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VIDEO! "MA COME E’ BELLO QUI…" - DALLE MUTANDINE DELLE RAGAZZE ALLA SIGLA CON “ACCORDI DI NINO ROTA”: TUTTO SU “NON E’ LA RAI” (NEL TRENTENNALE DELL’ULTIMA PUNTATA DEL PROGRAMMA) IN UN ARTICOLO DEL 1993 DI GIORGIO DELL’ARTI PER “EPOCA” – LE TUTINE ONYX, IL TRUCCO BANDITO, GLI SLIP ROSSI, LA SPILLA SPARITA, L’IGIENE DELLE RAGAZZE (“SONO PULITE? QUASI TUTTE”) – AMBRA: “PAPÀ E' GELOSO E ALL’INIZIO AVEVA PAURA” - MIRIANA: “UN PROGRAMMA MALIZIOSO? CHI DICE COSÌ, FRAINTENDE” – SABRINA IMPACCIATORE: “CI SCRIVONO RAGAZZI CHE HANNO BISOGNO DI QUALCUNO CHE LI ASCOLTI, UNA VOLTA PURE UNA GIOVANE COCAINOMANE…” – BONCOMPAGNI: “NON È LA RAI È ROBACCIA? COME TUTTO IL RESTO. QUANTO A CONTENUTO, È VUOTO. MA IO SE AVESSI UNA FIGLIA IN ETA' QUI CE LA MANDEREI” – VIDEO

Articolo di Giorgio Dell’Arti per “Epoca” - 1993 –

Ripubblicato da “Anteprima - la spremuta di giornali di Giorgio Dell’Arti”

 

Il 30 giugno 1995 - trent’anni oggi - andò in onda l’ultima puntata del programma televisivo Non è la Rai. 

ambra e il diavoletto non e la rai day

 

Ambra, Miriana e le altre ragazze di Non è la Rai indossano quest’anno abiti della ditta Onyx, capi giovani e che costano poco, chiunque può andare in negozio e portarsi a casa uno di quei vestiti spendendo al massimo centomila lire.

 

Tre volte a settimana arriva al Centro palatino di Roma, dove si registra la trasmissione, un camioncino della tintoria Colangeli di via Antonini e porta la roba a lavare. Di lavanderia, alla fine dell’anno, se ne saranno andati parecchi milioni. Le calze (marca Bombana) dopo un paio di puntate si buttano via: si calcola che, a programma finito, se ne saranno consumate quindicimila. Gli slip - in genere rossi - vengono fatti su misura dalle sette sarte in organico. Le ragazze li indossano sopra i loro slip personali. Le ragazze sono pulite? Monica Simeone (costumista): ”Sì, molto pulite. Quasi tutte”. 

non e la rai cast

 

Le ragazze, delle volte, non vogliono mettere il vestito che è stato loro assegnato. La settimana scorsa una s’era impuntata che l’abito le stava male, poi non voleva il cappello, eccetera: alla fine, siccome non la capiva, è stata licenziata. Altro problema: il rossetto o, in genere, il trucco. Nella mente delle ragazze un buon trucco deve far colpo, perciò arrivano con certi labbroni violacei, con certe palpebre nere. Boncompagni, appena le vede, le fa mettere con la testa sotto il lavandino.

 

ultima puntata non è la rai

Se qualcuna insiste, viene sospesa. Se qualcuna ritarda, viene sospesa. Se qualcuna ritarda troppo di frequente o fa troppo i capricci o parla a vanvera con i giornali viene rimandata a casa. 

 

Non è la Rai va in onda ogni giorno in diretta dallo studio uno del Centro Palatino, Roma. Si comincia a lavorare verso le undici del mattino: trucco, parrucchiere, costume. Alle due e mezza parte il programma in diretta. Alle quattro, dopo la sigla di chiusura, ci sono altre due ore di prova, per preparare lo show del giorno dopo. Verso le sei, quando è tutto finito, c’è spesso la predica.

