1. ASPETTANDO IL DOPO-RATZINGER (E IL NUOVO DIRETTORE MARIOPIO CALABRESI) FIRMATA IN VIA SOLFERINO UNA “TREGUA” FRAGILE ED EFFIMERA TRA AZIENDA E GIORNALISTI 2. RINVIATI GLI SCIOPERI NEL GIORNI DEL CONCLAVE GRAZIE AL “LODO DEBORTOLIANO” 3. FORSE L’ULTIMO “SERVIZIO” RESO ALL’AZIENDA DA FLEBUCCIO II CHE, COMUNQUE, IL 9 MARZO CONCLUDE IL SUO QUADRIENNIO ALLA GUIDA DEL GIORNALE E ANCORA NON SI E’ RIPRESO DAL FLOP ELETTORALE DI RIGOR MORTIS. GIÀ, UN CONTO È ESSERE FILO-GOVERNATIVI, ALTRO È IMPICCASI ALLA CORDA SUICIDA IN CUI ORA PENZOLA MARIO MONTI 4. SARÀ PENSIONATO ALLA FONDAZIONE RCS, PRESIDENZA ORA SOTTO IL SEDERE DI MARCHETTI 5. ANCHE ABRAMO BAZOLI AVVISTATO ALL’ULTIMA BOA DELLA SUA NAVIGAZIONE IN RCS DOVE IMPERA L’ASSE MEDIOBANCA(NAGEL) E FIAT (ELKAN) COL TERZO INCOMODO DI GUZZETTI

DAGOREPORT
L'addio anticipato al papato di Benedetto XVI rinvia le annunciate Idi di Marzo al Corrierone. L'altro giorno c'è stato il primo confronto tra i giornalisti e l'azienda ma grazie al "lodo" di Flebuccio de Bortoli non si è arrivati alla resa dei conti tra le controparti. Cioè, scioperi contro i tagli selvaggi e l'alienazione (nel giro di due anni) della sede storica di via Solferino proprio nei giorni in cui sarà scelto a Roma il nuovo Papa.

Di qui la firma di una "tregua" (sia pure fragile ed effimera) per consentire al quotidiano milanese di essere in edicola nei giorni del Conclave. Una soluzione ponte sulla quale si è speso il direttore (in uscita), assumendosi, di fatto, la leadership del comitato di redazione.

Una "pax debortoliana" che, in redazione (e fuori), è letta anche come il suo ultimo "atto di responsabilità" nei confronti di un'azienda (e dei colleghi) che ormai risponde solo ai nuovi padroni del "patto": Mediobanca (Nagel) e Fiat Elkan). L'asse di ferro Torino-Milano, che sta accelerando i tempi per far traslocare Mariopio Calabresi dalla guida della "Stampa" al comando del "Corriere della Sera" che deve far cassa con la vendita della sede e l'uscita coatta (cassa integrazione e pensionamenti) di oltre cento giornalisti.

Il "flash" lanciato venerdì sera da Dagospia su un ricambio imminente nelle stanze di Albertini ha trovato così più di una conferma nei Palazzi dei poteri marci. E il futuro di Flebuccio dovrebbe essere garantito in azienda con la presidenza della Fondazione attualmente occupata dal notaio Pier Gaetano Marchetti.

Il 9 marzo, comunque, arriva a conclusione il "quadriennio" della gestione Flebuccio, subentrato nel 2009 a Paolino Mieli dopo la sua rinuncia (in extremis e misteriosa) a passare dal "Sole 24 Ore" alla presidenza della Rai cui era stato indicato da Gianni Letta, allora braccio destro del premier Berlusconi a palazzo Chigi.

E' stato davvero un secondo mandato difficile (e amaro) per lui: soprattutto a causa della perdita del primato del "Corriere della Sera" in edicola, superato (sia pure in discesa di vendite) dal concorrente "la Repubblica" di Ezio Mauro.

Quattro anni nei quali de Bortoli ha dovuto fare i conti con la "pulitura" delle copie diffuse ("taroccate" per anni); la crisi mondiale dell'editoria e della pubblicità; le innovazioni tecnologiche (fallimentari). Tutte a spese (o danno) del prodotto-carta (che dà ancora utili e dividendi). E ancora: i prepensionamenti ("dolorosi, ma volontari"); una gestione a dir poco allegra (oltre un miliardo di debiti accumulati) che ha portato l'Rcs sull'orlo del collasso industriale-finanziario. Un fallimento che adesso si vuole scaricare per intero sulle spalle dei dipendenti.

