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IL CINEMA DEI GIUSTI - ECCO I “POSH” DI OXFORD: RAZZISTI, CLASSISTI, GIOVANI LUPI DELLA CITY IN UN’INGHILTERRA DOVE I SOLDI HANNO COMPRATO L’ANIMA DELLA SOCIETÀ

Marco Giusti per Dagospia

 

“Posh” di Lone Scherfig

 

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Sono giovani studenti di Oxford, belli, ricchi, viziati, non troppo etero, facili al bere e a alzare le mani. Trattano le donne e i poveri come schiavi. Convinti che coi soldi si possa comprare tutto e che ben presto domineranno il mondo.

 

La storia di “Posh”, bel film superinglese diretto dalla danese Lone Scherfig, regista dei notevoli “An Education” e “One Day”, interpretato da una serie di giovani attori di belle speranze come Max Irons, Sam Claflin e Douglas Booth, in fondo la conosciamo, ma fa sempre un certo effetto fare un tuffo nella élite dei giovani inglesi ultrapariolini (posh vuol dire più o meno quello, anche se si tratta di ragazzi ricchi e nobilastri vari) che già sanno che avranno i posti chiave nel controllo del paese.

 

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David Cameron e il sindaco di Londra, a esempio, vengono dalla ristretta cerchia del Bullingdon Club, che ha fornito la materia prima per la commedia di Lara Wade, “Posh”, rappresentata nel 2010 e nel 2012 a Londra con grande successo, che lei stessa ha scritto per il cinema. Il Bullingdon Club diventa qui il Riot Club, ristretto e storico club della gioventù dorata di Oxford, che vede due giovani studentelli del primo anno, Miles, cioè Max Irons, e Alistair, cioè Sam Claflin, pronti a unirsi al tavolo dei dieci ragazzi fortunati che compongono il magico cerchio del potere.

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Se tutta la commedia era costruita sulla cena che i dieci ragazzi faranno in un risto-pub popolare un po’ fuori Oxford, dando vita a una serie di nefandezze che non andranno a finir bene, in questo caso si cerca di arrivare alla cena dopo aver descritto un po’ le storie dei due ragazzi protagonisti e il loro ingresso a Oxford. Se Alistair viene da una famiglia che già conosce bene il club e il suo potere, Miles sembra più aperto e concentrato su una ragazza, Lauren, cioè Holliday Grainger, di più umili origini. Cosa che per il Riot Club è quasi un’offesa, vista la chiusura culturale e ideologica del gruppo.

 

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Miles ha su di sé anche gli occhi di Hugo, cioè Sam Reid, non apertamente gay, che lo ha portato a unirsi al gruppo. Il comportamento di Miles e la follia di Alistair avranno un ruolo chiave nella cena al pub dei dieci ragazzi ubriachi e scatenati, che coinvolgeranno il padrone del ristorante, la sua bella figlia Rachel, la Jessica Brown Findlay di “Winter’s Tale”, una giovane escort, Charlie, la bella Natalie Dormer di “Game of Thrones”, che si rifiuterà di scendere sotto il tavolo e fare un pompino a ogni membro del club (“Non sono il calzino che usi per masturbarti!”).

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Ma più di qualsiasi violenza messa in scena e più di qualsiasi razzismo dichiarato contro donne e poveri, quel che colpisce di più del bel film della Scherfig, ormai bravissima nel descrivere dal di dentro la società inglese, sono le due grandi inquadrature sul centro di Londra massacrato da decine di mostruosi nuovi edifici che ne rovinano per sempre lo skyline che chiudono la cena e ci mettono davanti alla realtà del paese. Che cioè i ragazzi del Bullingdon Club o del Riot Club, i giovani lupi della finanza e del conservatorismo del paese hanno vinto e massacrato tutto.

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Che, malgrado le prese di posizioni morali di chi riesce a opporsi alla mentalità del tutto è in vendita, i soldi hanno comprato l’anima della società inglese. E la tradizione, la storia di una grande università come quella di Oxford serve solo come scenario per i passaggi di potere. Certo “If” di Lindsay Anderson era più rivoluzionario e innovativo, ma anche questo “Posh”, da pochi giorni passato a Toronto, e che esce contemporaneamente da noi e in Inghilterra, è piuttosto riuscito. E tutti i suoi giovani interpreti sono già delle star. In sala dal 23 settembre.

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