 

Sale sul palcoscenico il redattore capo Beatrice Morini, detta semplicemente Bea, una specie di terribile istitutrice di collegio. Le luci sono spente, Boncompagni s’aggira borbottando tra le sedie rosse, Bea, un mucchietto di fogli in mano, attacca: «Cominciamo a dire che, quando sono finite le prove, non è che vi precipitate all’uscita in branco, senza dire nemmeno arrivederci e grazie.

 

non e la rai cast

Poi non esiste che durante la trasmissione fate a cazzotti per mettervi in prima fila: tanto non è che quelle della prima fila vengono riprese e le altre no, perciò è inutile tutta quella confusione, anzi la regola per scendere in platea ordinatamente è che quelle che vanno giù per prime si mettono in fondo in modo che non ci siano intralci. Inutile pure tentare di mettersi vicino alle amichette, vi dovete mettere in testa che qui non c’è il problema dell’amichetta, c’è il problema del programma e basta. Se a qualcuna non sta bene il vestito che le è stato assegnato, pazienza: le scelte della costumista non si discutono.

pamela petrarolo ultima puntata non è la rai

 

È vietato pure fare le telefonate ai fidanzatini, le minorenni aspettino a uscire che arrivano i genitori, chi non viene per dieci giorni di seguito è inutile che poi si presenta, chi deve saltare una puntata abbia la cortesia di avvertire», eccetera eccetera. Boncompagni dice che sulle centotrenta ragazze, sui clan che si sono formati al loro interno - con tanto di leader, amicizie, qualche invidia, qualche odio, parecchia competizione - potrebbe scrivere un trattato di antropologia. 

 

Lei, Boncompagni, avesse le figlie in età, le manderebbe a Non è la Rai? 

«Io sì. Almeno questo è un posto di lavoro. Capiscono cos’è l’orario, cos’è l’Iva, cos’è la disciplina. Non fossero qui, starebbero per strada a giocare con i motorini o a perdere tempo» 

 

non e la rai cast

Boncompagni ha tre figlie grandi, Barbara Paola e Claudia, ed è nonno due volte. Le figlie se le è cresciute da solo: da giovane si innamorò di una svedese, si trasferì a Stoccolma, la sposò, ne fu lasciato dopo sette anni, tornò in Italia e ingaggiò una battaglia per avere le bambine con . Le ottenne e le tirò su con le sue forze e l’aiuto dei due genitori di Arezzo. Opinione generale è che sia stato un padre simpatico, ma severo. Quando s’accorse che al liceo Castelnuovo le figlie chiamavano il preside "Bernardo" e gli davano del tu, gli prese un colpo. Sostiene che a scuola si boccia troppo poco e che i giovani di adesso sono troppo ignoranti. «Non c’è paragone tra quello che sapevo io all’età loro e quello che sanno loro adesso». 

ambra angiolini ultima puntata di non è la rai

Boncompagni parla fluentemente svedese, inglese e francese. Dice di cavarsela ancora molto bene con il latino. E le ragazze? «Figurarsi, fanno tutte il liceo linguistico, una scuola di ripiego». La regola, quest’anno, è che le ragazze non possono parlare con i giornalisti e meno che mai farsi fotografare senza autorizzazione. Mentre andiamo a chiedere il permesso di fare qualche intervista, ci viene spiegato che le ragazze possono essere pericolosissime.

 

Soprattutto con giornalisti e fotografi, mascalzoni ben noti. Per esempio, intorno al Centro Palatino girano una quantità di fotografi che promettono a tutte quelle che gli capitano a tiro un "book" da distribuire alle agenzie: il "book" è un libro di foto che, fatto arrivare alle persone giuste, potrebbe aprire la carriera di modella o, magari, di attrice. Naturalmente le foto devono essere di un certo tipo: scosciamenti, ammiccamenti, sguardi.

non e la rai day

 

Le ragazze sono in cerca di gloria e magari ci stanno. In effetti, qualche "book", fatto in tempi più liberali, gira. Quelli di "Ciao 2001" e di "Tv Stelle" hanno scattato foto da distribuire ai lettori, tra le altre si vedono immagini con le bambine vestite col chiodo nero, su potenti motociclette, labbra truccatissime, eccetera. «Le facciamo viaggiare sempre in gruppo e con parecchie mamme al seguito». 

