schiaffo dago sgarbi

NON L’AVVENTO DI TANGENTOPOLI E LA FINE DELLA PRIMA REPUBBLICA, NÉ L’ASCESA E IL TRAMONTO DELL’ERA BERLUSCONIANA; C’È UN ALTRO RIFERIMENTO PER INDICARE IL VENTENNIO TRASCORSO: UNO SCHIAFFO

PUNTATA DI “OTTO E MEZZO” CON SGARBI E D’AGOSTINO

http://www.la7.it/otto-e-mezzo/rivedila7/dagostino-sgarbi-schiaffi-dautore-23-06-2014-133747

 

 

Luigi Galella per "il Fatto Quotidiano"

 

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Non l’avvento di Tangentopoli e il conseguente sgretolamento della Prima Repubblica, né l’ascesa e il tramonto dell’era berlusconiana, coi suoi umori tardivi di cui ancora siamo contaminati; c’è un altro riferimento per indicare il Ventennio trascorso: uno schiaffo. Un semplice buffetto, poco più, nemmeno troppo pronunciato, in diretta tv, fra Vittorio Sgarbi e Roberto D’Agostino.

 

Una marcata, sonora carezza in risposta a un bicchiere d’acqua ricevuto in faccia. Era il 1991 e nello studiolo di Giuliano Ferrara, pingue e facondo ma quanto mai composto e moderato, ci fu un alterco verbale, interrotto da un mezzo ceffone. Fu D’Agostino a rifilarlo a Sgarbi, ma molti ancora oggi confondono chi fra i due fosse lo schiaffeggiato.

 

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Ventitré anni dopo i due vecchi rivali, che mai si sono amati, guardano a quell’evento con occhi quasi compiaciuti. Nello studio di Lilli Gruber de La7 (“Otto e mezzo”, lunedì, 20.30) D’Agostino è ammirato da quella tv, perché era viva; gli dà man forte Sgarbi, che in collegamento ricorda come l’avvento del “corpo” che interrompeva la parola, “ottocentesca”, avesse anticipato i reality e la presunta ambizione di questi ultimi di rappresentare la “vita”, che molto prima quindi fece irruzione nella cristallizzata finzione della tv, proprio grazie a quell’evento.

 

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In fondo, nient’altro che la vecchia storia tardoromantica dell’antitesi di arte e vita, del cristallo e della fiamma e della necessità, come un movimento inarrestabile, di far confluire l’una nell’altra. Ma che ci sia stata in effetti un’anticipazione di quasi dieci anni del primo reality, in quella occasione e prima ancora con le performance iniziate nel Maurizio Costanzo Show, è vero.

 

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Quando si cercano personaggi e storie da far agire sul palco, prima o poi, assecondato dalle amorevoli mani dei demiurghi televisivi, qualche briciolo di “verità” appare. Non c’era allora, nel ‘91, lo strapotere di Internet, il democratico Internet, che contende alla tv la supremazia dell’immaginario mediatico e ne modifica progressivamente le forme e il linguaggio.

 

VITTORIO SGARBI E D'AGOSTINOVITTORIO SGARBI E D'AGOSTINO

Non c’erano gli smartphone sui quali i due principali media competono nell’offerta di contenuti, che al di là delle partite di calcio, uno degli ultimi eventi globali, tendono a farsi logori e ripetitivi. E non c’erano i social network e le applicazioni, largamente utilizzate dai giovani, per scambiarsi messaggi e immagini. Mancava insomma quella “tv” introiettata in cui fruitore e attore si confondono.

 

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Quello schiaffo, in fondo, la precorre. Ed è forse per questo che il “com’eravamo” di Sgarbi e D’Agostino, paradossalmente, oltre a rivendicare la primogenitura di un format, fattosi la forma stessa dei nostri tempi, è costretto a misurarsi col rimpianto, la nostalgia quasi. Perché leopardianamente i ricordi sfumano, rendendo bello ciò che già allora raccontava il “brutto” della realtà.

 

I due ora non solo non hanno alcuna voglia di schiaffeggiarsi ancora – non potrebbero in ogni caso, visto che comunicano da studi distanti – ma al contrario si blandiscono. Comportandosi come due reduci, che da fronti opposti si ritrovano, dopo vent’anni e a guerra conclusa, sentimentalmente alleati, perché entrambi costretti a fare i conti con le macerie del presente.

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