
“NEL PRIMO SANREMO GIRAVO CON TRE TESTE D’AGLIO ADDOSSO: METTEVO MOLTO PROFUMO, MA L'ODORE DELL’AGLIO SI SENTIVA COMUNQUE” – ANNALISA MINETTI, CANTAUTRICE E ATLETA PARALIMPICA SI RACCONTA, DAL FESTIVAL DI SANREMO (“VINSI PERCHÉ NON VEDENTE? NON L’HO MAI PENSATO, ALMENO FINCHÉ NON LO SOTTOLINEÒ ALDO BUSI”) ALLE MEDAGLIE NELL’ATLETICA – “LA SPERANZA DI TORNARE A VEDERE NON CE L’HO, ANCHE SE SONO MOLTO CREDENTE” – “DUE ANNI FA NON VOLEVO QUASI PIÙ SAPERNE DELLA MUSICA, HO AVUTO UN CROLLO. MA ORA SOGNO DI TORNARE A SANREMO”
Gennaro Totorizzo per repubblica.it - Estratti
Il bigliettino da visita di Annalisa Minetti al suo primo Festival di Sanremo, nel 1998, fu una strana ciocca maculata tra i capelli. “Lanciai una moda pazzesca”, racconta la cantautrice di 48 anni (ma anche atleta paralimpica e modella, ci arriveremo più avanti). “Quel maculato però aveva un significato – aggiunge – ero già la ‘ragazza non vedente’ più che ‘la cantante’. E quindi volevo lanciare un messaggio: non vedo ma non sono così docile”.
E tirò fuori gli artigli, tanto che le riuscì un’incredibile doppietta: vinse sia tra i Giovani sia tra i Campioni con Senza te o con te. “Giravo con tre teste d’aglio addosso: una la misi dietro alla schiena, un’altra nello stivale. Ero molto scaramantica: mia cugina Lucia diceva che mandavano via le energie negative. Io mi mettevo molto profumo, ma a volte la odore dell’aglio si sentiva comunque”.
(…)
Quando ha scoperto di avere la retinite pigmentosa?
“Ho avuto la conferma attorno ai 18 anni, anche se me n’ero accorta prima. Non sapevo di essere ipovedente ma al tempo stesso neanche pensavo di essere vedente, provavo vergogna e non potevo chiedere aiuto perché non avevo la percezione della malattia: la subivo soltanto”.
Come?
“Ero goffa, sbattevo contro qualsiasi cosa, quando sparecchiavo la tavola mi tremavano le mani e facevo danni. I miei genitori mi sgridavano ma non sapevano quello che mi stava accadendo, effettivamente sembravo rimbecillita. Era ‘autobullismo’”.
E in che modo le fu diagnosticata la malattia?
“Perché il mio insegnante di informatica mi disse che aveva notato che facevo tanta fatica a utilizzare il mouse e a vedere caratteri molto piccoli. E allora mi fece fare una visita specialistica”.
Lei come la prese?
“Nell’incoscienza del momento non provai chissà quale paura quando mi dissero che non avrei potuto più vedere, però ricordo molto bene il senso di liberazione: potevo dire che non ero scema, stupida o distratta, ma non vedente”.
Aveva fatto conservare il cordone ombelicale dopo il parto di sua figlia nella speranza che le cellule staminali potessero un giorno aiutarla a riacquistare la vista. Spera ancora di tornare a vedere?
“No, questa speranza non ce l’ho, anche se sono molto credente. Ho trovato una quadra e anche aspetti positivi su questa condizione fisica, quindi se dovessi chiedere un miracolo a Dio non sarebbe quello di darmi la vista ma di far guarire i bambini ricoverati nell’oncologia pediatrica. Se però anche solo per un attimo potessi ricevere un dono, vorrei che fosse guardare la faccia dei miei figli che non ho mai visto. Ma è una questione che ho abbastanza risolto”.
Abbastanza?
“Rimane comunque un dolore. Ci sono momenti in cui mi sento fortissima, mentre quando gli altri dicono ‘guarda che tramonto sul mare’ sto male perché mi dispiace non poterlo vedere. Ma so che non c’è alternativa e mi tranquillizzo”.
Nel 1997 arrivò settima a Miss Italia. Perché decise di iniziare anche quel percorso?
