rizzoli

1. ASCESA E CADUTA DI UNA GRANDE FAMIGLIA DI EDITORI ITALIANA, I MITOLOGICI RIZZOLI, RACCONTATA BRILLANTEMENTE, SENZA RETICENZE E FALSI PUDORI, DAI NIPOTI SUPERSTITI DEL “COMMENDA”, NICOLA CARRARO E ALBERTO RIZZOLI (PUBBLICATA DALLA RIVALE MONDADORI)

Tina A. Commotrix per Dagospia

rizzoli ekbergrizzoli ekberg

 

Forse non è un capriccio intellettuale se alla lettura di “Rizzoli, la vera storia di una grande famiglia” ci permetteremo più avanti di scomodare, scusandoci, il sommo pensatore francese Montesquieu che considerava il genere epistolare quasi magico per le riflessioni più intime, filosofiche e biografiche.

 

loren rizzoli e pontiloren rizzoli e ponti

Nel libro, appena mandato in libreria dalla grande rivale dell’R verde di un tempo - la Mondadori -, siamo coinvolti, infatti, in un serrato, appassionato, e a volte crudele, scambio di lettere tra i sopravvissuti “collaboratori” familiari del mitico Commenda, Angelo Rizzoli (1889-1970): i nipoti Nicola Carraro (Nick) e Alberto Rizzoli (Albert).

 

Così, con i propri nomignoli americanizzati i due firmano la loro corrispondenza adesso offerta (a piene mani) e svelata in pubblico.

 

myriam brumyriam bru

Per il nonno-patriarca, con antichi e miseri lombi milanesi, i corrispondenti sono soltanto gli amati Niculass e Albertin della compagnia del fil de fer finita per disperdersi dolorosamente dopo il grande crack degli anni Ottanta causato dall’acquisto - a dir poco disastroso – del “Corriere della Sera” da parte del figlio Andrea, già acciaccato e malandato in salute in seguito a due terribili infarti.  

 

Il terzo erede “sfortunato” della grande famiglia editoriale – un impero di carta che ai tempi d’oro primeggiò in Europa anche nel campo cinematografico (la Cineriz de “La Dolce vita” felliniana e dei “Don Camillo e Peppone”, usciti dalla penna di Guareschi) -, Angelo junior è scomparso nel novembre di due anni fa.

 

Già, l’Angelone che non sapeva volare.

graziella granata 65graziella granata 65

“Una figura tanto complessa quanto tormentata, che ha avuto un ruolo cruciale nelle sorti della famiglia”, annota amaramente nel suo “diario di bordo” Nicola Carraro con la mente al tracollo economico-giudiziario (loggia P2 di Gelli) del gruppo soffocato dai debiti bancari e dagli strozzini della politica.

 

Una tragedia che ha spezzato, appunto, quel fil de fer che teneva saldamente unita da oltre mezzo secolo la famiglia Rizzoli.

 

Nella sezione iconografica del volume, ricca di foto inedite quanto lo è di aneddotica la parte autobiografica che dà corpo e anima all’album dei ricordi degli autori (confessi), i rampolli del fondatore Angelo sono ritratti insieme sul lungomare di Sanremo con i loro cagnolini.

francesco rosi federico fellini tony renis angelo rizzoli 27 aprile 1965 archivio fotografico storico cicconifrancesco rosi federico fellini tony renis angelo rizzoli 27 aprile 1965 archivio fotografico storico cicconi

“Venuti al mondo con la camicia di seta”, amava definirli il burbero nonno.

 

E il carteggio tra Nicola Carraro, figlio unico di Gian Gerolamo che aveva sposato la figlia di Angelo I, Pinuccia, soprannominata Cianupi, e il cugino (ritrovato) Alberto sembra dare ragione al già citato Montesquieu sulla sublime forma dello scambio di lettere.

 

Nelle sue Lettere persiane, il pensatore francese spiega, infatti, perché – a suo dire - le narrazioni epistolari sono una sorta di romanzo in cui “vi si descrive personalmente la propria situazione attuale, e ciò – aggiunge – fa sentire le passioni al meglio che tutti i racconti se ne potrebbero fare”.

 

biabiagi, angelo jr. e nicola carrarobiabiagi, angelo jr. e nicola carraro

Nel loro appassionato carteggio, Nick e Albert - i protagonisti del racconto vissuto dell’R verde – sembrano essere andati ben oltre nel loro tentativo (riuscito) di (ri)scrivere, senza reticenze (o falsi pudori), la storia stessa di una Dynasty all’italiana che ha conosciuto, alla pari di altre imprese familiari del ramo (Mondadori, Rusconi, Del Duca, Fabbri), nobiltà e miseria.