 

Sulle ragazze c’è anche una questione piuttosto delicata di diritti: gli Auguri Mondadori hanno stampato adesso un milione di quaderni, cartelline per conservare i disegni, copertine ad anelli, organizer con le immagini delle ragazze più popolari (Ambra, Miriana, Mary Patti, Ilaria, Francesca, Roberta). A quanto se ne sa, stanno andando a ruba. I due dischi incisi finora hanno venduto, in totale, settecentomila copie e un terzo disco è in uscita. Insomma, la vigilanza feroce è dovuta a una preoccupazione morale, a problemi di immagine (i cattolici hanno più volte condannato il programma) e alla tutela di un business sempre più cospicuo. Quelli di "Ciao 2001" avevano tutto pronto per fare l’album delle figurine e si sono dovuti fermare. 

antonella mosetti non e la rai

 

Il cronista di "Epoca" ottiene il permesso di fare interviste, ma non ricava risposte clamorose. Ambra Angiolini: «Mio padre possiede una piccola ditta di salumi e formaggi, mia madre gli dà una mano a tenere la contabilità. Abitiamo alla Borgata Ottavia, qui a Roma» Siete benestanti? «Direi di sì». I tuoi non hanno avuto problemi a mandarti in televisione? «Papà all’inizio aveva paura. È anche geloso. Non mi permette mai di tornare a casa dopo le undici di sera».

 

Quanti anni hai? «Quindici». Che scuola fai? «Il secondo liceo linguistico». E come vai? «Bene, ho la media dell’otto, soprattutto in italiano». Leggi? «Libri horror. Stephen King è super. Ho letto anche Parola di Giobbe di Giobbe Covatta».

 

striptease laura freddi a non e la rai 4

Come fai ad andare a scuola e a stare tutti i giorni in tv? «E’ una scuola di monache che sta qui vicino, le Suore dell’Immacolata Concezione. Mi hanno messo in una classe che comincia alle sette di mattina. A mezzogiorno esco e vengo qui al trucco. Alle sei del pomeriggio finisco e vado a casa. Faccio i compiti nelle pause delle prove, poi a casa studio un altro po’. Alle dieci e mezza-undici sto a letto». Stai imparando qualcosa dal programma? «A comunicare con la gente». Se, finito il programma, non succede niente? «Farò l’interprete». Qui fuori ci sono un sacco di ragazzi che vi aspettano, ci sono anche delle scritte oscene. «Poverini, sono carucci, tante volte m’hanno tirato su il morale con il loro affetto». Hai paura di andare in scena? «Terrore. Un sacco di volte, prima di cominciare, sono scoppiata a piangere. Poi esco e passa tutto». 

 

giorgio dell arti (1)

Miriana Trevisan. Stai leggendo un libro della Fallaci. «Sì, lo leggo nelle pause. Adoro la Fallaci, ho letto tutto quello che ha scritto». I tuoi genitori che fanno? «Impiegati alla Banca d’Italia». Non è la Rai è un programma malizioso? «Quelli che dicono così, fraintendono. Stessero qui a vedere come lavoriamo, cambierebbero idea». Qualche volta ti hanno umiliato? «No, mai». Esaltato? «Neanche». Come sei capitata qui dentro? «Facevo danza in una palestra sull’Appia e ho sentito del provino. Mi sono presentata ed è andata bene».

 

Vuoi fare l’attrice? «Mi piacerebbe, sì. Mi piacerebbe anche stare dietro le quinte, fare l’organizzatrice di spettacoli». I ragazzi che vi aspettano qui fuori non sono un po’ pesanti? «Qualche volta sì, specie quando abbiamo fretta e scappiamo via senza dargli retta. È che l’Italia è un paese meraviglioso, molto caldo». Ti scrivono? «Mi mandano un sacco di regali, una volta un coniglio enorme, grande quanto un frigorifero, con dentro un cesto di baci. Il coniglio l’ho soprannominato Bimba, sta in camera mia». Quanti anni hai? «Ventuno». Fidanzati? «Niente». Che idea ti sei fatta dei giovani? «Nei giovani si deve aver fiducia». E la società di oggi? «Il consumismo è assurdo». Cos’è quel segno sulla guancia? «Avevo un brufolo e ci ho messo sopra del dentifricio». 

