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DAGOREPORT – GIORGIA MELONI HA GLI OCCHI PUNTATI SULLA TOSCANA! NELLA REGIONE ROSSA SARÀ CONFERMATO EUGENIO GIANI, MA ALLA DUCETTA INTERESSA SOLO REGISTRARE IL RISULTATO DELLA LEGA VANNACCIZZATA – SE IL GENERALE, CHE HA RIEMPITO LE LISTE DI SUOI FEDELISSIMI E SI È SPESO IN PRIMA PERSONA, OTTENESSE UN RISULTATO IMPORTANTE, LA SUA PRESA SULLA LEGA SAREBBE DEFINITIVA CON RIPERCUSSIONI SULLA COALIZIONE DI GOVERNO – INOLTRE ZAIA-FEDRIGA-FONTANA SONO PRONTI A UNA “SCISSIONE CONTROLLATA” DEL CARROCCIO, CREANDO DUE PARTITI FEDERATI SUL MODELLO DELLA CDU/CSU TEDESCA - PER LA MELONI SAREBBE UNA BELLA GATTA DA PELARE: SALVINI E VANNACCI POTREBBERO RUBARLE VOTI A DESTRA, E I GOVERNATORI IMPEDIRLE LA PRESA DI POTERE AL NORD...

DAGOREPORT

GIORGIA MELONI E MATTEO SALVINI

L’unica cosa certa in Italia è che nulla è certo. Gli scenari politici cambiano a ogni soffio di vento e Giorgia Meloni, nonostante l’apparente posizione di forza e serenità dovuta alla doppia vittoria alle regionali, nelle Marche e in Calabria, coltiva una forte preoccupazione.

 

I suoi timori non derivano dall’opposizione al semolino di Elly Schlein e Giuseppe Conte, troppo impegnati a sventolare bandiere palestinesi per impensierirla, quanto a ragioni "interne": è nella sua coalizione che il diavolo mette lo zampone.

 

In particolare, ad agitare la cofana bionda della “sora Giorgia” è la Lega.

Domenica, la Meloni sarà molto attenta al risultato del Carroccio alle regionali in Toscana: non che speri di ribaltare un risultato praticamente certo (la regione rossa non è contendibile e resterà in mano al “Biden del Lungarno”, Eugenio Giani), ma controllerà con il bilancino e la calcolatrice il reale impatto elettorale del generale Vannacci.

 

EUGENIO GIANI ELLY SCHLEIN

Da quello che succederà a Firenze, infatti, dipendono le sorti della Lega, e di conseguenza del Governo.

 

L'ex parà ha di fatto commissariato le liste in Regione: la Toscana è la regione dove risiede, e sta facendo una campagna elettorale in prima persona, con video sui social, ospitate tv e eventi sul territorio.

 

Una mobilitazione imponente, da “padrone”: ha presenziato al “Remigration summit” di Livorno insieme a due esponenti di Afd, ha scelto i candidati, commissariato sezioni e preso le decisioni sulle liste, imposto i suoi uominii (i fedelissimi, estranei alla Lega, sono almeno sette: Andrea Vasellini, Cinzia Garofalo, Elisa Brinchi Giusti, Emanuele Baroli, Massimiliano Simoni, Tommaso Villa e Cristiano Romani).

 

roberto vannacci

Certo, la partita è ardua, ma come scrive Francesco Bei su “Repubblica”, “Vannacci è Vannacci, incontenibile. L'ultima è stata la battutona contro due donne dirigenti del Pd locale e la foto fatta a piazza della Passera: ‘Qua di sicuro non verranno’.

 

Chissà se il machismo e lo strizzare l'occhio alla Decima Mas faranno breccia”. Forse no, in una regione dove ancora le persone frequentano le case del popolo e le feste dell’Unità.

 

Ma i voti che prenderanno i vannacciani, più di quelli incassati da Eugenio Giani, tormentano Giorgia Meloni. Un’affermazione importante dell’ex parà significherebbe che il suo peso all’interno della Lega crescerebbe ancora di più. Con due conseguenze.

