anna cataldi urbano cairo

CAIRO, L'EX MARITO DEI SOGNI - SUL ''CORRIERE'' UNA PAGINATA IN GLORIA DEL LIBRO DI ANNA CATALDI, CHE NON SOLO PORTÒ A HOLLYWOOD ''LA MIA AFRICA'', MA È STATA ANCHE SPOSATA CON L'EDITORE DEL QUOTIDIANO - LEGGIAMO CHE ''NON È SOLTANTO IL ROMANZO DI UNA GRANDE INTUIZIONE E DELLA CAPARBIETÀ CON CUI È STATA CONDOTTA A BUON FINE (SALVO SUL PIANO FINANZIARIO), MA ANCHE UN SAPORITO VIAGGIO TRA GLI INGRANAGGI DELLO STAR SYSTEM''. NOTARE L'INCISO ''SALVO SUL PIANO FINANZIARIO'' CHE PER UNA PRODUTTRICE…

ANNA CATALDI LA CODA DELLA SIRENA

 

Elisabetta Rosaspina per il Corriere della Sera

 

Davanti alla reazione di Roman Polanski, uomini d' affari ben più coriacei avrebbero fatto definitivamente marcia indietro: «Lascia perdere, se vuoi un consiglio, lascia perdere subito» le ha gridato, dopo averla ricevuta nel suo ufficio di Parigi.

Aggiungendo, perfido: «Continua a spendere i soldi di tuo marito, a girare il mondo, ad andare alle feste. Credi a me, tutto questo è molto più divertente di quello che tu immagini sia lavorare nel cinema. E se hai del denaro da buttare via, fai prima a fare un bel falò. Ti costerà di meno».

 

Nemmeno Audrey Hepburn, una delle amiche più care, è stata incoraggiante: «Dici che vuoi andare a Hollywood, ma tu non hai la più vaga idea di cosa sia il mondo del cinema» l' ha avvertita, con dolcezza, accogliendola nella sua casa di Losanna. Quanto alla possibilità di affiancarla nell' impresa, come interprete principale: «Non se ne parla. Di film non ne faccio più».

 

urbano cairo

No, no, e ancora no. Nessuno voleva saperne, quarant' anni fa, di portare sul grande schermo la vita, gli amori e i dolori di Karen Blixen, cui una testarda paladina italiana intendeva assicurare giustizia in technicolor. Non si erano mai conosciute: Karen era morta da sedici anni, quando Anna ha cominciato a interessarsi a lei, ai suoi libri, talvolta firmati Isak Dinesen. Buio: Isak chi?, ha chiesto Gérard Brach, lo sceneggiatore di fiducia di Polanski che Anna aveva conosciuto qualche tempo prima sulle nevi di Gstaad. «Non credo sia una storia adatta a essere filmata» ha cercato di dissuaderla, con cortesia, il regista Terence Young, seduto casualmente accanto a lei, che sul volo Londra-Parigi leggeva per la prima volta Out of Africa. La mia Africa.

 

berlusconi galliani allo stadio con urbano cairo in fondo

Ma la storia d' amore tra Karen e Denis, aristocratico e avventuroso pilota britannico, taciuta dalla scrittrice e rivelata dalla biografa Errol Trzebinski nel libro Silence will speak, non era perfetta per un buon film commerciale? L' agente letterario più importante di Hollywood, Swifty Lazar, consultato grazie a un' amica comune, non si è lasciato persuadere: «Non ci sarà mai un solo cittadino di Dallas, Buffalo, Chicago e Atlanta che andrà al cinema per vedere cos' è successo in Kenya fra una danese e un inglese. Nessuna major company investirà un dollaro in una storia del genere».