 

NON E' LA RAI

Mary Patti. Mi hanno detto che fai l’università. «Si, Psicologia». A che anno sei? «Al terzo. Ho 21 anni». Quanti esami hai fatto? «Tre». Pochini, no? «Insomma». Come mai porti un anello, qui è vietato indossare gioielli o bigiotteria. «Adesso che cominciano le riprese me lo tolgo. L’altro giorno è pure sparita la spilla di una ragazza». Ti interessi di qualcosa? «Beh, leggo. L’ultima volta ho letto un romanzo di Kundera». E la politica? «Non ci capisco niente». Per chi hai votato? «Non glielo dico». Scommetto che è un partito estremo, o il Pds o il Msi. «Indovinato. E’ uno dei due». 

Priska Boupkouele. Come si pronuncia il tuo cognome? «Bucuèle». Quanti anni hai? «Tredici». Sei congolese? «Sì». Parli italiano come una romana. «Sto qui da piccolissima». Hai nostalgia del Congo? Sei italiana o africana? «Non lo so. Quando sto qua mi sento congolese, quando sto in Congo italiana». Papà che fa? «Architetto». Dove abitate? «A Centocelle». Com’è fatta la casa? «Una sala da pranzo, una camera da letto, la cucina e il bagno». Quanti siete in casa? «Tre. Mio padre, io e mia sorella». E mamma? «Si sono separati. Mamma è tornata in Congo». E che fa in Congo? «Ha due negozi di abbigliamento». A scuola ti dicono qualcosa, ti prendono in giro per il fatto che sei nera? «Tutto sommato no». Da grande farai l’attrice? «No, la pediatra. O anche qualcosa che mi faccia viaggiare». La vita è facile o difficile? «Difficile». 

striptease laura freddi a non e la rai 6

 

Gu Shen. Sei cinese? «Sì». Di dove? «Di una città che si chiama Whenzhow. Sta vicino a Shangai». Tuo padre che fa? «Lavora nel ristorante di mia zia, sulla Prenestina. E’ venuto in Italia prima lui, poi io e mia madre. C’è anche una sorella che è rimasta in Cina: non può più venire perchè ha compiuto diciott’anni». I tuoi in Cina che facevano? «Papà era ricercatore in una fabbrica di televisori. Mamma stava in una ditta che vende, come si chiama?» Grande magazzino. «Ecco». In Cina ci torneresti? «Oh, adesso laggiù sono diventati ricchi. Non è più come una volta». In Italia ti hanno trattato bene? «Certi sì, certi no». Per esempio, chi ti ha trattato male? «In questura ti gridano contro...» (impossibile continuare perchè scoppia a piangere). 

 

NON E' LA RAI

Gu non vuole assolutamente fare l’attrice e non sa immaginare quale destino l’attende. Nessuna delle ragazze - a parole - vuole fare l’attrice, tutte dicono che questo è un gioco, se va bene, bene e se no non importa. Si tratta, evidentemente, di una bugia. Due nuove, Isabella Meloni e Anna Longoni, sono venute fin qua da Milano, prima non si conoscevano, arrivate a Roma hanno preso un appartamento insieme in via Cavour, costo dell’affitto un milione e duecentomila lire al mese.

 

Una ragazza di Non è la Rai prende centomila lire al giorno, se nel contratto è prevista l’esclusiva centotrentamila lire. Al mese, fa sui tre milioni, dunque, per chi viene da fuori, non si tratta di un affare. Però ci sono le "serate": qualunque discoteca, in tutt’Italia, sa che se a una serata partecipa una ragazza di Boncompagni il locale viene preso d’assalto. Quest’estate, al Bandiera gialla di Rimini - con Ambra, Miriana e una ventina di altre - c’erano ottomila persone a sera. Per le ragazze il vero compenso sta nelle serate e, per le più popolari, si può stimare un guadagno, ottenuto con le serate, di venticinque-trenta milioni al mese. Tutte dicono che questi soldi vengono affidati ai genitori e messi da parte, quando verrà il momento si vedrà. 

