maria denis visconti koch

LUCHINO VISCONTI DI…MERDONE - 1944, IL FUTURO REGISTA DEL “GATTOPARDO” VIENE CATTURATO. LO ASPETTA IL CARCERE FASCISTA E LA GESTAPO, MA LA BELLISSIMA ATTRICE MARIA DENIS, INNAMORATA DI LUI DA TEMPO, VUOLE SALVARLO. SI PRESENTA DA PIETRO KOCH, IL TORTURATORE PIÙ SPIETATO DELLA POLIZIA FASCISTA, CHIEDENDOGLI COSA PUÒ VOLERE IN CAMBIO DELLA LIBERAZIONE DI VISCONTI - LA RISPOSTA DI KOCH È PIÙ CHE OVVIA. MARIA ACCETTA LA SUA CORTE, ANCHE SE DISGUSTATA E VISCONTI VIENE LIBERATO - 1946, QUANDO LA DIVA DEI TELEFONI BIANCHI VIENE TRATTENUTA PER 14 GIORNI DALLA QUESTURA DI ROMA, ACCUSATA DI ESSERE STATA L’AMANTE DI KOCH, “VISCONTI NON FECE MAI MINIMAMENTE CENNO AL FATTO CHE IO GLI AVEVO SALVATO LA VITA. LA SUA INGRATITUDINE È STATA LA MIA DELUSIONE”, SCRIVE NELLA SUA AUTOBIOGRAFIA MARIA DENIS - DURANTE LA GUERRA CIVILE CHE INSANGUINÒ L’ITALIA, DALL’APRILE DEL 1943 FINO ALL’APRILE DEL 1945, IMPERVERSÒ LA BANDA KOCH, UN GRUPPO DI SADICI AL SERVIZIO DEL FASCISMO. TRA I VARI METODI DI TORTURA ERANO IL LANCIO DELLA VITTIMA CONTRO UN MURO, DOCCE FREDDE OPPURE BOLLENTI, ABUSI SESSUALI ESEGUITI TRAMITE MANICI DI SCOPA, SCARICHE ELETTRICHE - VIDEO: L’ESCUZIONE DI KOCH FILMATA DA LUCHINO VISCONTI

Maria Denis

Estratto dal libro “Panni sporchi a Cinecittà” di Ronnie Pizzo 

Durante la guerra, Luchino Visconti viene catturato. Lo aspetta il carcere fascista, ma Maria Denis, innamorata di lui da tempo, vuole salvarlo. Si presenta dal tremendo torturatore Pietro Koch, chiedendogli cosa può volere in cambio della liberazione del regista.

 

La risposta di Koch è più che ovvia. Maria accetta, anche se disgustata. Fa quello che deve fare e Visconti viene liberato.

 

Il regista non si dà neppure la pena di ringraziarla, mentre l'attrice, oltretutto, viene trattenuta per quattordici giorni dalla questura di Roma, perché sospettata di collaborare con Koch in quanto sua amante.

 

L'INFERNO ALLA KOCH DI MARIA DENIS

estratto- https://it.wikipedia.org/wiki/Maria_Denis

 

Luchino Visconti con la madre di Duccio Trombadori

Durante la guerra, per salvare dal carcere il regista Luchino Visconti, l'attrice accettò le attenzioni del torturatore Pietro Koch. La sua relazione con Koch diede adito a sospetti sul suo conto. Il regista, che era realmente impegnato nelle attività clandestine della resistenza milanese, venne in seguito liberato, ma interruppe ogni rapporto con la Denis: in séguito negherà ripetutamente il ruolo della Denis nella sua liberazione.

 

Nel 1946, mentre stava girando il film Cronaca nera, Maria Denis venne prelevata dalla polizia e trattenuta nella questura di Roma per quattordici giorni, accusata di collaborazionismo e di essere stata l'amante di Koch, ma poi fu riconosciuta subito innocente.

Pietro Koch

 

Delusa e amareggiata, negli anni seguenti diraderà le sue apparizioni cinematografiche e, dopo una breve partecipazione al film a episodi Tempi nostri (1954) di Alessandro Blasetti, decise di ritirarsi dal cinema per dedicarsi alla famiglia, alla poesia e alla pittura.

