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IL CINEMA DEI GIUSTI – AL FESTIVAL DI ROMA SI PARTE CON IL BELLISSIMO “TRUTH” DI JAMES VENDERBILT – COPIONE PERFETTO E REGIA GRINTOSA PER RACCONTARE LA CAMPAGNA ELETTORALE DI GEORGE BUSH NEL 2004 CON CATE BLANCHETT E ROBERT REDFORD NEI PANNI DI DAN RATHER

Marco Giusti per Dagospia

 

Vabbé, non ci possiamo lamentare. Giornalisti in cerca della verità ai tempi delle rielezioni di George W. Bush nel 2004 in Truth di James Vanderbilt, mostri cinesi un po’ buoni un po’ cattivi che se la spassano fra rutti e scorregge nel divertente Monster Hunt di Raman Hui e un’orrenda famigliola chiusa in casa dai genitori che vive la vita attraverso i film in tv in The Wolfpack di Crystal Moselle sono i protagonisti della prima giornata della Festa del Cinema nel primo anno dell’era Antonio Monda mentre in sala trionfa Suburra di Stefano Sollima alla faccia di feste e festival del cinema.

TRUTHTRUTH

 

Truth, opera prima diretta e scritta dal giovane James Vanderbilt, 39 anni, già sceneggiatore del favoloso Zodiac di David Fincher, è un bellissimo viaggio nel mondo del giornalismo democratico secondo le antiche regole di Hollywood e della stampa americana. Cioè copione perfetto, regia grintosa, attori meravigliosi e una verità da raccontare.

 

Protagonisti della storia, ambientata nel 2004, nell’anno della campagna George W. Bush, al secondo mandato, contro John Kerry, sono la produttrice della celebre trasmissione di approfondimento giornalistico della CBS “60 minutes”, Mary Mapes, interpretata da Cate Blanchett, il suo anchor man Dan Rather, pilastro della tv democratica americana, interpretato da un Robert Redford in gran forma, e tutto il loro gruppo di lavoro, composto da Dennis Quaid, Elizabeth Scott e Topher Grace. Mary Mapes ha fra le mani un caso scottante riguardante l’imboscamento di George W. Bush nella Guardia Nazionale negli anni della guerra in Vietnam e il perché non venne mai mandato a combattere.

 

TRUTHTRUTH

Visto la campagna che i repubblicani stavano facendo sull’impegno bellico del candidato democratico John Kerry, la CBS rispose con un grandioso servizio di Dan Rather, andato in onda l’8 settembre del 2004, sul misterioso caso dell’imboscamento di George W. Bush nella Guardia Nazionale nel 1972. Caso di vigliaccheria personale e di protezione politica a alti livelli niente male.

 

JAMES VANDERBILTJAMES VANDERBILT

Mary Mapes aveva in mano però solo una fotocopia di una lettera scritta da un ten. Colonnello, Killian, e conservato da un ufficiale, Bill Burkett, interpretato da un vecchio Stacy keach, che sbugiardava letteralmente Bush. Solo che, appena uscito il servizio, la ABC lanciò un controservizio sulla possibile falsità di quella fotocopia e di tutto il servizio.

 

Dove sono gli originali? Inoltre il font, Times New Roman, sembrava provenire da un computer e non da una macchina da scrivere e il “th” piccolo di 111th battaglione sembrava troppo moderno. Le macchine da scrivere del tempo possedevano quel th, che è un po’ come il nostro “o” piccolo? Veramente io me lo ricordo nella mia vecchia Everest anni ’70. E si possono fare perizie sulle fotocopie? Il caso andò avanti per molto e scatenò un vero terremoto alla CBS. Altro che le note spese dei giornalisti… Complesso thriller giornalistico che farà la gioia dei vecchi redattori, il film, che scorre benissimo solo se siete sul serio interessati all’argomento, ha un’ottima scrittura e ci mostra il nostro ieri di una decina d’anni fa come fosse veramente un mondo lontanissimo.

 

Gran bel film per cominciare, comunque.

 

TRUTHTRUTH

Molto divertente, anche se indirizzato a un pubblico totalmente infantile, questo giocattolone cinese, Monster Hunt, diretto da Raman Hui con effetti speciali all’americana, che ha incassato in patria qualcosa come 384 milioni di dollari e che rimane il più grande successo cinematografico nazionale.

 

Si tratta di un romanzo picaresco, molto legato al kung fu, dove una ragazza cacciatrice di mostri, Bai Baihe, e un buffo sindaco zoppo di un paesino, che alterna le professioni di cuoco e di sarto, Jing Boran, si ritrovano a difendere un buffo esserino a forma di ravanello, che il ragazzo ha cresciuto nella sua pancia. Lo porteranno in città, perché la ragazza vorrebbe vendere l’esserino come cibo in un ristorante per gourmet dove si cucinano mostri, ma si accorgeranno durante il viaggio che il piccolo mostro  ha dei sentimenti come gli esseri umani e le cose non andranno come il previsto.

RAMAN HUI MONSTER HUNTRAMAN HUI MONSTER HUNT

 

Se la parte comica con gli scontri fra i buffi mostri e i cacciatori funziona bene anche per il pubblico occidentale, certo la lunga scena in città dove vediamo l’esposizione dei cani scuoiati venduti al macello può far gridare i nostri ragazzini. Ma tutto il film, da un certo punto in avanti, si lancia verso questo aspetto del mostro, dell’altro da sé, visto come cibo che è un po’ disturbante, anche se, probabilmente, è voluto.

 

In un film così popolare in patria, con effetti speciali di grande livello e un incasso così strepitoso, questo aspetto della macelleria di cani e mostri ci sembra troppo forte perché sia una casualità. Comunque, sarà difficile portarci i nostri piccoli spettatori.

MONSTER HUNT MONSTER HUNT

 

Punta di diamante della sezione Alice nella città è invece questo curiosissimo documentario che è uscito vincitore dal Sundance, The Wolfpack, diretto dall’esordiente americana Crystal Moselle, dove l’intera famiglia Angulo, sei fratelli e una sorella, è segregata in casa, nel Lower East Siode di Manhattan, dal padre, un Inca peruviano dittatoriale mezzo pazzo e dedito a Hare Krishna, e costretta a crescere solo con i film su dvd e in tv.

 

MONSTER HUNT MONSTER HUNT

Visto che non escono mai, per il terrore che si possano contaminare con l’orrore del mondo, i sette ragazzi si divertono a mettere in scena i grandi film che vedono decine e decine di volte in tv. Dagli horror ai classici di Tarantino. Più o meno è quello che accadrebbe alla gran parte dei cinefili da festival se non potessero uscir di casa. Film terribile e totalmente reale, è una sorta di macabro, ma anche coinvolgente racconto alla Doctorow sui disastri dell’educazione familiare e del male che il cinema può fare alle menti umani. Notevolissimo. Esce anche in questi giorni in sala.

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