NON E' LA RAI

 

Le due milanesi raccontano di non essere del tutto debuttanti. Isabella - diciott’anni, la madre lavora da Fendi, il padre è un addetto dell’hotel Savoy di Milano - era tra le vallette di Ma mi faccia il piacere, con Wendy, Gigi e Andrea. Ha fatto spot pubblicitari fin da quando era bambina (il primo, in fasce, per la Plasmon). La madre, saputo che veniva a Roma per la trasmissione, s’è messa a piangere: c’è il problema della scuola da finire, Isabella sta al IV anno del liceo artistico, è già deciso che si presenterà da privatista. Racconta che qui tutto si svolge nella massima correttezza, ma quando aveva dodici anni sostenne un provino per uno spot e il regista, accompagnandola a casa, le fece delle proposte. Se andasse male con lo spettacolo, tenterà di fare l’architetto.

 

Anna - non proprio milanese, ma brianzola di Briosco, la madre, piuttosto ricca, ha una catena di negozi di articoli sportivi a Cinisello e a Lissone - ha fatto Piacere Raiuno e aveva già avuto un contratto per un film di Michele Placido, ma - racconta - Placido impose poi nel cast sua figlia e lei dovette tornarsene a casa. «Una cresce con queste cose traumatiche dentro, capisce?» State qui per gioco o è un lavoro? «È un lavoro. In definitiva lo facciamo per i soldi». 

 

NON E' LA RAI

Boncompagni le sceglie tutte piccoline, tutte carine. La selezione è molto dura: quest’estate si visionarono seimila ragazze e se ne accettarono appena cinquanta. Il provino si svolge così: le candidate si dividono in gruppi di dieci e la telecamera inquadra per qualche istante i visi. Quelle che non sono fotogeniche vengono subito scartate, le altre fanno un provino di danza e canto davanti alla telecamera. Qui ne vengono eliminate un altro po’. Infine, Boncompagni fa una chiacchierata con le ultime rimaste: serve a scartare quelle che non hanno nessuna curiosità, nessun interesse specifico, cioè nessuna vitalità. Il terrore di Boncompagni è che si montino la testa e che poi restino deluse.

 

C’è la canzone di Vasco Rossi - "Delusa" - che attacca proprio il programma e c’è la risposta che Boncompagni fa cantare tutti i giorni nella sigla (neanche la sigla è registrata): ”Non ci siamo/montate la testa/e non siamo affatto deluse.... 

NON E' LA RAI

 

L’effetto di tutta questa preparazione ferrea è un programma apparentemente spontaneo, dove le ragazze hanno il dovere di sembrare amiche di casa, di parlare la lingua di tutti i giorni, di non segnare alcuna distanza col pubblico dei giovani. I giovani, come ormai è noto, rispondono in massa. Quest’anno - abolito il presentatore, ridotto il copione all’essenziale - lo share ha superato il 25 per cento, il totale degli spettatori si aggira sui due milioni e mezzo- due milioni e otto. Cifre enormi.

 

Ogni giorno arrivano tremila lettere, scritte tutte da ragazzini. Per esempio: «...purtroppo anche i miei tentativi di fuga da casa per venire da te sono stati vani...» (a Francy da un bambino Mario di Cagliari), «...essendo follemente attratto da lei come potrei fare per diminuire questo mio sconforto che mi fa cadere in uno stato di incubazione?...» (a Sabrina Impacciatore, da un bambino di Ascoli Satriano provincia di Foggia che si è dimenticato di firmare).

 

ANGELA DI COSIMO NON E' LA RAI 55

Questa massa di lettere viene smistata e commentata in video da Sabrina Impacciatore, 25 anni, scuole finite (scientifico ad indirizzo linguistico, poi una scuola di marketing), gran naso che non intende cambiare e che Boncompagni le inquadra sempre di profilo, apposta per farle dispetto.

 

Che idea s’è fatta dei giovani che scrivono? «Gran romantici, per i giovani italiani i sentimenti sono importantissimi, scrivono poesie ingenue, ma struggenti, sono dei gran sognatori. Scrivono anche ragazzi che hanno bisogno di qualcuno che li ascolti, una volta addirittura una giovane cocainomane, in giro c’è una gran solitudine».