 

Nel 1995 pubblicò una lucida quanto disincantata autobiografia, dal titolo Il gioco della verità, in cui raccontava il suo rapporto con Visconti: «Visconti non fece mai minimamente cenno al fatto che io gli avevo salvato la vita. La sua ingratitudine è stata la mia delusione più grande»

 

"IL GIOCO DELLA VERITA'": MARIA DENIS E LUCHINO VISCONTI DI MODRONE

Alberto Olivetti per il manifesto

 

«È rimasta soltanto l’emozione che provai. Uno sguardo profondo e imperioso sotto il bellissimo arco dei sopraccigli, il naso importante, leggermente arcuato. Qualcosa di improvvisamente crudele negli occhi scuri, o forse nelle labbra, non generose».

Roma nell’inverno del 1942. Mesi di guerra. «Un giorno, un giorno speciale, incontrai Luchino Visconti di Modrone. Per quanto mi sforzi, non riesco a ricordare dove avvenne, né chi c’era intorno a noi».

 

Maria Denis

Dieci anni prima, nei viali di Villa Borghese, il regista Pietro Francisci nota una sedicenne a passeggio con la madre. Nel giro di due anni la studentessa Maria Beomonte, di buona famiglia borghese, diretta da Amleto Palermi, Raffaello Matarazzo, Alessandro Blasetti, diviene una diva del cinema tra le più amate.

 

“Sono stata un’attrice famosa e, dicono, bella, col nome d’arte di Maria Denis”, scriverà in ‘’Il gioco della verità’’ (Baldini & Castoldi, 1995). «Avvertii subito il magnetismo di quell’essere. Visconti era un uomo dallo charme eccezionale, un viso bello, una vasta cultura, mai artefatta, i modi delicati. Non era possibile non lasciarsi coinvolgere». Maria ha 26 anni.

 

luchino visconti e la sorella a la colombaia

 

Una vita sentimentale sobria, fatta di indugi e di riservatezza, che non ha trovato ancora il suo esito. Si innamora di Luchino. «C’era fra noi qualcosa di unico, raro, anche se la nostra storia, chiamiamola così, poteva dirsi anomala, per nulla al mondo l’avremmo troncata».

 

Alla fine del 1943 Visconti entra nella cospirazione antifascista. Clandestino, affida alla responsabilità di Maria la sua villa di via Salaria: «Mi dette le chiavi di casa e la facoltà di ritirare soldi dalla sua banca: avrebbero potuto servire a lui o a qualcuno dei suoi compagni».

 

In marzo, Visconti viene arrestato. Maria è prelevata nella sua casa e portata alla pensione Jaccarino. Viene interrogata da «un uomo giovane, sotto i trent’anni, bruno, molto alto, occhi scaltri e pungenti con una punta di cattivo dentro; porta i baffi sopra due labbra sottili». La accusa di collaborare con le forze partigiane che hanno organizzato l’attentato di via Rasella.

maria denis

 

«Il suo amico è nelle nostre mani» le dice. E poi, rivolto all’attrice famosa e, dicono, bella, con uno scatto violento: «Una persona come lei invischiata con il Visconti! Uno capace di perversioni aberranti! Non voglio credere che lei si commuova per un uomo che disprezzo profondamente!».

 

Chi parla è Pietro Koch, il crudele capo della squadra di polizia fascista che semina il terrore a Roma. Maria è rilasciata. Da quel momento Koch la circuisce di una corte assidua. Consultatasi con la sorella di Luchino, Uberta, Maria comprende che potrebbe esercitare la sua influenza su Koch per salvare Visconti.

 

visconti2

Entra così in un gioco difficile, arduo, la posta del quale potrebbe essere terribile. Pure si dispone, per Luchino, a condurre la sua recitazione più improba. Il giovane Koch vuol mostrare di sé alla donna i lati degni, quelli che nel suo animo egli crede di conservare nobili.

