daniel craig queer

"HO DATO AL PERSONAGGIO DI JAMES BOND TUTTO QUELLO CHE POTEVO" - DANIEL CRAIG DICE ADDIO ALLO SMOKING DI 007 E PARLA DEL SUO ULTIMO PROGETTO, "QUEER" DI LUCA GUADAGNINO, ADATTATO DAL ROMANZO DI WILLIAM S. BURROUGHS, IN CUI INTERPRETA UN FUGGITIVO AMERICANO DEGLI ANNI ’40 CHE SCAPPA A CITTÀ DEL MESSICO E SI INNAMORA DI UN MILITARE DELLA MARINA IN CONGEDO (ALTRO CHE BOND GIRL): "QUESTO È L'APICE DELLA MIA CARRIERA. LA DECISIONE DI CHIUDERE CON 007 È ARRIVATA QUANDO…" - VIDEO

Estratto dell'articolo di Alessandra De Tommasi per www.repubblica.it

https://www.repubblica.it/venerdi/2025/03/21/news/daniel_craig_007_luca_guadagnino_nuovo_film-424075491/?ref=RHLM-BG-P22-S1-T1

 

DANIEL CRAIG QUEER

Daniel Craig non ha dubbi: «Questo è l’apice della mia carriera». Ma chi pensa si stia riferendo alla saga di James Bond è in errore. Sta parlando invece di Queer, in sala il 17 aprile dopo la presentazione alla Mostra del cinema di Venezia. Craig, insieme al regista Luca Guadagnino e al coprotagonista Drew Starkey, in questo incontro fanno un viaggio tra i ricordi di un’esperienza umana e lavorativa «indimenticabile», parole loro.

 

L’adattamento del romanzo incompiuto di William S. Burroughs, ambientato in Messico e Sudamerica negli anni Cinquanta ma girato a Cinecittà, è un percorso sentimentale tra due uomini che cercano strade diverse nella vita. […]

DANIEL CRAIG E LUCA GUADAGNINO SUL SET DI QUEER

 

[…] Qual è stata la genesi del progetto?

Guadagnino: «A 20 anni ho preso la decisione di adattare il libro, ricostruendo il mondo dell’autore mescolandone la realtà e i suoi voli fantastici. Infatti ho parlato con il suo più grande allievo, Oliver Harris, che mi ha detto ad esempio che i ristoranti descritti come locali di Città del Messico in realtà sono quelli che Burroughs aveva visitato da ventenne in Austria. E così anch’io ho girato nella mia città natale, Palermo, i giardini botanici di Quito».

 

Dopo due film negli Stati Uniti (Bones and all e Challengers) torna in Italia. Che effetto le fa?

luca guadagnino drew starkey daniel craig - festival del cinema di venezia 2024

Guadagnino: «Di sicuro è un vantaggio essere cullato dalla tenerezza emotiva di trovarsi a casa e girare nel mio Paese, negli studi dove Federico Fellini e William Wyler, due giganti, hanno lavorato. Non ho potuto usare lo studio 5 di Cinecittà perché era occupato da colleghi, ma può succedere di tutto e incrociare ad esempio il mio buon amico Ralph (Fiennes, ndr) in abito talare che sta girando un altro progetto (Conclave, ndr).

 

Forse nel dirlo c’è un certo livello di megalomania, ma è stato divertente. Il film ha un respiro universale con un cast e una troupe proveniente da tutto il mondo che arricchisce il risultato. Confrontare i punti di vista, portare la specificità della comunità cinematografica italiana in un contesto così variegato è stato un motivo d’orgoglio per me che non ho mai in mente un tipo solo di persone o nazionalità. In questo caso eravamo inglesi, americani, tailandesi, argentini...».

daniel craig drew starkey queer

 

A proposito di grandi produzioni, Craig, com’è stato passare da 007 a una pellicola intima come questa?

Craig: «La decisione di chiudere l’esperienza con James Bond è arrivata molto prima di Queer. Ho dato al personaggio tutto quello che potevo, ho ricevuto un’opportunità incredibile e soddisfacente e sono contento che sia terminata in modo molto naturale, il prossimo capitolo sarà un nuovo inizio. E poi sono 25 anni che spero di lavorare con Luca, da quando l’ho incontrato a un party e ci ho parlato! Di solito riguardo i miei lavori e penso che avrei potuto fare meglio con un altro ciak, ma Guadagnino ci ha messo la sua magia e ne sono orgoglioso così com’è».

 

DREW STARKEY DANIEL CRAIG QUEER

[…] Guadagnino, com’è stato lavorare con Daniel Craig?

Guadagnino: «Daniel, se posso dirla tutta, è come scolpito nella celluloide, in modo raro che ho capito fin da quando l’ho visto sullo schermo in Love is the Devil (nel film del 1988 interpretava George Dyer, modello e amante di Francis Bacon, ndr). Solo chi ha questa iconicità narcisistica può reggere il silenzio sullo schermo, che – come dice lui – non è assenza di parole, ma profondità di significato».

 

Craig: «Nella scena in cui Lee prende l’eroina c’è infatti un lunghissimo momento in cui rimbomba quasi questo immenso silenzio, che in realtà è un suono enorme perché non si parla ma non vuol dire che la mente sia vuota dai pensieri».

 

DREW STARKEY DANIEL CRAIG QUEER

[…]  Craig: «Permettetemi di capovolgere la domanda e raccontare cosa si prova a lavorare con Luca, un regista raro che sa quello che vuole ma ci tiene ad ascoltare opinioni differenti, vuole fare meglio, creare più meraviglia e questa è la vera sfida stimolante sul suo set. Ti fa sentire al sicuro, in una posizione protetta e intima. Quello che ricordo è l’eccitazione di quei momenti, il turbinio di emozioni, l’energia travolgente di quel periodo, la collaborazione che richiede poche direttive e fa sentire ciascuno al posto giusto».

 

È stato importante il contesto storico del romanzo?

DANIEL CRAIG QUEER

Guadagnino: «Fondamentale, direi. Con Burroughs ho scoperto la Beat Generation da adolescente, ho avuto il mio “battesimo”, se così si può dire, in un contesto culturale audace, coraggioso e sfrontato con scrittori come Jack Kerouac, Peter Orlovsky e Allen Ginsberg. Tutti loro giocavano con le parole in uno stile del tutto nuovo di letteratura.

 

L’idea di una generazione che dopo la Seconda guerra mondiale in qualche modo si ribellasse ai valori morali imperanti era provocatoria e mi intrigava. Per me voleva dire avere uno spirito capace di arrendersi alle emozioni più primitive, senza che fossero cristallizzate nel tempo come una storia in costume, ma qualcosa in costante movimento».

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