
“BELVE CRIME” È ESSO STESSO UN CRIMINE" – SELVAGGIA LUCARELLI FA PELO, CONTROPELO E CERETTA A FRANCESCA FAGNANI, NELLA VERSIONE “LEOSINI INTRUZZITA”: “L’INTERVISTA E’ IMBARAZZANTE, DA CASA L'EFFETTO È DISTURBANTE: TI SEMBRA CHE LA CONDUTTRICE VOGLIA SCAVARE IN UNA STORIA, MA IN REALTÀ, STA PENSANDO SOPRATTUTTO A COME SEMBRARE IMPLACABILE, FINENDO TALVOLTA PER SEMBRARE INADEGUATA. SENZA, FORSE, AVERE GLI STRUMENTI PER GESTIRE LA COMPLESSITÀ DI VICENDE E, SOPRATTUTTO, PERSONAGGI CHE NON SONO RAZ DEGAN E TAYLOR MEGA. E SÌ, GLI ASCOLTI PREMIANO. MA SERVE SCOMODARE I MORTI, E NON È MAI UN BEL SEGNALE, SOPRATTUTTO PERCHÉ I VIVI FUNZIONAVANO BENISSIMO..." - VIDEO
Selvaggia Lucarelli per https://selvaggialucarelli.substack.com - Estratti
selvaggia lucarelli francesca fagnani massimo bosetti
Massimo Bossetti ha commesso quello che sappiamo, ma il vero crimine, nel suo sbarco in tv, è lo stesso “Belve Crime”, questa specie di spin-off di “Belve” in cui ieri sullo sgabello c’era Flavia Vento colpevole di maltrattamenti contro l’intelligenza e oggi c’è il muratore di Mapello colpevole di aver torturato e ucciso una tredicenne. Che si chiamava Yara Gambirasio. E lo dico perché questo è sempre più uno strano mondo in cui i carnefici diventano vittime o star seconda del vento che tira, e delle vittime vere, quelle sepolte sotto un metro di terra anziché abbronzate su uno sgabello, non si ricorda più nessuno.
massimo bossetti francesca fagnani
Francesca Fagnani, nella versione Leosini intruzzita, ha avuto buoni ascolti e ne aveva bisogno. Reduce da una stagione di “Belve” più tiepida del solito- ascolti altalenanti, ospiti talvolta riciclati- iniziava a sentire che il format perdeva colpi. Perfino i social erano più loffi delle scorse stagioni e, fatta eccezione per la sparata di Michele Morrone, l’edizione era finita senza troppe emozioni.
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selvaggia lucarelli sul caso garlasco ad accordi e disaccordi
Poi c’è l’intervista, a tratti imbarazzante. Alcune domande: “Lei ha l’inferno dentro sé?”. “Lei viene percepito ancora come un enigma?”. “Ma lei è sempre stato sincero o anche un po’ bugiardo?”. A tratti mi è venuto il dubbio che Fagnani avesse scambiato l’agendina con quella delle domande a Marcella Bella.
Bossetti, poi, parla a malapena l’italiano. Dà risposte misere e smozzicate, scambia una parola per un’altra. Fa impressione sentirlo coniugare un verbo a casaccio e poi, un attimo dopo, vederlo discettare di dna mitocondriale e di “esame autoptico”. È forse l’unico momento di verità dell’intervista, per chi ha saputo coglierlo: quando entri nel vortice della giustizia, finirai per acquisire conoscenze tecniche che diventeranno il centro della tua esistenza, il tuo appiglio, la tua speranza. Fino a ieri eri un muratore che non sapeva neppure cosa fosse un processo, da un giorno all’altro - con la tua terza media- diventi uno che mastica di medicina forense.
massimo bossetti francesca fagnani
Per il resto, è tutto abbastanza avvilente. Non basta infliggere ai genitori di Yara la pena di vedere l’assassino della figlia sullo sgabello che un paio di settimane fa era occupato da Floriana del Gf, bisogna pure consentire all’omicida di lanciare accuse e giudizi su quei due genitori.