 

Corteggia Maria al fine d’essere compreso, accettato da lei. Mai eccede i modi di una stereotipa galanteria. Cerca forse in quel corteggiamento un ristoro meno fittizio alle nefandezze della sua vita. Poi per attestare, con un gesto inequivocabile, la nobiltà del suo sentire, libera l’uomo per amore del quale lei ha consentito a lui di corteggiarla pubblicamente. «Visconti è salvo, le dice, l’ho fatto mettere a San Gregorio, sotto il falso nome di Guidi». Di lì a poco Koch si trasferisce a Milano.

 

 

La fucilazione di Pietro Koch

 

Il 3 giugno Visconti lascia il convento di San Gregorio. È in via Salaria tra gli amici che lo festeggiano. C’è Maria. Come sei riuscito a salvarti? gli chiedono. «È stata mia sorella Uberta, lei, che si è impegnata a fondo per salvarmi». Scrive Maria: «Ho una stretta al cuore. Sono annientata. Tutto mi crolla attorno».

 

LUCHINO VISCONTI

 

 

 

 

 

 

Il 4 giugno del 1945 Koch viene processato a Roma. Visconti è tra i testimoni. Tace che deve a Koch la sua salvezza. Anzi lo accusa: «ordinò che mi si fucilasse entro la notte». In ogni caso Koch è condannato a morte. Il giorno dopo a Forte Bravetta viene eseguita la sentenza. Scrive Maria: «Esistono di quella fucilazione poche sequenze cinematografiche, sfocate e drammaticissime. L’esecuzione è stata filmata da Luchino Visconti».

 

 

 

 

LA BANDA KOCH, UN GRUPPO DI SADICI AL SERVIZIO DEL FASCISMO

Pietro Koch

Pubblicato il 1 Gennaio 2022 - https://evvivalastoria.altervista.org/seconda-guerra-mondiale/565/la-banda-koch-un-gruppo-di-sadici-al-servizio-del-fascismo/

 

Le guerre concedono l’opportunità ai sadici e ai perversi di esternare tutta la loro malvagità. Molte volte con ampie probabilità di non doverne mai rispondere dinnanzi alla giustizia umana. Durante la guerra civile che insanguinò l’Italia, dall’aprile del 1943 fino all’aprile del 1945, vi furono svariati casi di individui che approfittarono del disordine sociale e morale per dar sfogo ai loro istinti più perversi.

 

Uno di questi fu Pietro Koch. Uno svogliato studente di giurisprudenza che aveva abbandonato gli studi per svolgere prima il servizio militare. Per poi esercitare la mansione di mediatore nelle compravendite immobiliari. Attività nella quale emerse la propria propensione alle truffe.

 

La fucilazione di Pietro Koch

L’armistizio dell’otto settembre del 1943 lo sorprese mentre, come ufficiale di complemento dei granatieri, stava per essere trasferito in Sardegna. Dopo un iniziale sbandamento entro a far parte di un reparto della polizia fascista. Dove dimostrò subito la propria fanatica devozione. Infatti, si mise subito in mostra grazie all’arresto di alcuni antifascisti.

 

Fu così messo a capo di una unità denominata informalmente “Banda Koch”. I cui componenti erano di diversa estrazione. Tra i quali il sacerdote Ildefonso Troya, l’ex-partigiano Guglielmo Blasi e diverse donne. Quest’ultime non erano seconde agli uomini in quanto a efferatezza. Tra i vari metodi di tortura erano il lancio della vittima contro un muro, docce fredde oppure bollenti, abusi sessuali eseguiti tramite manici di scopa, scariche elettriche.

La fucilazione di Pietro Koch

 

I componenti della banda, sovente, facevano irruzione nelle chiese per arrestare gli antifascisti che vi avevano trovato rifugio. Alcun di questi edifici godevano della extraterritorialità essendo di proprietà del Vaticano. Pertanto, i tedeschi non avevano il coraggio di violarle in quanto temevano l’incidente diplomatico. Di conseguenza lasciavano che tale compito lo svolgesse la Banda Koch, in quanto quest’ultima agiva al di fuori di ogni convenzione

 

Tra gli arrestati vi fu anche il regista Luchino Visconti. Il quale, per costringerlo a rilevare il nome di altri antifascisti, venne sottoposto alla tortura psicologica di essere portato più volte dinnanzi al plotone d’esecuzione. Fortunatamente, grazie all’intercessione di una attrice, venne liberato.