L'addio annunciato, "datato" forse nel contratto (milionario) e mai smentito, di Flebuccio de Bortoli dal Corrierone forse non ha alcuna relazione con la consultazione elettorale del 24-25 febbraio e con la debacle di Rigor Mortis, sostenuto senza alcuna obiezione dalla direzione di via Solferino. In questi ultimi mesi ai lettori del quotidiano milanese (i redattori sembrano pensare sempre ad altro!) e agli osservatori esterni non è sfuggito il "grigiore" più che la (finta) neutralità della sua linea politica.

Già. Un conto è essere filo-governativi, altro è impiccasi alla corda suicida in cui ora penzola Mario Monti. Un premier mai criticato o messo in discussione nell'anno nero dei "tecnici" a palazzo Chigi che sono riusciti nell'impresa di battere il record del debito pubblico facendo leva (sic) sulle politiche di rigore.

Un giornalismo "fatto in casa" (casareccio), con la farina avariata prodotta dai mulini dei Poteri marci. Un quotidiano apparso fin troppo codino nei confronti pure della candidatura dell'avvocato Umberto Ambrosoli, superato alla lunga dal leghista Bobo Maroni nella presa del Pirellone.

Un volenteroso esponente della "società civile" che prima di buttarsi nella corsa alla Regione non aveva alcuna esperienza amministrativa alle spalle (almeno questo andava scritto!), ma sedeva nel consiglio d'amministrazione dell'Rcs.

Tant'è. Né prima né dopo il voto delle politiche si è potuto conoscere il pensiero del direttore del "Corriere" su una competizione dall'esito a dir poco clamoroso: suntuosa avanzata di Beppe Grillo, applaudita per colmo di disgrazia pure dai banchieri di Goldman Sachs; flop clamoroso di Monti; pareggio tra Bersani-Berlusconi e sullo sfondo il rischio d'ingovernabilità del Paese.

C'è voluta una settimana allo stordito Flebuccio per stendere il suo editoriale su "Una nazione allo specchio". Per rivelare la sua sorpresa per l'"ampiezza del fenomeno Grillo" (licenzi su due piedi il sondaggista Mannhaimer). Per criticare una campagna elettorale "scellerata" (compresa la passeggiata con cane al seguito di Monti?).

Per auspicare, tra le righe e impenitente, un secondo tempo del "governo tecnico" alla Monti, bocciato nelle urne. E soltanto a giochi fatti, il direttore del Corriere accusa i partiti di essere stati insensibili ai richiami urgenti del Quirinale per mettere mano alla riforma elettorale. Appelli che sono stati lasciati cadere nel vuoto da Rigor Mortis che poteva mettere sul piato della bilancia (politica) le sue dimissioni per piegare le resistenze "miopi" dei partiti.

Tutto qua, il censuale editoriale di Flebuccio da contrapporre alla pastorale domenica del sommo Eugenio Scalfari dopo una settimana di riflessioni allo specchio. Prima c'è stato un lungo silenzio. Anche nel giorno in cui Grillo rispondeva picche a Bersani su una possibile intesa e il Cavalier pompetta era accusato di essersi comprato i deputati in Parlamento per affossare il governo Prodi.

L'editoriale di sabato scorso del Corriere era dedicato, incredibile ma vero, a un tema davvero d'attualità per il Bel Paese del dopo Monti-disastro: i costi della politica e l'abolizione delle Province!

Un silenzio troppo sospetto quello in cui si è trincerato Flebuccio de Bortoli, che in via Solferino è già stato soprannominato Flebilis II sulla via dell'abbandono del suo papato (di carta).

Del resto, con l'uscita di scena di Cesare Geronzi (ex Mediobanca e Generali), non solo de Bortoli ma anche Abramo Bazoli ha perso un alleato deciso (e fedele) nel gruppo indebitato fino al collo. E anche il presidente ottuagenario di Banca Intesa è visto, insieme a Flebuccio, all'ultimo giro di boa nell'ex Fortezza Bastiani di buzzatiana memoria.


Al Corrierone sta per chiudersi nuovamente un ciclo e, ancora una volta, tutto ciò accade per l'arroganza, l'incapacità e l'ingordigia dei Poteri marci, in pieno conflitto d'interesse, che si fanno chiamare ancora "il salotto" buono della finanza italiana.

 

 

 

Ferruccio De Bortoli FERRUCCIO DE BORTOLI Ferruccio De Bortoli e moglie ALBERTO NAGEL ALBERTO NAGEL JOHN ELKANN MARIO CALABRESI E JOHN ELKANN PIER GAETANO MARCHETTI Paolo Mieli gianniletta

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