Bossetti, perfettamente allineato al momento storico che stiamo vivendo (con la famiglia Poggi sotto assedio mediatico), butta lì che non sono state seguite piste alternative (no, infatti hanno fatto il dna solo a 25 000 abitanti), che del padre di Yara ai tempi si diceva avesse avuto diverbi con altre persone, che quando tutti cercavano sua figlia, lui andava in cantiere come se niente fosse. “Io se fosse sparita mia figlia non mi sarei comportato così”. Insomma, ci tocca assistere all’assassino che sottolinea la sua superiorità morale rispetto al padre della ragazzina che ha ucciso. E poco importa che la conduttrice interpreti il ruolo dell’indignata. Quella parte dell’intervista la stessa conduttrice ha scelto di mandarla in onda, infliggendo l’ennesimo dolore alla famiglia Gambirasio.
E poi, che dire. È tutto l’impianto dell’intervista a essere sballato. Che domanda è “Lei perché dice che Ignoto 1 non è lei? (forse perché si professa innocente dal primo giorno?) o “Lei potrebbe mai confessare, con una moglie e tre figli a casa?” (si aspetta che Bossetti risponda “Esatto! L’ho ammazzata io, ma non voglio dare dispiaceri in famiglia”?).
Non si comprende, davvero, che linea segua Fagnani. Leosini aveva gli atti davanti a sé, e ripercorreva la vicenda così come era stata raccontata durante i processi. In un tempo televisivo molto più dilatato, perché queste sono storie enormi, spalmate su migliaia di pagine di atti in cui si mescolano dati, testimoni, ricostruzioni, memorie e dichiarazioni. Comprimerle in un dialogo di un’ora in cui buona parte dell’intervista se ne va in risposte inutili su citazioni di giornalisti da far commentare al condannato perchè il format prevede che l’ospite sia messo di fronte a ciò che la stampa dice di lui, è francamente ridicolo. A meno che, invece, non si voglia affrontare il tema del processo mediatico, che qui non esiste.
E in fondo è proprio questo il problema di Belve Crime: il programma, nel suo tentativo di entrare in un format preesistente e pensato per i vip, smette di essere un format e diventa un contenitore slabbrato, disturbante e inopportuno. È come voler trasformare Masterchef in un programma in cui la gente, anziché cucinare, si sfida al tavolo delle autopsie. Chi riesce a datare con precisione il giorno della dipartita del morto, vince. L’impressione nello spettatore è quella di assistere a qualcosa che accade in un contesto sbagliato.
In molti hanno parlato di questo esperimento di Fagnani come di un tentativo di scimmiottare “Storie maledette” di Leosini, ma senza capire una cosa: Fagnani si è sempre ispirata alla maestra Franca. Le faccette, il commentino sarcastico, la freddura, il testo da cui leggere, la richiesta di commentare se stessi per ciò che si è detto anni fa, la ricerca della viralità sul web sono sempre stati marchi di fabbrica di “Storie maledette”. E, in fondo, anche la modalità di intervistare, che mette al centro l’intervistatore almeno quanto l’intervistato.
francesca fagnani - belve crime
Il problema è che se in “Belve” Fagnani funziona, qui sembra alla ricerca di una linea, di un impianto, di un modo di condurre le interviste.
Confesso, comunque, di aver visto solo lo spazio con Massimo Bossetti.
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Ti sembra che la conduttrice voglia scavare in una storia, ma in realtà, sta pensando soprattutto a come sembrare implacabile, finendo talvolta per sembrare inadeguata. Senza, forse, avere gli strumenti per gestire la complessità di vicende e, soprattutto, personaggi che non sono Raz Degan e Taylor Mega.
E sì, gli ascolti premiano. Ma serve scomodare i morti, e non è mai un bel segnale, soprattutto perché i vivi funzionavano benissimo.
franca leosini 3
francesca fagnani