 

NON E' LA RAI

E delle ragazze qui dentro che pensa?: «Delle grandi ingenue, ma narcisiste». È vero che non si sono montate la testa? «Il padre di Marzia le regalò un telefonino per tenerla sotto controllo, quella andava in giro tutta imbarazzata dicendo: con ’sto telefonino sembro una stupida montata, se lo spengo mio padre mi fa la testa come un pallone».

 

Questi genitori che mandano le figlie qui hanno le carte in regola? «Sono meglio di quanto generalmente si pensa». Suo padre? ”Fa lo scettico, ma una volta l’ho beccato al telefono con gli amici che si vantava». I bambini scrivono? «Oh sì, tantissimi». 

 

I soliti dati sui segmenti di ascolto dicono che almeno una buona metà, forse addirittura il 60 per cento, del pubblico di Non è la Rai è costituito da bambini. Del resto il programma è pieno di suggestioni infantili, del resto lo stesso Boncompagni è un bambino di 61 anni, felice soprattutto quando può giocare con i suoi famosi aggeggi elettronici. A casa sua (dove ci troviamo adesso) è pieno di tastiere, videolaser, computer, attrezzi spaziali per far ginnastica, il telescopio, la parabola, tre videoproiettori piazzati in altrettante camere, impianti stereofonici di altissima fedeltà, cuffie, frigorifero da ristorante zeppo di roba («cucino io, in qualunque momento posso invitare a cena otto persone»).

non è la rai

 

Non c’è luogo in Italia più divertente di casa sua per vedere il Festival di Sanremo, si sta sdraiati su un divano-letto a una decina di piazze e, sulla parete, la tv è in realtà uno schermo cinematografico. Boncompagni ha un rapporto brusco con i bambini di sesso maschile, tipo i nipoti, a cui s’accosta facendogli i dispetti, e un rapporto tutto diverso con le bambine, a cui invece fa tenerezze. E’ vero che a lei le donne piacciono giovani? «E’ vero, ho sempre preferito le donne molto giovani». Adesso ha una fidanzata? «No».

 

E’ vero che è stato con Claudia Gerini, che era una ragazza di Non è la Rai? «E’ vero». Non è la Rai è un programma pieno di malizia? «No, è un programma per bambini». I cattolici la attaccano. «Vengano qui a vedere come lavoriamo e cambieranno idea. Del resto, i cattolici che vogliono? Sono i principali responsabili della rovina del paese». Lei è un mangiapreti? «Sì».

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Per chi vota? «Ho sempre votato comunista». Si sente un artista? «Ma per carità». Chi fa televisione non è un artista? «No, assolutamente. In televisione passa solo robaccia. Che si divide in due categorie: robaccia con ascolti alti e robaccia con ascolti bassi». Non è la Rai è robaccia? «Come tutto il resto. Un programma patinato, pulito. Ma quanto a contenuto, è vuoto».

 

Dicono di lei: è un genio che non si impegna. «Non sono un genio, risolvo solo i problemi velocemente». E perchè non si impegna? «Perchè sono pigro. E poi su che cosa dovrei impegnarmi? Le cose per cui vale la pena impegnarsi sono altre». Dica una cosa per cui vale la pena impegnarsi. «Questi che strillano per l’estinzione del lupo mi fanno ridere. Parlano dei lupi e se ne fregano dei milioni di bambini che muoiono in Africa».

non è la rai

 

Sa che nella sigla della trasmissione sento qualcosa di triste, di struggente? «Ha ragione. Ho adoperato degli accordi di Nino Rota. Lavoro spesso sulle tonalità minori. Altri accordi che mi piace adoperare sono quelli di Kurt Weil. Le piace Mahler?» Normalmente. «Io lo adoro. Ho il suo ritratto a capo del letto. La notte mi metto alla tastiera e gioco con gli accordi. Vuol sentire delle variazioni che ho fatto su Ravel?». Andiamo a una delle quattro tastiere, l’ultima acquistata, i monitor brillano di piccole luci, la grande casa si riempie dei suoni di un’intera orchestra sinfonica. 

 

 

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