Osvaldo Valenti

 

Le città in cui la Banda Koch dette, inizialmente, sfogo al suo sadismo furono Firenze e Roma poi, in seguito alla liberazione della capitale da parte degli Alleati, si trasferì a Milano. Dove una villa venne appositamente allestita come centro di tortura. I milanesi la soprannominarono “Villa Triste”.

 

 

Ai componenti della banda di aggiunse l’attore Osvaldo Valenti. Un fanatico sostenitore dell’ideologia fascista il quale, con gli anni, aveva sviluppato dipendenza dalle sostanze stupefacenti.

Maria Denis

 

Oltre che nella repressione degli oppositori al regime la Banda Koch si occupava anche di indagare quanto fossero fedeli i vari gerarchi fascisti. Però tale peculiarità fece sì che man mano divenisse invisa anche ai fascisti stessi. Di conseguenza la banda venne smantellata e Pietro Koch venne rinchiuso nel carcere di San Vittore.

 

Da dove i tedeschi lo fecero fuggire il 25 aprile del 1945 in modo che non corresse il rischio di essere catturato dai partigiani. Venne comunque arrestato dopo breve tempo e condannato alla fucilazione alla schiena. Le autorità vollero che l’esecuzione venisse filmata e venne incaricato il regista Luchino Visconti. Una sua ex-vittima.

 

Anche altri componenti della banda vennero fucilati. Tra i quali l’attore Osvaldo Valenti. È probabile che si verificò anche un tragico errore in quanto venne giustiziata anche la sua compagna: l’attrice Luisa Ferida. La donna non aveva mai frequentato “Villa Triste”, ma si suppone che alcune aguzzine della Banda Koch avessero finto di essere lei quando torturavano le loro vittime.

osvaldo valenti luisa ferida

 

Nelle settimane concitate che seguirono la fine della guerra Luisa Ferida venne arrestata e fucilata. Alcuni sostengono che l’ordine di giustiziarla fosse giunto da Sandro Pertini, in quel periodo uno dei leader del Comitato di Liberazione Nazionale. Altri asseriscono che tali ordini venissero impartiti in forma scritta e che non vi è alcun documento, sottoscritto da Sandro Pertini, in cui sia presente tale direttiva.

 

Di conseguenza ancora oggi vi è incertezza su chi furono i responsabili di quell’errore. Invece si è praticamente certi che Luisa Ferida, nonostante le pessime frequentazioni, non fosse mai stata partecipe alle sevizie impartite dai componenti della Banda Koch.

 

il corpo di luisa ferida

Molti degli aguzzini della banda pagarono le loro colpe con pochi anni di prigioni. In quanto riuscirono a usufruire di amnistie e di sconti di pena. Ne è un esempio il caso del sacerdote Ildefonso Troya. Nonostante una condanna a 28 anni ne trascorse in prigione solamente sette.

 

Le guerre e le tirannie sono i ricettacoli dove gli animi vili e spregevoli trovano il modo di esternare la loro scelleratezza. Nella Banda Koch colpisce il rilevante numero di donne che ne facevano parte. Tra le quali si staglia il nome di Alba Giusti Cimini. Tristemente conosciuta per il fatto che torturava le donne stuprandole con dei bastoni. Non pagò mai le sue colpe.

 

Le varie amnistie successive alla Seconda Guerra Mondiale avevano, giustamente, l’obiettivo di cercare di mettere fine al clima divisivo conseguente allo scontro tra diverse fazioni che avevano insanguinato l’Italia. Purtroppo, però, tramite di loro molti criminali riuscirono a sfuggire alla giusta condanna.

sandro pertini

 

La storia di Pietro Koch mostra come quello che era uno svogliato studente di giurisprudenza sia potuto diventare, in breve tempo, uno spietato criminale. Un altro esempio della malvagità umana lo avevo riportato nell’articolo dedicato all’eccidio perpetrato per puro divertimento dalla contessa Margit Thyssen: L’eccidio di Rechnitz.

 

Purtroppo, è sempre attuale l’aforisma del marchese De Sade:

“Per l’uomo non c’è altro inferno che la stupidità o la malvagità dei suoi simili”.

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