 

Sette anni più tardi il film avrebbe trionfato in America e in Europa. Però quel nome italiano che galleggiava sulla locandina del film La mia Africa, sopra quelli di Sydney Pollack, di Kurt Luedtke, lo sceneggiatore, e subito sotto quello dell' interprete del barone von Blixen, Klaus Maria Brandauer, è passato praticamente inosservato: Anna Cataldi, produttore associato. Nemmeno la grandinata di premi Oscar e Bafta, Golden Globe e David di Donatello, Nastri d' argento e César sul film, sul regista, sui protagonisti, Robert Redford e Meryl Streep, e sui comprimari, sul direttore della fotografia, David Watkin, sugli autori del sonoro e della colonna sonora (John Barry), ha acceso i riflettori sulla misteriosa presenza nei titoli di coda.

 

URBANO CAIRO LA7

Ora, trentatré anni dopo, esce il racconto di chi, per prima, ha creduto che le vicende africane della scrittrice danese meritassero, a qualunque costo, di diventare una pellicola; e, dal 1978 al 1985, ha ostinatamente bussato alle porte della mecca del cinema, ricevendone diverse in faccia, per cercare di convincere i cineasti dell' epoca a raccontare lo straordinario amore della narratrice per il Kenya e per Denis Finch-Hatton, il nobiluomo inglese con la passione del volo e dei safari.

 

anna cataldi

La coda della sirena, ovvero Come ho portato «La mia Africa» a Hollywood, scritto da Anna Cataldi per Rizzoli, non è soltanto il romanzo di una grande intuizione e della caparbietà con cui è stata condotta a buon fine (salvo sul piano finanziario), ma anche un saporito viaggio tra gli ingranaggi dello star system. È un' incursione negli anni d' oro di New York e Los Angeles, popolati di Jacqueline, «la vedova più famosa d' America», Norman (Mailer), Andy (Warhol), Paul (Morrissey), Peter (Beard), Mick e Bianca (Jagger), Bruce (Springsteen), Oliver (Stone), Jerry (Hall), Warren (Beatty), scrittori, artisti, fotografi, celebrità nel cui ambiente si muoveva l' autrice, decisa a mettere a frutto amicizie ed effimere conoscenze per il suo debutto da produttrice.

 

Tanto coraggioso quanto naïf: con un assegno da duemila sterline, ottenuto in cambio dell' orologio, si era assicurata i diritti cinematografici sul libro di Errol Trzebinski, prima ancora di sapere come si scrive una sceneggiatura e se avrebbe trovato qualcuno disposto a farlo. Soprattutto, a quale prezzo.

 

anna cataldi

Era destinata a restare un' esperienza unica e irripetibile per Anna Cataldi che, convertita successivamente al giornalismo e alle missioni umanitarie per conto delle Nazioni Unite (era una dei Messaggeri di pace scelti da Kofi Annan), ha conservato i diari in cui annotava, quasi giorno per giorno, le tappe dei suoi pellegrinaggi dal Sudan, dove in cinque mesi di vagabondaggi con la figlia di 5 anni, era inciampata fortuitamente nel nome di Karen Blixen, al Kenya, dove tutto le parlava di lei. Da Milano a New York, da Londra a Los Angeles, da Parigi a Rungsted, città natale della scrittrice danese, il rimpiattino si susseguiva, in un' altalena di speranze e delusioni, incontri con Jack Nicholson e scontri con Orson Welles, bracci di ferro tra case cinematografiche.

 

Fino a una telefonata, il 7 gennaio dell' 84: «Anna, Sydney Pollack ha deciso di fare la regia di Out of Africa». Alla parete di casa, uno dei bozzetti di Stephen Grimes per lo storyboard le ricorda il lieto fine di un' altra storia da film.