“Non lo scelsi io. Una sera mi stavo esibendo al piano bar a Como e c’era un concorso di bellezza. L’agente regionale si avvicinò a me e mi chiese se volessi partecipare anch’io, mi trovava bella. Le risposi che non si poteva fare perché non vedevo e lei disse che non c’era alcun problema. Fece sfilare le ragazze tutte mano nella mano con un’altra persona per non farmi sentire a disagio, come se fosse una coreografia, e vinsi. Poi mi selezionarono per miss Lombardia: lì avevo con me un auricolare che usavo quando sciavo. E proprio gli istruttori di sci durante la sfilata stavano davanti alla telecamera e mi dicevano cosa fare, come muovermi, vedendo i miei piedi”.
Le piaceva?
“Avevo ben chiaro che volevo cantare. Ogni volta, se sapevo che c’era una telecamera vicina, cantavo. Tant’è che Fabrizio Frizzi nella serata di miss Italia mi disse ‘comunque vada, ti faccio cantare Diamante di Zucchero’. Poi a un certo punto ci siamo sbagliati, mi sono confusa e abbiamo fatto Caruso con lui al piano”.
Quanto è importante l’estetica per lei?
“Sono bravissima a truccarmi, mi prendo cura del mio corpo e ci tengo tanto a vestirmi con i giusti abbinamenti di colore. Anche se in tuta sono sempre a mio agio, sono ‘maschiaccia’. La musica è lo strumento con cui riesco a essere più ‘femmina’”.
In che modo?
“Mi restituisce eleganza inconsapevole, mi fa diventare sensuale. Quando canto mi sento molto donna”.
E quando ha trionfato a Sanremo nel 1998 come si è sentita?
“In realtà il mio sogno sarebbe stato vincere sì Sanremo Giovani ma tornando tra i Campioni l’anno successivo: ci sarebbe stato un anno di formazione e mi sarei adeguata all’ambiente. Gli altri avevano decenni d’esperienza, e vedermi al primo posto con Antonella Ruggiero seconda…”.
La faceva sentire in difetto?
“Non avevo quella forza. Arrivò tutto troppo in fretta, sentivo di aver bruciato un po’ le tappe”.
Quindi non riuscì a godersela?
“Non credo del tutto e subito, neanche per tutti i ragazzi che ora escono ogni mese con un singolo diverso. Adesso i social danno molto spazio: è meraviglioso perché lo garantisce a chi non potrebbe averlo altrimenti, ma d’altro canto si è persa la gavetta, la volontà di impegnarsi tanto per inseguire un sogno”.
In questo turbinio di insicurezza ha mai pensato di essere arrivata prima perché non vedente?
“No, non l’ho mai pensato, almeno finché non lo sottolineò Aldo Busi. Io non vedo ma le corde vocali funzionano allo stesso modo. Poi c’era già Andrea Bocelli nel panorama italiano, non c’era pietismo”.
“Senza te o con te” è spopolata ultimamente con una versione trash sui social. Come l’ha presa?
“Mi ha divertito tantissimo, mi piace che ci sia una personalizzazione del brano. Per qualcuno è ridicolizzare, per me invece è sempre una valorizzazione”.
michele panzarino annalisa minetti
Nel 2005 tornò a Sanremo con Toto Cutugno: “Come noi nessuno al mondo” si piazzò seconda nella classifica generale e prima nella sezione Classic. Puntò di nuovo sull’aglio?
“No, ero una donna più matura, già sposata, e la paura era condivisa: Toto era sempre molto presente ed era capace di tranquillizzarmi. Quando stavo per salire sul palco ebbi un momento di panico, non mi ricordavo le parole: lui tirò fuori una bottiglietta di gin che aveva preso dal frigo bar e mi disse ‘butta giù’. Mi anestetizzò”.
Si aspettava di più dalla sua carriera musicale?
“Ho sbagliato alcune scelte, a 20 anni non comprendi alcuni consigli, ti sembrano costrizioni e fai resistenza”.
Su cosa, per esempio?
annalisa minetti luisa corna (2)
“Nel 1999 mi sono ritrovata in Sud America, a Viña del Mar in Cile: avrei potuto vivere per qualche tempo lì, accettare un contratto musicale e avere successo in quei Paesi, tornando a casa con tante soddisfazioni e un bagaglio ricco di esperienze. Ma non lo feci perché mi mancava la famiglia e nel 2000 tornai subito in Italia”.