 

La prima potrebbe portare a una “scissione controllata” del Carroccio, a cui lavorano ormai da tempo i governatori del Nord.

 

luca zaia matteo salvini massimiliano fedriga attilio fontana

Gli insofferenti Zaia, Fedriga e Fontana, che da anni vengono pompati dai giornali come grandi oppositori di Salvini, non hanno mai avuto il coraggio di lanciare un guanto di sfida al segretario. La vannaccizzazione definitiva del partito sarebbe però impossibile da digerire.

 

L’idea che balena nelle teste dei “moderati” del nord è di creare un partito “locale” da “federare” con la Lega nazionale sotto un unico simbolo, sull’esempio di Cdu e Csu in Germania, dove la prima ha una copertura nazionale, e la seconda è limitata alla regione più ricca e importante, la Baviera.

 

roberto vannacci matteo salvini meme by edoardo baraldi

A spingere verso la separazione sono anche mere esigenze “personali”. Luca Zaia, che ormai non rivolge più la parola a Salvini e non si può ricandidare in Veneto, non correrà con una sua lista e sta cercando di darsi una nuova veste.

 

Come lui, anche il lombardo Attilio Fontana e il friuliano Massimiliano Fedriga, entrambi al secondo mandato e a "fine carriera" come amministratori locali (si vota nel 2028 e la Lombardia è già stata “assegnata” a Fratelli d’Italia da un accordo tra Salvini e Meloni).

 

I tre caballeros padani saranno a spasso tra non molto e il partito svolta pericolosamente a destra. Ecco che lo “spacchettamento” diventa un’opzione gradita a tutti, con i governatori a gestire ciò che resta della vecchia Lega bossiana, fedele espressione del territorio padano, e Salvini e Vannacci liberi di attovagliarsi con Le Pen, Afd e tutti i fascio-puzzoni europei che vogliono.

 

MASSIMILIANO ROMEO E MATTEO SALVINI

La seconda conseguenza tocca gli equilibri del centrodestra.

 

Per Giorgia Meloni, infatti, non sarebbe uno scenario piacevole un Carroccio-bifronte. Soprattutto perché la Lega "di destra", by Salvini e Vannacci, potrebbe rubare voti a Fratelli d'Italia. 

 

Le posizioni filo-russe e anti-Ue dei due dioscuri sovranisti, inoltre, verrebbero portare all'estremo diventando sempre più scomode e difficili da gestire per la premier, pro-Zelensky e alleata di Ursula von der Leyen.

 

Inoltre, la Lega "del territorio", rafforzata da una guida autorevole del trio Zaia-Fedriga-Fontana, diventerebbe un argine rognoso per le ambizioni di potere di Fratelli d'Italia nel nord.

 

Andrea Vasellini con Roberto Vannacci

Oggi, con Salvini come sparring partner, Giorgia Meloni era nella posizione di forza di “concedere” il candidato alla Lega (correrà Alberto Stefani), con la promessa di ottenere la Lombardia nel 2028. Ma cosa accadrà un domani, se la "Csu lombardo-veneta", molto radicata sul territorio e con un consenso bulgaro, si opponesse alla calata dei "barbari della Garbatella"?

 

Se varrà ancora il principio del “chi ha più preferenze esprime il candidato”, tutto sarebbe in discussione.

 

massimiliano romeo congresso regionale lega lombarda foto lapresse

Al netto dei risultati, per Giorgia Meloni c’è la solita lezione da imparare: per governare, e farlo bene, bisogna allargare, e non restringere; spartire, e non pretendere tutto per sé, per di più con arroganza.