 

Ultimi Dagoreport

friedrich merz donald trump starmer macron meloni von der leyen jd vance

DAGOREPORT - L’INCONTRO DI GIORGIA MELONI CON VANCE E VON DER LEYEN È STATO SOLO ''ACCIDENTALE'': È STATO POSSIBILE IN VIRTU' DELL’INSEDIAMENTO DI PAPA LEONE XIV (NON È STATA LA DUCETTA A CONVOCARE I LEADER, BENSI' SANTA ROMANA CHIESA) – LA "COMPASSIONE" DI TRUMP, CHE HA COINVOLTO LAST MINUTE "COSETTA" MELONI NELLA CHIAMATA CON MACRON, STARMER E MERZ – LE FAKE NEWS DI PALAZZO CHIGI PROPALATE DALLA STAMPA E MEDIA DI DESTRA COL SUPPORTO DEL “CORRIERE DELLA SERA”:  ALL’ORIZZONTE NON C’È MAI STATO ALCUN INVIO DI TRUPPE EUROPEE AL FIANCO DI KIEV CONTRO MOSCA. SOLO DOPO LA FIRMA DI UNA TREGUA, GRAN BRETAGNA E FRANCIA SONO A FAVORE DI UN INVIO DI TRUPPE, MA UNICAMENTE AL FINE DELLA SALVAGUARDIA DEI CONFINI UCRAINI, E COL FONDAMENTALE SUPPORTO INTELLIGENCE DELLA CIA - ALTRA MINCHIATA DELLA PROPAGANDA ALLA FIAMMA: NON E' MAI ESISTITA LA VOLONTÀ DI ESCLUDERE L’ITALIA DAL GRUPPO DEI ''VOLENTEROSI''. È LA "GIORGIA DEI DUE MONDI" STESSA A ESSERSI CHIAMATA FUORI, IN PREDA ALL'AMBIZIONE SBAGLIATA DI DIVENTARE LA "PONTIERA'' TRA STATI UNITI ED EUROPA, E PER EVITARE GUAI IN CASA CON IL SUO NEMICO PIU' INTIMO, MATTEO SALVINI...

ernesto galli della loggia giorgia meloni

DAGOREPORT - FAZZOLARI E' PER CASO IL NUOVO DIRETTORE DEL "CORRIERE"? - IN UNA PRIMA PAGINA CHE NASCONDE LE MENZOGNE DI GIORGIA MELONI, SPUTTANATA DA MACRON, BRILLA UN EDITORIALE VERGOGNOSO DI GALLI DELLA LOGGIA CHE SI DOMANDA: "SE LA GERMANIA (DI AFD) HA DAVVERO FATTO I CONTI CON IL SUO PASSATO NAZISTA. IN ITALIA, INVECE, UN PARTITO CHE PURE HA LE SUE LONTANE ORIGINI NEL FASCISMO GOVERNA DA TRE ANNI IN UN MODO CHE SOLO I COMICI (DUNQUE PER FAR RIDERE…) GIUDICANO UNA MINACCIA PER LA DEMOCRAZIA" - L’EX MAOISTA, POI TERZISTA, QUINDI BERLUSCONIANO, 5STELLE, INFINE MELONIANO  DEVE STUDIARE UN PO’, INVECE DI CAMBIARE PARTITO A OGNI CAMBIO DI GOVERNO. NEL DOPOGUERRA IN GERMANIA, GLI EX NAZISTI RIENTRARONO NEL CONTESTO SOCIALE E OTTENNERO POSTI DI POTERE NELLE INDUSTRIE PIÙ AVANZATE FINO ALLA CONTESTAZIONE DEL '68, SIMBOLEGGIATA DALLO SCHIAFFONE RIFILATO DALLA STUDENTESSA BEATE KLARSFELD AL CANCELLIERE (EX NAZISTA) KURT KIESINGER – IN ITALIA LA DESTRA ALLA FIAMMA DI FINI FU SDOGANATA DAL GOVERNO BERLUSCONI, DOVE IL MINISTRO DELLA GIOVENTU' ERA GIORGIA MELONI. COSA CHE IL GALLI OMETTE ESSENDO ORA COLLABORATORE DEL GOVERNO DUCIONI PER IL SETTORE SCUOLA...