Qui invece cosa è andato storto?
“Ho fatto tanta fatica in realtà perché sono una persona accomodante, generosa, do spazio a tutti e mi faccio prendere da facili entusiasmi. Ho incontrato persone che non hanno saputo rappresentare bene il mio percorso artistico, hanno bruciato le tappe. La musica è complicata, il risultato che raggiungi con una canzone non è matematico, anche se dai il massimo e non ci sono sbavature. L’unica cosa che trovo sempre molto difficile da digerire è quando presenti a Sanremo qualcosa in cui credi e ti dicono di no”.
Quante volte ci ha riprovato?
“Tantissime: a volte era solo un tentativo, altre ero assolutamente convinta di quello che portavo. Quest’anno abbiamo avuto dei colloqui ma abbiamo preferito aspettare perché vogliamo presentare un nuovo progetto e ci riproveremo. Voglio tornare a Sanremo”.
(…)
Una cantante di successo com’è diventata improvvisamente anche un’atleta paralimpica capace di vincere la medaglia di bronzo nei 1500 metri alle Paralimpiadi di Londra nel 2012 e l’oro negli 800 metri nei campionati del mondo paralimpici l’anno seguente?
“È nata come un’esigenza. Sia perché lo sport, a differenza della musica, dipende da me e da quanto mi alleno. Sia perché in questo modo ho trovato una nuova energia, ho detto a me stessa che potevo tornare a essere autosufficiente. Nel 2010 ero dipendente da tutti, invece nello sport, nonostante fossi legata a un’altra persona con un cordino, facevo un’azione condivisa, di unione.
Ho cambiato il modo di vedere il mondo: con le persone accanto a me formavo tante piccole squadre che mi permettevano di essere indipendente. E sono tornata a sentirmi bella”.
Ma come è scattata la scintilla?
“Andavo in palestra per perdere peso, come fanno tante donne, e mentre mi allenavo per fatti miei su una spin bike, l’istruttore osservò il mio gesto atletico e mi disse che avevo un grande talento nel mezzofondo. Poi con Andrea Giocondi, una guida formidabile, mi sono dedicata a questo intensamente per due anni, tralasciando la musica che in quel periodo subivo e non vivevo”.
Ha mai avuto bisogno di rallentare?
“Questo è un momento in cui sto rallentando, mi diverto con il canottaggio e non sono ossessionata dal cronometro. Mi godo il tempo con i miei figli e sono tornata alla musica. Il tempo non lo subisco ma lo investo”.
“Tornata alla musica”. L’aveva abbandonata?
“Due anni fa non volevo quasi più saperne, ho avuto un crollo. Poi abbiamo prodotto Invincibili che ha riportato alla luce la mia forza. La musica mi ha risvegliata: avevo un malessere interiore, energie che attorno a me dicevano che non era più il momento, il tempo giusto. Ma la musica non ha tempo, si plasma con le esigenze che abbiamo”.
annalisa minetti foto di bacco
Come è nato questo malessere?
“Dalle battaglie emotive che facevo ogni giorno, come se dovessi sempre dimostrare a qualcuno che ero in grado di fare qualcosa. Ho combattuto tutta la vita con persone che mi dicevano che non potevo fare determinate cose perché non vedente, che era preoccupante ambire perché era troppo per la mia condizione fisica. E ho detto basta”.
Da combattente voleva dimostrare il contrario.
“In quei momenti fai qualcosa non perché la senti ma perché devi, vivi sotto pressione. Quello che fai ha un valore per gli altri più che per te stesso. Esisti, non vivi più”.
Ora si è ripresa il suo tempo?
“Sono tornata a essere consapevole delle mie speciali abilità, della mia forza, della mia voglia di fare a modo mio, nel rispetto delle mie imperfezioni. Non voglio più dimostrare niente, voglio trovare il piacere di vivere”.
fabrizio pacifici annalisa minetti foto di bacco
eleonora daniele annalisa minetti massimo boldi
annalisa minetti
annalisa minetti foto mezzelani gmt 020
annalisa minetti
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annalisa minetti foto di bacco
AnnaLisa Minetti
annalisa minetti
ANNALISA MINETTI CON I BIMBI DI HAITI 2
michele panzarino annalisa minetti francesco caruso litrico nicola vizzini foto di bacco