 

Come le ricorda, maliziosamente, il segretario della Lega lombarda, Massimiliano Romeo: “Quando il centrodestra era guidato da Silvio Berlusconi, e in Lombardia si concluse l'esperienza di governo di Roberto Formigoni, la Lega aveva percentuali basse: nonostante questo, Berlusconi comprese che per tenere unito il centrodestra era necessario ascoltare la Lega, e diede il via libera a Maroni in Lombardia e Zaia in Veneto […]». A buon intenditor…

 

 

 

LUCA ZAIA E ALBERTO STEFANI

ZAIA, NON C'È LISTA CIVICA E VEDREMO PER CORRERE CON LA LEGA

(ANSA) - VENEZIA, 09 OTT - "La lista civica non c'è, questo penso sia ormai un dato concreto che è assodato. Dopodiché vedremo di capire come decideremo di fare la corsa con la lista della Lega". Lo ha detto il presidente del Veneto, Luca Zaia, a margine di un evento a Marghera (Venezia).

 

Per quanto riguarda la candidatura nella lista, spiega Zaia, "non sono nelle condizioni di dirvi come sarà la mia corsa, se la farò. C'è solo da attendere qualche giorno".

 

roberto vannacci claudia conte 3

A questo proposito, il presidente uscente afferma di non essere a conoscenza del fatto che l'accordo nel centrodestra sul nome di Alberto Stefani preveda che il suo nome non compaia sul simbolo della Lega: "Ho letto anche io agenzie ma non so nulla di questo, considerato che siamo nella fase ancora di capire se farò il capolista o no".

 

ZAIA, SU STEFANI ACCOLTA LA NOSTRA ISTANZA

(ANSA) - VENEZIA, 09 OTT - "È stata accolta la nostra istanza, quindi Alberto Stefani sarà il nuovo candidato presidente. Io gli darò una mano, è ovvio. Si farà bene nella linea della continuità". Lo ha detto il presidente del Veneto, Luca Zaia, commentando a margine di un evento a Marghera (Venezia) l'ufficializzazione della candidatura di Stefani alla sua successione.

 

Sulle tensioni tra alleati a Milano, Zaia non si sbilancia: "Ho letto qualche notizia, si cercherà poi di capire quale sarà la decisione finale. Ovvio che io sostengo sempre la Lega e basta". Sul candidato successore il presidente uscente sottolinea: "Stefani non ha bisogno di consigli.

 

meme luca zaia giorgia meloni

È una persona che sa ascoltare, ma io non ho mai creduto al Grande Fratello. Sono stato presente in Provincia, non sono più entrato in Provincia dopo la mia uscita.

 

Idem col ministero e idem farò qui, nel senso che se non ho coinvolgimento con cariche trovo assurdo che ci sia qualcuno che è convinto da fuori di governare. È una roba anche meschina. Non l'avrei accettato io, non capisco perché qualcuno lo debba accettare".

 

SIMBOLO LEGA SENZA ZAIA IN VENETO, TENSIONE SU LOMBARDIA

Paolo Cappelleri per l’ANSA

 

Il futuro di Luca Zaia e, guardando avanti, quello della Lombardia. Il centrodestra ha chiuso la partita dei candidati alle Regionali ma restano aperti nodi rilevanti, soprattutto nella Lega. Perché l'accordo siglato da Giorgia Meloni e Matteo Salvini, che ha dato il via libera all'ufficializzazione del leghista Alberto Stefani come front man della coalizione in Veneto, ha almeno due postille con effetti non banali.

claudio fidanza (2)

 

La prima riguarda il nome di Zaia nel simbolo della Lega per le elezioni del 23 e 24 novembre. Fino a ieri pomeriggio doveva contenere quelli di Salvini e del governatore uscente. Alla fine potrà esserci solo il primo.

 

La condizione posta da Meloni non è solo simbolica ma decisamente politica. E non ha fatto piacere a Zaia: dopo essere stato convinto dagli alleati ad accantonare la lista civica personale, era capolista in pectore della Lega, ma ora anche questo scenario non è certo. "Non sono nelle condizioni di dire come sarà la mia corsa, se la farò - ha spiegato -. C'è da attendere qualche giorno".

 

Per il Doge resta la possibilità di entrare alla Camera al posto di Stefani, ma le suppletive, si ragiona in Parlamento, non saranno prima di maggio. FdI non avrebbe preclusioni sulla scelta del governatore uscente come presidente del Consiglio regionale.