andrea orcel unicredit

DAGOREPORT - IL RISIKO DELLE AMBIZIONI SBAGLIATE - COME PER IL GOVERNO MELONI, ANCHE ANDREA ORCEL NON IMMAGINAVA CHE LA STRADA PER LA GLORIA FOSSE TUTTA IN SALITA - IL RAFFORZAMENTO IMMAGINATO DI UNICREDIT, PER ORA, È TUTTO IN ARIA: IL MURO DI GOLDEN POWER DELLA LEGA HA RESO MOLTO IMPROBABILE LA CONQUISTA DI BANCO BPM; BERLINO RITIENE “INACCETTABILE” LA SCALATA ‘’NON AMICHEVOLE” DI UNICREDIT ALLA SECONDA BANCA TEDESCA COMMERZBANK; LE MOSSE DI NAGEL E DONNET GLI DANNO FILO DA TORCERE; CREDIT AGRICOLE, CHE HA UN CONTRATTO IN SCADENZA PER LA GESTIONE DEL RISPARMIO CHE RACCOGLIE UNICREDIT, HA UN ACCORDO CON BPM, DI CUI E' PRIMO AZIONISTA. E IL CDA DI UNICREDIT NON È PIÙ QUELLA FALANGE UNITA DIETRO AL SUO AZZIMATO CONDOTTIERO. COME USCIRE DAL CUL-DE-SAC? AH, SAPERLO…

orcel giorgetti

DAGOREPORT – GIORGETTI SI CONFERMA UN SUPPLÌ CON LE UNGHIE: ALL’INCONTRO CON I RAPPRESENTANTI DI UNICREDIT PER LA MODIFICA DEL DECRETO GOLDEN POWER CHE BLINDA L'OPS SU BPM, BANCA CARA ALLA LEGA, CHI HA INCARICATO IL MINISTRO DI CAZZAGO? STEFANO DI STEFANO, DIRETTORE GENERALE DELLE PARTECIPAZIONI DEL MEF, MA ANCHE COMPONENTE DEL CDA DI MPS. INSOMMA, LA PERSONA GIUSTA AL POSTO GIUSTO... – CALTA C’È: LA GIRAVOLTA DEL CEO DI MPS, LUIGI LOVAGLIO, SULL'OPERAZIONE MEDIOBANCA-BANCA GENERALI…

guzzetti bazoli meloni fazzolari e caltagirone scannapieco giuseppe francesco gaetano dario cdp giorgia

DAGOREPORT - AVVISATE ‘’PA-FAZZO CHIGI’’ CHE IL GRANDE VECCHIO DELLE FONDAZIONI BANCARIE, GIUSEPPE GUZZETTI, HA PRESO IL BAZOOKA - L’INDOMABILE NOVANTENNE NON NE PUÒ PIÙ DI VEDERE CASSA DEPOSITI E PRESTITI (DI CUI LE FONDAZIONI HANNO IL 30%) RIDOTTA A CAGNOLINO SCODINZOLANTE DEI FRATELLI DI FAZZOLARI: AFFONDATA LA NOMINA DI DI CIOMMO ALLA PRESIDENZA DEL CDA DEL FONDO F2I - MA IL CEFFONE PIÙ SONORO AL SOVRANISMO BANCARIO DEL GOVERNO DUCIONI È STATO SFERRATO DAL TERRIBILE VECCHIETTO CON LA VENDITA DELLA QUOTA DELLA FONDAZIONE CARIPLO IN MPS, IL CAVALLO DI TROIA DEL FILO-GOVERNATIVO CALTAGIRONE PER ESPUGNARE, VIA MEDIOBANCA, GENERALI – STRATEGIE DIVERSE SUL RISIKO TRA GUZZETTI E IL SUO STORICO ALLEATO, IL GRANDE VECCHIO Di BANCA INTESA, “ABRAMO” BAZOLI…