libro recanatesi

CAFONALINO - DAL REGISTA MARCO TULLIO GIORDANA A MARIO SCONCERTI, DA CORRADO AUGIAS A LUCIA ANNUNZIATA: TUTTI NEL SALONE DELLA FIEG A ROMA PER LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI FRANCO RECANATESI SULLA STORIA DEI PRIMI 10 ANNI DI REPUBBLICA - I LITIGI PANSA-BOCCA, I CAPRICCI DI BIAGI, IL PIANTO DELLA ASPESI, GLI SCHERZI DI GUZZANTI. E QUELLA VOLTA CHE SCALFARI, IN LACRIME, CHIESE AIUTO A BEETHOVEN - GIORDANA: “UNA STORIA CHE MERITEREBBE UN FILM”

Foto di Luciano Di Bacco per Dagospia

 

Da “www.affaritaliani.it”

franco recanatesi col suo librofranco recanatesi col suo libro

«Il nostro obiettivo è superare nelle vendite ilCorriere della Sera».Quando, nell'autunno del 1975, Eugenio Scalfari annuncio che la sua nave pirata prossima al varo, battezzata la Repubblica,avrebbe battagliato con l'incrociatore di via Solfe­rino che da un secolo solcava i mari indisturbato, fu accolto da risolini di scherno. E invece... Questa è la storia di un quotidiano che dopo appena un­dici anni — esempio unico al mondo — ha toccato il primato delle vendite nel proprio Paese.

marco tullio giordano lucia annunziatamarco tullio giordano lucia annunziata

 

L'appas­sionante testa a testa fra i due grandi giornali — che da allora non si è mai arrestato — si svolge paralle­lamente a una delle fasi storiche più tumultuose e drammatiche conosciute dall'Italia, segnata da terrorismo, scandali epocali, furiose battaglie ci­vili e politiche.

 

Mentre la Repubblica compie quarant'anni, un giornalista che nel quotidiano di piazza Indi­pendenza ha ricoperto ogni ruolo racconta quella straordinaria avventura. Partendo da lontano: il felice incontro fra i due protagonisti, Eugenio Scal­fari e Carlo Caracciolo, la passione per la carta stampata, il tentativo di coinvolgere Montanelli, lino alla realizzazione del grande sogno cullato per oltre vent'anni.

 

mario sconcertimario sconcerti

Dalla complicata gestazione alla volata verso il milione di copie. Il clima eccitato, teso e goliardico della redazione, ma anche i tormenti e i contralti, gli amori e i tradimenti. Le minacce bri­gatiste. Le vicende pubbliche e private dei suoi più celebri giornalisti: i litigi Pansa-Bocca, i capricci di Biagi, il pianto della Aspesi, gli scherzi di Guzzanti, le fughe di Forattini e Terzani. E quella volta che Scalfari, in lacrime, chiese aiuto a Beethoven...

 

 

Prefazione di Eugenio Scalfari tratta dal libro di Franco Recanatesi “La mattina andavamo in Piazza Indipendenza”

 

La storia che questo libro di Franco Recanatesi racconta riguarda il giornale la Repubblica, da me studiato dal 1970 e poi realizzato nel gennaio del 1976. Questo racconto non arriva fino a oggi, finisce anzi molto prima, quando dopo un appassionante inseguimento raggiungemmo e poi per la prima volta superammo ilCorriere della Sera. Lì il libro si ferma.

mario sconcerti saluta corrado augiasmario sconcerti saluta corrado augias

 

È evidente che non poteva né si proponeva di arrivare fino a oggi: quarant'anni di vicende editoriali e di mutamenti radicali in Italia, in Europa e nel mondo intero; la nascita di sofisticatissime tecnologie, d'una gioventù completamente diversa da quella d'un tempo e so­prattutto d'una società globale che ha abolito le chiusure geopoliti­che tra le varie parti del pianeta, se non altro nelle comunicazioni, negli scambi scientifici, sociali, politici, economici.

 

libro presentatolibro presentato

Tutto ciò non rientrava nell'ottica d'un racconto di vicende delle quali Recanatesi e stato uno degli attori di prima fila. La sua e dunque una testimo­nianza, valida proprio in quanto tale e dunque molto soggettiva, unitamente a quelle raccolte dall'autore dagli altri protagonisti della vicenda.

 

Questo e il vero valore del libro, e come tale merita adegua­to apprezzamento.

Recanatesi ricorda e sottolinea anche un punto poco noto all'at­tuale pubblica opinione: il quotidiano la Repubblica non fu pensato da me e da un ristretto gruppo di collaboratori (tra i quali ha sempre primeggiato Carlo Caracciolo) nel 1970, ma nei primi anni Cinquan­ta del secolo scorso, da me e da Arrigo Benedetti che conobbi a Milano nel 1950 quando ancora dirigeva il settimanale l'Europeo da lui fondato nel '47. Abitavo in quegli anni a Milano dove lavoravo alla Banca Nazionale del Lavoro.

