UN ‘BULLONAIRE’ PER LA ROSSA – PARLA BRIATORE: ‘MATTIACCI? CAPIRE DI FORMULA 1 NON SERVE, SPESSO NEANCHE GLI INGEGNERI SANNO TUTTO’ – SI SCRIVE: ‘’MATTIACCI È CONDIVISO DA FIAT E FERRARI’’. SI LEGGE: L’HA VOLUTO MARCHIONNE…

1. RIVOLUZIONE FERRARI: TUTTI IN DISCUSSIONE NELL'ERA MATTIACCI
Stefano Zaino per ‘La
Repubblica'

Lo shock è stato forte. Via un uomo con la tuta rossa appiccicata addosso da 23 anni, capo della gestione sportiva da più di sette e spesso parafulmine di tutto, gente del team e scelte sbagliate. Convinti che fosse l'anno giusto, i ferraristi si sono trovati stupiti dopo i test invernali, accigliati dopo l'Australia, preoccupati dopo la Malesia, disperati dopo il Bahrein, in un crescendo di negatività inversamente proporzionale ai sogni di trionfo finale.

Perché la rassegnazione non si portasse a casa tutto (al di là delle scarse chance di rimonta nei confronti della Mercedes) ci voleva un elettroshock e questo, per Montezemolo, deve essere Marco Mattiacci, nuovo capo al posto di Domenicali, manager che viene dal di dentro, perché il presidente non ama i mercenari della F1, «volevo uno di noi, una persona su cui punto molto. Non importa che non abbia esperienza di Formula 1, né m'interessa che non sia un tecnico. In Ferrari sono tutti capaci. Mattiacci ha grandi qualità, è l'uomo giusto».

L'uomo necessario per il cambio di rotta. Che a gioco lungo potrebbe far rima con rivoluzione, perché da ora in poi, caduto Domenicali, tutte le persone al vertice devono sentirsi in discussione, ma che potrebbe anche limitarsi ad una diversa distribuzione delle risorse e ad una maggiore motivazione delle figure all'interno del team.

Come accade nel calcio, quando si cambia l'allenatore, Montezemolo vuole capire, e sarà Mattiacci a giudicare, non come traghettatore, ma come punto di partenza per il futuro, l'esatto valore dei giocatori. Mattiacci viene descritto come sergente di ferro per gli stimoli che elargisce, non come tagliatore di teste; il primo compito dovrà essere una migliore interazione fra i vari reparti, diventati forse compartimenti stagni.

Ieri Montezemolo ha riassunto la filosofia che ha portato al terremoto. Dopo aver congedato con il massimo degli onori Domenicali, «ha avuto il coraggio di dimettersi, cosa rara in questo paese», ha affermato: «Credo che la Ferrari tornerà vincente e ci metto la faccia. Il primo arrabbiato sono io, ora tutti devono dare di più. La mia decisione ha trovato il pieno consenso di Marchionne, siamo sempre in piena sintonia».

Mattiacci è condiviso da Fiat e Ferrari, potrà sviluppare bene il suo motto "Azione, azione, azione, con il 120 per 100". Subito osserverà, non può fare altrimenti. Ciò non toglie che tutti siano chiamati a cambiare registro, a cominciare dal direttore tecnico Fry, che ha lavorato bene nelle strategie (il box Ferrari ad ogni gp è il migliore in campo), ma deve coordinare meglio il team. Marmorini, padre del "power unit", è finito in croce: nel motore c'è affidabilità, ma non potenza, sta a lui far decollare la velocità. Allison ha l'alibi di essere arrivato da poco, ma dovrà presto affrancarsi dal marasma generale.

Quanto al progettista Tombazis, dovrà riscattarsi dopo aver constatato che la Red Bull è ancora superiore in aerodinamica. Poi Alonso, che per il digiuno di successi comincia ad avere un po' di mal di pancia. In casa Ferrari nessuno osa discuterlo (salvo averlo pungolato con Raikkonen al fianco), pericoloso però potrebbe essere un aumento della sua insofferenza. Controbilanciata però da un ricco contratto (20 milioni di euro a stagione sino a fine 2016) che lo rende prigioniero, visti anche gli scarsi sbocchi di mercato. La Mercedes ha già due piloti (Hamilton e Rosberg) in cui crede, la Red Bull ha Vettel (lo spagnolo non sarebbe entusiasta di affiancarlo, più facile una staffetta con Maranello) e in McLaren (scuderia appetibile, dal 2015 motorizzata Honda) è tornato Dennis, nemico giurato di Fernando dalla "spy story" del 2007.

2. BRIATORE: ‘CAPIRE DI F1 NON SERVE IO VENDEVO MAGLIETTE, LUI AUTO'
Marco Mensurati per ‘La Repubblica'

Flavio Briatore, si dice che Alonso per il dopo- Domenicali abbia provato a spingere
per il suo nome.
«Io faccio un altro lavoro».

Si dice anche che Mattiacci troverà molte difficoltà perché la F1 l'ha vista solo in tv. Proprio come lei quando arrivò in Benetton.
«Io vendevo magliette per la Benetton in America, lui macchine per la Ferrari, sempre in America. Ma i punti in comune finiscono qui».

Non ci si rivede?
«Io sono andato a lavorare per il team Benetton. Lui per la scuderia Ferrari. Direi che sono due cose molto diverse ».

L'essere a digiuno di F1 non è stato un problema?
«Un team di F1 è un'azienda. Crea un prodotto che deve competere con altri prodotti. E il tuo ruolo è quello di assembleare un gruppo di gente, cercando di mettere ciascuno nelle condizioni di dare il massimo».

E capirci di queste cose non sarebbe meglio?
«Non serve. Arrigo Sacchi diceva che non devi essere stato un cavallo per fare il fantino. Io dico che puoi anche spendere un milione di dollari con la carta di credito, ma non per questo sei capace di fare l'ad dell'American Express».

Meglio quella di Sacchi.
«Ma poi, anche volendo, non esiste nessun manager che abbia tutte quelle competenze specifiche. Spesso non ci capiscono niente nemmeno gli ingegneri. Guardate cosa sta succedendo con i motori! Quel che serve è solo la capacità di far lavorare insieme la gente e di farla rendere al massimo».

I tecnici sono davvero brutte bestie...
«Pensano di essere i migliori, e invece fanno su e giù, hanno i periodi. E da questo punto di vista la Ferrari è svantaggiata. La Formula 1 è uno sport inglese, e le principali fabbriche stanno tutte lì, nel giro di un chilometro. Se vuoi un ingegnere nuovo devi convincere a cambiare casa lui, la moglie e il figlio».

Ci sono leggende sul suo primo giorno in F1.
«Ad esempio?».

Vide tutti i manager inglesi fare la fila per passare dentro a una porticina. Lei invece entrò per il cancello spalancato lì a fianco, e capì che li avrebbe fregati tutti.
(Ride) «È vero che telefonai a Benetton e gli dissi che doveva investire un sacco di soldi».

Dove ha sbagliato Domenicali?
«È un grande manager, che lavora 20 ore al giorno. Ha fatto un percorso straordinario, ci ha messo l'anima. Ma tutto ha una fine. E lui si è assunto le sue responsabilità».

Non pensa che dietro di lui si siano nascosti gli errori di tutti, sia dei superiori, sia dei sottoposti.
«Penso che lui aveva la responsabilità di quel gruppo».

Consigli a Mattiacci?
«Se è bravo come dicono saprà cosa fare. Il budget ce l'ha, gli uomini anche. Luca (Montezemolo, ndr) ha sempre messo a disposizione grandi risorse per il team».

 

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