 

“Alla nostra età ci possiamo permettere il lusso di essere sinceri, un po’ autoironici e certamente un tantino nostalgici”, confessa Nicola Carraro all’inizio, chiedendo al cugino più giovane, Alberto Rizzoli, chi era davvero il Commenda?

da sn. cesare e silvia spadacini  antonella e nicola carraroda sn. cesare e silvia spadacini antonella e nicola carraro

 

“Il Commenda era il Commenda, un personaggio fuori da ogni schema, e anche in questo caso, come in tutto quello che riguardava la sua vita, un fuoriclasse!”, è la risposta di Albert. Non un “padre padrone”, secondo la biografia che l’ha accompagnato nel corso della sua lunga vita da povero Martinitt a Re Mida.

angelo rizzoli proudttoreangelo rizzoli proudttore

 

E in tutti i campi. Basti soltanto pensare all’”operazione Ischia” senza alcun contributo della Cassa per il Mezzogiorno, in cui il Commenda, genialmente, poneva mano e cuore - per istinto (e “fortuna”) -, con operazione di marketing impensabili per quell’epoca.

 

angelo, alberto e nicola a sanremoangelo, alberto e nicola a sanremo

“Oh, intendiamoci, la fortuna non basta, ci vuole l’ingegno e tanto lavoro, ma senza fortuna non si va da nessuna parte”, amava ripetere il Commenda riunendo a tavola la famiglia nella sua magione milanese di via del Gesù.

“Angelo Rizzoli aveva studiato soltanto alla scuola della vita…”, ha scritto Giulio Andreotti. E a una cena a San Felice Circeo che il leader Dc convince il capostipite Angelo a pubblicargli, fino alla sua scomparsa, la rivista Concretezza. Uno dei pochi politici, insieme al leader socialista Pietro Nenni, con il quale giocava a bocce nel buen ritiro di Ischia, di cui Angelo I aveva grande stima.

angelo jr, andrea rizzoli e commendaangelo jr, andrea rizzoli e commenda

 

Ma aveva un occhio di riguardo anche per le rare giornaliste che per la prima volta avevano spazio (e firma autorevole) nel suo regno editoriale: Oriana Fallaci, l’”intoccabile”, e Camilla Cederna alla quale confida dei suoi rapporti con le donne che lo incuriosiscono e lo ammaliano. E lui, uomo dell’Ottocento, le belle figliole (le brutte erano bollate come “capperi”) le divideva in due sole categorie d’antan: verticali e orizzontali.

altafini e andrea rizzolialtafini e andrea rizzoli

 

Il Commenda si invaghì “perdutamente” della stupenda attrice francese, Myriam Bruni, e poi dell’avvenente attricetta Graziella Granata. Senza umiliare mai la “mammetta”-consorte Anna, ricoperta più di rose profumate dall’affetto immutato negli anni che dalla fedeltà dovuta a un coniuge.

 

Nel libro-confessione anche la figura di suo figlio Andrea erede diretto dell’impero, che acquistando a caro prezzo il Corriere della Sera (“una mossa azzardata dalle conseguenze nefaste”), provocò la caduta dell’Impero Rizzoli e la rottura e il tracollo della Grande Famiglia Rizzoli – sempre temuta dal Commenda in vita: “ma fare debiti con le banche!” - viene rimessa al giusto fuoco dell’obiettività nonostante il carattere emblematico e cupo del personaggio.

alberto e angelo rizzolialberto e angelo rizzoli

 

“Mio padre non era uno stupido con il cervello di un pappagallino (no, non aveva la testa di un uccellino secondo la vulgata diffusa da Federico Fellini) (…) E gran parte dell’aneddotica corrente sul Commenda e i rapporti con papà Andrea e puro frutto di fantasia”, rileva Albert con orgoglio filiale.

 

Certo amava il lusso: l’aereo privato; la “favolosa” villa Cap Ferrat, acquistata dall’attore Curd Jurgens; il gioco ai Casino; il golf di Barlassina per intrattenere gli amici; le donne (avrà una figlia Isabellina, morta suicida a Montecarlo, dalla seconda moglie Ljuba). Ai tempi dell’agiatezza sfrenata Andrea possedeva “il più grande panfilo del Mediterraneo”, il “Sereno”, 50 metri scherzosamente battezzato dagli amici il yacht dei cess per il gran numero di servizi igienici a disposizione degli ospiti a bordo.

 

copertina librocopertina libro

E poi, sempre con il permesso del Cummenda, Andrea aveva acquistato il Milan, campione d’Italia e d’Europa, e realizzato il centro sportivo di Milanello. Il Grande Milan, per gli intenditori, di Schiaffino, Nordhal, Liedholm, Rivera, Altafini, Trapattoni, Cesare Maldini…”.

 

A farlo passare per “fesso”, succube del patriarca Angelo, Alberto Rizzoli davvero non ci sta.

“E’ già ora di andare, Niculass… Si alza, s’infila il lungo cappotto di cammello, si calca in testa il cappello floscio e, l’immancabile sigaretta al mentolo che gli pende a un angolo della bocca, mi precede nel corridoio deserto. Poi, avanzando con lentezza, spegne a una a una tutte le luci degli uffici (di via Civitavecchia) per evitare - a quasi ottant’anni - un inutile spreco…”, è l’ultimo fotogramma ingiallito del nonno vecchio e caracollante nei suoi domini editoriali, rimasta incancellabile nell’immaginario di Nicola Carraro.

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E su quel fermo immagine, che sembra racchiudere la saga dei Rizzoli all’interno di un unico film in cui neorealismo e commedia all’italiana si mescolano magistralmente, con una lenta dissolvenza arriva la parola “Fine”.

 

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