 

lucia annunziata corrado augiaslucia annunziata corrado augias

Collaboravo al Mondo di Mario Pannunzio, dove il mio primo articolo apparve nel 1949. Trasferito a Milano conobbi subito Benedetti cui ero stato presentato da una lettera di Pannunzio. Diventammo amici in poco tempo e dopo un anno Arrigo mi affidò una rubrica di economia. Mi insegno a scrive­re, Arrigo, con uno stile da giornalista che si rivolgeva a un vasto pubblico di lettori, mentre il Mondo di Pannunzio di lettori ne aveva assai pochi. Era un settimanale di grande qualità mentre i lettori dell'Europeoerano centinaia di migliaia. La prosa giornalistica dell'uno era dunque assai diversa da quella dell'altro e fu proprio in quegli anni che io acquistai uno stile che Integra l'uno con l'altro.

 

Dopo questa iniziale premessa vengo al fatto, che Recanatesi ri­costruisce nei dettagli: Arrigo pensava da tempo di fondare un gior­nale quotidiano. Quell'idea lo affascinava e comincio a discuterne con me. Una discussione che durò mesi e fu molto positiva. L'idea portante era una vera e propria rivoluzione editoriale: abolizione della cosiddetta "terza pagina" e trasferimento della cultura al cen­tro del giornale; nuovi caratteri tipografici per i titoli, le prime pagi­ne dedicate a fatti di grande importanza, qualunque ne fosse la na­tura: fatti di politica interna o internazionale o di cronaca o di costu­me o di sport. E, oltre a questa, altre "rivoluzioni" che ometto ma che configuravano un quotidiano del tutto nuovo.

enrica e donata scalfarienrica e donata scalfari

 

Dire anche che nel 1954 Rizzoli acquisto dall'editore Mazzocchi l'Europeo, e licenzio Benedetti per divergenze di Linea politica; Arri­go decise di trasferirsi a Roma e io ne seguii l'esempio. Fu allora che l'idea d'un giornale quotidiano prese corpo.

 

Lo proponemmo ad Adriano Olivetti e a Enrico Mattei, capo dell'Eni. Speravamo che i due si mettessero d'accordo. Invece non fu cosi. Mattei aveva accet­tato la proposta del quotidiano, ma Olivetti finanziariamente non ce la faceva e ci propose di trasformare il nostro progetto in un settimanale. Noi preferimmo avere come proprietario Olivetti e così nac­que nell'ottobre del 1955 l'Espresso. Mattei non rinuncio però alla proposta di fare un quotidiano e lo realizzo adottando in pieno il nostro progetto; cosi, nella primavera del '56, vide la Luce il Giorno, che fu un successo notevole e forme i migliori giornalisti, molti dei quali vennero poi a Repubblica. Per concludere: il quotidiano del quale Recanatesi racconta i primi dodici anni di storia era in realtà nato sedici anni prima.

 

Recanatesi parla poi della nascita di Repubblica che, pur citando la nostra idea iniziale di tanti anni prima, era tuttavia condizionata dalla relativa scarsità di mezzi finanziari disponibili. I finanziatori­-proprietari di Repubblica erano due: il Gruppo Espresso e la Mon­dadori che all'epoca era proprietà della famiglia Mondadori, guida­ta dal vecchio Arnoldo il quale aveva da tempo ceduto i poteri al figlio maggiore e al genero Formenton.

 

invitati alla presentazione libro di franco recanatesiinvitati alla presentazione libro di franco recanatesi

I capitali disponibili erano 5 miliardi di lire, "fifty-fifty". Secondo i miei calcoli erano sufficienti a raggiungere il punto di pareggio entro tre anni, con una vendita prevista di 120mila copie. Se questo obietti­vo non fosse stato raggiunto, l'editore — cioè noi e Mondadori — avreb­be chiuso il giornale e licenziato i redattori.

 

Queste notizie furono da me annunciate nella prima assemblea di redazione e accettate.

stefano mignanegostefano mignanego

Purtroppo, e Recanatesi lo ricorda, le nostre vendite si fermaro­no per due anni intorno alle 100.000 copie e non riuscivano ad an-dare oltre, sicché lo spettro d'una chiusura si fece più concreto. Ma nel terzo anno ci fu il rapimento di Moro e poi la sua uccisione da parte delle Brigate Rosse. Quest'evento e la nostra scelta politica della "fermezza" contro le Br, porto Repubblica al punto di pareggio e poi ben oltre fino a raggiungere ilCorriere della Sera e a superarlo. Ma qui non vado oltre e lascio i lettori alla densa e interessante pro­sa di Franco, al quale faccio i miei complimenti e auguri per il libro che ha scritto.

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