinea l'intenzione di «elaborare opzioni per utilizzare l'intero valore dei beni sovrani russi immobilizzati» e che questo «dovrebbe essere in aggiunta ai flussi già esistenti di aiuti militari bilaterali, che non diminuiranno».
Ursula von der Leyen ha confermato che la Commissione presenterà «opzioni» per finanziare il prestito a Kiev e il premier britannico si è detto della partita. L'eventuale ingresso del Regno Unito potrebbe servire a rassicurare alcuni Paesi, incluso il Belgio, che insistono per una maggiore condivisione degli oneri. [...]
IL GOVERNO RIBADISCE IL VETO ALLA LUNGA GITTATA. LUNEDÌ ORBÁN DA MELONI
Estratto dell’articolo di Ilario Lombardo per “La Stampa”
Dodicesimo pacchetto. Era nell'aria da giorni, una notizia che attende però una conferma ufficiale: l'Italia procederà nella consegna di nuovi aiuti militari all'Ucraina. Nuove forniture, come sempre classificate, ma che, stando ad alcune indiscrezioni poi rilanciate dall'agenzia Bloomberg, avrebbero dovuto contenere munizioni o componenti delle batterie anti-missile Samp-T che si trovano già nella disponibilità della resistenza ucraina.
Un'ipotesi che il ministero della Difesa smentisce «in modo netto e categorico». In realtà, da quanto risulta a La Stampa, dietro la frenata del governo ci sarebbe una bassa disponibilità. Per questo motivo, verrebbe lasciata alla Francia la responsabilità della dotazione dei missili difensivi necessari a Kiev.
putin e trump ad anchorage, alaska. foto lapresse
Lungo tutta la giornata di ieri, il principale interrogativo sull'Italia è stato però su ben altro tipo di missili. E cioè ha riguardato quelli a lungo raggio consegnati oltre un anno fa agli ucraini. Non è chiaro se Giorgia Meloni, videocollegata da Roma con i Volenterosi riuniti a Londra assieme al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, abbia ricevuto una richiesta diretta sull'utilizzo dei missili anche per colpire bersagli in territorio russo. Quello che sappiamo, e ci viene confermato da fonti della Difesa e diplomatiche, è che il governo non ha intenzione di modificare il proprio indirizzo politico.
GIORGIA MELONI VOLODYMYR ZELENSKY
Nell'estate del 2024, l'Italia ha inviato all'Ucraina una partita di missili Storm Shadow con gittata da 300 km. Furono fonti ucraine, nello specifico Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente, a svelare il contenuto secretato, quando chiese apertamente il permesso di usare quei missili.
Il governo disse di no, comunicando informalmente i motivi: e cioè che avrebbero potuto usarli solo in Ucraina, nel Donbass, per difendersi dall'aggressione di Mosca. Ma non in Russia.
[...] Anche Zelensky, scottato dalla frenata di Donald Trump sui Tomahawk inizialmente promessi, ha esortato gli europei a fare uno sforzo in più in questa direzione. Lo ha detto rivolgendosi ai leader riuniti nel Consiglio europeo di giovedì a Bruxelles e lo ha ripetuto ieri: «Queste armi a lungo raggio non sono solo negli Stati Uniti, anche alcuni Paesi europei ne dispongono, compresi i Tomahawk, e stiamo già parlando con i Paesi che possono aiutare», aveva detto due giorni fa.
Non è escluso che ne abbia discusso anche con Meloni durante il bilaterale, a margine del summit europeo. La posizione di Roma, però, almeno per ora e almeno ufficialmente, non cambia.
GIORGIA MELONI E DONALD TRUMP AL VERTICE DI SHARM EL-SHEIKH
Dopo l'attacco a un impianto chimico di Bryansk condotto con Storm Shadow britannici, autorizzare i target in Russia in profondità è considerato un impegno di deterrenza molto efficace per contenere l'aggressione del Cremlino e fare pressione su Vladimir Putin, nella speranza di convincerlo ad accettare le condizioni di Trump. Il ruolo della Casa Bianca è il punto su cui insiste Meloni.
Nel suo collegamento con i Volenterosi, la premier ha ribadito «l'importanza dell'unità tra le due sponde dell'Atlantico nel perseguire un cessate il fuoco da cui avviare» trattative «credibili». Meloni sostiene la strategia di Trump «di partire dall'attuale linea di contatto». Congelare il conflitto, insomma, e riavviare i colloqui, ma questa volta senza «farsi prendere in giro» da Putin. La sua «persistente indisponibilità», sostiene la premier, ha costretto l'Europa a introdurre nuove sanzioni.
foto di gruppo vertice alla casa bianca con zelensky e i leader europei foto lapresse
Anche su questo ruoterà il confronto con Viktor Orbán, atteso lunedì a Palazzo Chigi. Meloni punta a esercitare il suo ascendente sull'ungherese: il canale diretto costruito negli anni e quella funzione di "ponte" che le riconosce von der Leyen, ogni volta che si tratta di ammorbidire il leader magiaro. Stavolta il compito è più complesso: poche ore fa, parlando alla radio ungherese, Orbán ha annunciato di voler «aggirare» le sanzioni occidentali contro le compagnie petrolifere di Mosca.
Intanto, a Bruxelles non c'è stata la decisione finale sugli asset russi congelati, che buona parte dei Paesi Ue vorrebbe destinare agli ucraini per la ricostruzione. Altro argomento riemerso ieri a Londra: Meloni resta dubbiosa, non la convince il fatto che ci siano diverse problematiche giuridiche e finanziarie, a partire dal fatto che verrebbe chiesto ai singoli Stati di assicurare l'impegno attraverso precise garanzie, il che significa altri miliardi che verrebbero immobilizzati.
volodymyr zelensky e giorgia meloni conferenza per la ricostruzione dell ucraina foto lapresse
Rimane anche da chiarire se l'Italia aderirà – come sembra – al programma Purl, il meccanismo che in ambito Nato prevede la partecipazione all'acquisto di pacchetti di armi made in Usa da girare a Kiev. Su questo, la premier ha preso tempo, anche se dopo il forte pressing di Trump e del segretario della Nato Mark Rutte, è stata data una disponibilità di massima rispetto al no iniziale della scorsa estate.




