CON LA VIOLENZA NON SI GIOCA (MEGLIO DAL VIVO?) - UNA PETIZIONE DI TUTTI I PARTITI AL GOVERNO CONTRO I VIDEOGIOCHI VIOLENTI E SESSISTI - “I GENITORI NON SANNO CON CHE GIOCANO I FIGLI”

Riccardo Luna per “la Repubblica

 

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Sul tavolo del presidente del Consiglio Matteo Renzi è arrivata una lettera che parla di sesso, bugie e videogame. Parla di uno scandalo che accade tutti i giorni in milioni di case: le nostre. L’ha inviata la vicepresidente della Commissione Cultura della Camera, la scienziata Ilaria Capua. Non è una iniziativa isolata: la Capua scrive a nome dei rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari. Tutti.

 

Sono tutti uniti nel chiedere “attenzione” per quella che considerano una vera emergenza: il digital divide fra genitori e figli. Ma qui non ci riferisce al fatto che i figli ormai ne sanno di più dei genitori quando si parla di Internet e tecnologia: bensì a quello che i genitori ignorano che accade quando i figli fanno un videogioco che loro magari pensano sia una banale corsa fra macchine e invece no. Spesso è un inferno metropolitano dove — ad esempio — le donne sono considerate oggetti da sfruttare sessualmente e uccidere.

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Ce ne sono tanti di videogiochi violenti e sono popolarissimi fra gli adolescenti. Del resto in Italia non sono vietati ai minori di 18 anni: con una ipocrisia davvero inaccettabile, ne è semplicemente sconsigliata la vendita, uno dei consigli meno seguiti a giudicare dal successo che hanno. E di questo la responsabilità va equamente divisa: da una parte i rivenditori che non vogliono perdere una occasione di guadagno; dall’altra i genitori che non sanno quello che comprano e erroneamente considerano i videogiochi una cosa da ragazzini ignorandone totalmente i contenuti.

 

gta v scena di sessogta v scena di sesso

La lettera partita dalla Camera dei deputati non ne cita uno in particolare ma a innescare la reazione è stato il più famoso di tutti: GTA, una sigla che sta per Grand Theft Auto. Lanciato nel 1997, è arrivato alla quinta serie superando i 150 milioni di copie vendute già nel 2013. L’ultimo, GTA V, ha incassato 800 milioni di dollari nelle prime 24 ore, superando di slancio i 30 milioni di copie. Gli esperti lo considerano tecnicamente un capolavoro, per la verosimiglianza delle situazioni e la modalità di ripresa in soggettiva grazie alla quale chi gioca si immedesima totalmente con il protagonista, ovvero un criminale che si muove in una città che nel quinto episodio ricorda certi quartieri di Los Angeles.

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Il gioco prevede che si possa liberamente decidere cosa fare, quali crimini commettere. E una delle scene più popolari è questa: carichi in macchina una prostituta, scegli quale “servizio” farti fare, da 50, 70 e 100 dollari; li scegli tutti e tre, in sequenza, e te li godi con calma. Dopo il pagamento del compenso pattuito la donna si allontana a piedi ma in GTA non può finire così: infatti il protagonista la inquadra nello specchietto retrovisore, accelera e la investe ripetutamente. Poi scende dall’auto, la vede in una pozza di sangue e le dà fuoco, come un terrorista dell’Is con un ostaggio, e, nonostante sia già morta da un pezzo, le scarica addosso una sventagliata con un mitra. Così. Con una crudeltà da lasciare senza fiato. E lo chiamano gioco.

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Molti hanno gridato alla scandalo. Non è una novità per GTA, anzi. Aiuta le vendite, pare. Ma stavolta è accaduto che in un paese, l’Australia, ne venisse vietato il commercio in seguito ad una petizione lanciata sul web da alcune donne che sono davvero state vittime di violenze: non è stato fatto per legge, no; sono state le due principali catene di negozi a prendere autonomamente que- sta decisione per rispettare la sensibilità dei clienti. Nel resto del mondo GTA V è classificato PEGI 18: il PEGI è il sistema europeo di autocertificazione dell’industria dei videogame. Ma l’interpretazione cambia da paese a paese: nel Regno Unito PEGI 18 vuol dire che un videogioco è vietato ai minorenni. In Italia è solo sconsigliato.

 

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I parlamentari nella loro lettera al presidente del consiglio non chiedono di mettere GTA e giochi simili al bando. Anche perché probabilmente sarebbe inutile. Nessuna censura. Ma una campagna informativa. «Non servono leggi più restrittive, ma una forte azione di sensibilizzazione dei genitori » ha scritto, in una seconda accorata missiva, il presidente della commissione Sanità della Camera Pierpaolo Vargiu.

 

Ora la palla passa a Palazzo Chigi. E probabilmente alla Rai: la tv pubblica potrebbe ragionevolmente essere lo strumento per avvisare tutti di cosa c’è nelle nostre console. La posta in palio è altissima: il tempo che gli adolescenti trascorrono davanti ad un videogame senza la supervisione o anche solo la guida di un adulto, cresce ogni giorno. Che impatto hanno quelle scene sul sistema di valori dei giovanissimi?

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Naturalmente da qui a trarre la conclusione che chi gioca a GTA rischia di diventare un potenziale femminicida ce ne passa. Come il Risiko, un classico gioco da tavolo che simula una guerra mondiale, non ci trasformava automaticamente in guerrafondai anche se dovevamo invadere la Kamchatka; come il celebre Monopoli non faceva di noi dei lupi di Wall Street anche se lottavamo per costruire alberghi su Parco della Vittoria; così GTA e molti altri videogame violenti sono e restano dei giochi. Di pessimo gusto per molti, ma il punto è un altro: sono adatti a un adolescente? Mettiamola in un altro modo: anche ammettendo che siano dei capolavori e che nella violenza ci sia ironia, come dice qualcuno, anche volendoli paragonare a un film di Tarantino o ad Arancia Meccanica, quei film li può vedere un ragazzino?

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