 

GIORGIA MELONI - EDMONDO CIRIELLI

Altrimenti anche quella poltrona potrebbe andare a un esponente del partito della premier, che nell'accordo stretto a Palazzo Chigi si è già assicurata vicepresidenza della giunta e almeno 5 assessorati: Agricoltura, Bilancio, Sanità, Lavori pubblici e Formazione-istruzione. Quattro posti andranno al partito di Salvini e uno a FI. "Insomma - notano i meloniani -, la Lega avrà il presidente ma noi la giunta".

 

L'altro risvolto dell'intesa sulle Regionali riguarda la Lombardia. Salvini ieri ha spiegato che il candidato sarà espresso "dal partito con il più recente maggior peso elettorale" nella regione "precedente le elezioni". E oggi ha ribadito che "se FdI sarà il primo partito, ha tutto il diritto di rivendicare la guida".

 

MASSIMILIANO ROMEO A UN GIORNO DA PECORA

L'idea più accreditata da FdI è che si terrà conto delle Europee del 2024 (FdI 31,7%, Lega 13%) se la Lombardia dovesse andare al voto con un anno d'anticipo, nel 2027, insieme alle Politiche. Per uno dei suoi fedelissimi il leader leghista ha optato per il "meglio la gallina oggi che l'uovo domani. E comunque guardiamo al 2028, c'è tempo...". Di certo c'è malumore in Lombardia, dove il segretario Massimiliano Romeo non molla: "Il candidato sarà nostro". E ne fa una questione "non di voti ma di radici: se dovessimo perdere la guida della Regione, la Lega rischierebbe di perdersi".

 

Una carta di FdI è Carlo Fidanza, ma circola anche il nome di Ettore Prandini, che fra tre anni chiuderà il secondo mandato alla guida di Coldiretti. Un erede che non dispiacerebbe all'attuale governatore Attilio Fontana, dicono i leghisti. Da FdI silenzio e sorrisetti allusivi. Il diretto interessato smentisce "un impegno in politica" perché vuole "rispettare fino in fondo il ruolo a difesa agricoltori".

 

ROBERTO VANNACCI RICEVE LA TESSERA DELLA LEGA DA MATTEO SALVINI

Sono partite ufficialmente le campagne elettorali degli altri due candidati appena annunciati. Edmondo Cirielli, viceministro degli Esteri, di FdI, ha fatto il pieno di in bocca al lupo in mattinata alla Camera.

 

La sfida con Roberto Fico in Campania si annuncia ardua ma "lui è un mastino, se corre il suo obiettivo è vincere", assicurano i colleghi di partito.

 

A Montecitorio si è presentato anche Luigi Lobuono, l'imprenditore scelto come candidato civico per la Puglia dopo un lungo ballottaggio con l'azzurro Mauro D'Attis: per lui vertice con diversi esponenti della coalizione, tra cui il leader di FI Antonio Tajani, Francesco Lollobrigida di FdI e Riccardo Molinari della Lega.

 

Il prossimo test, intanto, sarà in Toscana, dove il centrodestra punta a eguagliare il 40% ottenuto da Altero Matteoli nel 2000 e Susanna Ceccardi nel 2020.

 

vinitaly 2025 - francesco lollobrigida luca zaia e damiano tommasi

Sullo sfondo procedono i confronti sulla legge elettorale. FdI spinge per l'abolizione dei collegi, perché "aumentano il rischio di instabilità, chiunque vinca". Pare che anche la Lega si sia convinta di questa soluzione.

 

Si punta a un proporzionale secco, ha spiegato ai suoi Tajani. Un obiettivo è il ritorno delle preferenze, anche se c'è chi spinge per avere almeno il capolista bloccato, e si discute sulla soglia di sbarramento (1% o 3%). L'unica certezza è che sarà indicato il nome del candidato premier sulla scheda. Un premierato di fatto, in attesa della riforma costituzionale, che procede a rilento.

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