campagna contro la guerra in siria

SOCIAL PARACULISMO - DALLA SIRIA ALLA LOTTA ALLA POVERTÀ, ARTISTI, CALCIATORI E ATTORI FANNO LA GARA A METTERE IN PIAZZA IL LORO BUON CUORE (NON IL PORTAFOGLI) DA SPADELLARE SUI SOCIAL, COSTRETTI A ESSERCI PER NON PASSARE DA MENEFREGHISTI

vanessa incontrada   campagna contro la guerra in siria  21vanessa incontrada campagna contro la guerra in siria 21

Antonello Piroso per “La Verità”

 

Lo zoo è quel luogo in cui, pagando, si entra a vedere animali in gabbia, che però non beneficiano - se non per vitto e alloggio - degli incassi che finiscono in capo ai gestori.

Come Internet, in fondo. Ma con una profonda differenza (che non è la cosiddetta gratuità della Rete, infatti le multinazionali del Web fanno profitti miliardari): in un gioco di specchi, on line visitatori e fauna in cattività coincidono.

 

valerio mastandrea   campagna contro la guerra in siria  6valerio mastandrea campagna contro la guerra in siria 6

Siamo sempre noi. Ovvero «You», voi, dedica alla persona dell' anno 2006 del settimanale Time, con copertina in cui ci si poteva specchiare, ricordate? Sottotitolo: «Sì, voi. Siete voi che controllate l'era dell' informazione. Benvenuti nel vostro mondo».

valeria bilello   campagna contro la guerra in siria  5valeria bilello campagna contro la guerra in siria 5

 

E come no. Ora, i lettori della Verità sono apoti per definizione: non se la bevono facilmente. Tanto meno quando inciampano nelle perifrasi di moda: «La notizia che infiamma il Web», «Il video che fa piangere Internet», «La lettera d' amore che è già diventata virale». Mettono insomma la giusta distanza tra sé stessi e l' ovvio dei popoli, soprattutto quando questo si fa tendenza sui social network.

 

Domenica 9 aprile, sfogliando il Corriere della sera, si poteva leggere un' intervista a Giovanna Mezzogiorno dal titolo: «Vivo con poche amiche e i social mi disgustano». L'attrice, giudicata «così riservata che qualcuno può ritenerla presuntuosa, il mondo social non è proprio il suo», sbottava: «Io sono sbalordita da questa voglia di essere continuamente guardati in ogni fase della propria vita. Ma chi se ne frega! Tu, individuo social, sai che la tua vita non è così interessante?».

paolo ruffini   campagna contro la guerra in siria  13paolo ruffini campagna contro la guerra in siria 13

 

Una critica al processo di esibizionismo globale che riecheggia l'analisi di Geert Lovink, profeta pentito della Blogosfera, autore del saggio Ossessioni collettive, critica dei social media: «Viviamo in un'epoca in cui si è fatta opprimente la pressione per astenersi dall'anonimato», a caccia di quei 15 minuti di celebrità cui tutti, come già immaginò Andy Warhol nel 1968, saremmo stati in futuro destinati.

 

La conferma dell'assunto, di Lovink e di Giovanna Mezzogiorno, il quotidiano di Urbano Cairo l'offriva nella stessa edizione due pagine prima: un portfolio di facce di artisti, attori, conduttori italiani immortalati con in mano il cartello #everychildismychild, «ogni bambino è il mio bambino», campagna di sensibilizzazione per chiedere la fine della guerra in Siria «ed evitare ulteriori crimini contro l' umanità», promossa anche sull' onda dello sdegno e del disgusto causato dalle immagini di bambini gassati.

paola cortellesi   campagna contro la guerra in siria  16paola cortellesi campagna contro la guerra in siria 16

 

Diamo per scontati i sani propositi, le ottime intenzioni e la buona fede. Aggiungiamo, trattandosi di, più o meno, celebrità: il loro status non può essere considerata un' aggravante, in caso di adesione («Sono a caccia di facile pubblicità, nonostante siano già personaggi gettonati»), dal momento che è un argomento che si può facilmente ribaltare nel suo contrario, in caso di mancata partecipazione («Pensano solo ai casi loro: sono famosi, che gli costa fare un piccolo sforzo per aderire?»).

 

sarah felberbaum   campagna contro la guerra in siria  18sarah felberbaum campagna contro la guerra in siria 18

Il nodo è evidentemente un altro: il senso di fastidio generato da queste reazioni social, figlie di sentimenti da hard discount con riflessi pavloviani, la coazione a ripetere in salsa buonista. Contraltare tracimante indignazione e afflato spirituale, ripetuto in automatico e anche perciò insopportabile quanto lo squadrismo da tastiera degli haters, gli odiatori. Quello che non postula alcun vero sacrificio personale, piccolo o grande che sia.

 

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Quello che ti fa essere mainstream, cioè nella giusta corrente dell' opinione pubblica, sull' onda di una emozione collettiva, la cui natura effimera è però direttamente proporzionale alla velocità in cui esprimi il tuo like, per passare subito dopo a un' altra missione umanitaria. Quello in cui siamo tutti migliori (perché contro guerra, fame, inquinamento, sfruttamento) brandendo il nostro ultimo modello di smartphone, pagato uno sproposito e assemblato da qualche «moderno schiavo», definizione dell' Onu per la manodopera impiegata in 58 Paesi - e per oltre 120 prodotti, in testa i device elettronici: telefonini, pc e via elencando - con la paga di un dollaro al giorno.

martina colombari   campagna contro la guerra in siria  2martina colombari campagna contro la guerra in siria 2

 

Servi della gleba 2.0, per cui però non risulta siano state inaugurate iniziative o sottoscrizioni, essendo evidentemente al di sotto anche della soglia minima richiesta per far scattare l' esecrazione social. Siamo stati tutti newyorchesi, dopo l' 11 settembre.

E poi spagnoli, inglesi, francesi, tedeschi, perfino norvegesi (ricordate la strage sull' isolotto di Utoya nel luglio 2011, un' ottantina di ragazzi falcidiati dal lupo solitario Anders Breivik?), come oggi siriani.

 

Questo mondo non è la terra promessa: ci sarà purtroppo ancora una causa caritatevole da sostenere, sempre e comunque. Per ansia da prestazione, appoggeremo anche quelle farlocche, in difesa, che so, dei gattini bonsai cresciuti dentro bottiglie di vetro, anno domini 2000, cui abboccò perfino l' austera e sabauda La Stampa. Per dirla con Giovanni Arduini e Loredana Lipperini, autori di un pamphlet sul tema, Morti di fama: «L' importante è linkare e condividere, non partecipare». Per dimostrare che siamo «impegnati, meglio ancora trovando qualche attinenza con il prodotto che dobbiamo spingere: non tanto il libro, il film, la canzone, una buona causa, ma noi».

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Noi: gli influencer dell' hashtag accanto. Buona Pasqua.

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