IL CINEMA DEI GIUSTI - “DALLAS BUYERS CLUB”, OTTIMO FILM CIVILE, VALE SOPRATTUTTO PER LE DUE STREPITOSE PERFORMANCE DI MCCONAUGHEY E JARED LETO IN VERSIONE DRAG

Marco Giusti per Dagospia

Aria di Oscar. E i campioni si fanno avanti in questi giorni anche sui nostri schermi. Per la miglior interpretazione maschile se la giocheranno il Bruce Dern rincojonito di "Nebraska", il Leonardo Di Caprio pippatissimo di "The Wolf of Wall Street", il Christian Bale ingrassato di "American Hustle", lo schiavo Chiwetel Ejofor di "12 anni da schiavo" e il Matthew McConaughey magrissimo e malato di Aids di "Dallas Buyers Club".

Difficile scegliere. Forse preferisco Di Caprio, perché trovo il film di Martin Scorsese un capolavoro, ma è difficile non trovare strepitoso anche Matthew McConaughey, che per giunta interpreta anche una delle scene più belle di "The Wolf" come cattivo maestro del broker. Senza scordare che c'è pure un Jared Leto incredibile e pure lui candidato all'Oscar come non protagonista in "Dallas Buyers Club".

E i due hanno già vinto in coppia i Golden Globe, i SAG, l'Hollywood Film Festival, mentre il solo McConaughey ha vinto il miglior attore protagonista al Festival di Roma. Certo, non avremmo mai pensato che il palestrato McConaughey potesse rivelarsi negli anni un grande attore, pronto a trasformazioni fisiche paurose, ma anche a recitazioni del tutto diverse, come già ha dimostrato in "Mud", "Paperboy", "Magic Mike", "Killer Joe".

E' comunque difficile non vedere questo pur civilissimo, ben scritto e girato "Dallas Buyers Club" diretto dal canadese Jean Marc Vallée, già regista del divertente "C.R.A.Z.Y." e dei meno interessanti "The Young Victoria" e "Café de Flore", come un film principalmente di attori, ma ricordiamo che il film è candidato all'Oscar pure come miglior film, miglior sceneggiatura originale, miglior montaggio e miglior make up.

Non è tanto un film sui malati di Aids quanto sulla malasanità, su come le grandi ditte farmaceutiche americane abbiano malamente bloccato qualsiasi medicina che non avessero potuto controllare per la cura dell'Aids. Al punto che per allungarsi la vita e per non venire depredati dagli ospedali americani, molti degli stessi malati si erano riuniti in club, come il Dallas Buyers Club del titolo, dove pagando solo l'iscrizione potevano avere gratis le medicine per curare almeno i sintomi della malattia.

Un caso nazionale e internazionale clamoroso di malasanità e di corruzione che ha inoltre impedito nei primi anni 80 la vera ricerca medica sulla malattia. Nel film, tratto da una storia vera, Matthew McConaughay, dimagrito in maniera impressionante di 35 chili, è Woolford, un cowboy texano ultramacho e omofobo che si prende l'Aids da qualche drogatona e gli viene diagnosticato simpaticamente che ha solo trenta giorni di vita.

Non lo salvano certo le cure che le ditte farmaceutiche cercano di imporre sul mercato con una serie di sperimentazioni omicide, lo AZT, ma il fuggire in Messico da un medico freakkettone alternativo che gli spiega come stanno davvero le cose e che, anche se malato, ha la possibilità almeno di allontanare di anni la morte con una serie di medicinali che curano appunto i sintomi della malattia.

Così, non solo supera i trenta giorni che gli avevano dato i medici, ma riesce a mettere in piedi un mercato, ovviamente boicottato dalla finanza e dalla polizia americana, per curare i malati terminali assieme a Raymond-Raymona, un grandioso Jared Leto, sorta di drag queen pazza di Marc Bolan e Boy George, magrissima e ammalatissima.

Se Ray trova nell'amicizia del cowboy e nella loro guerra all'Aids e agli ospedali americani dei motivi in più per non autodistruggersi, per Woolford l'amicizia di Ray servirà a superare la sua l'assurda omofobia al punto che il contagio, l'essere precipitato nella dimensione di un Rock Hudson "succhiacazzi", in realtà gli apre gli occhi sul mondo, non solo sulla sua malattia.

L'aspetto più interessante del film, oltre alla strepitosa recitazione dei suoi protagonisti, c'è anche una dottoressa buona interpretata da Jennifer Garner, o alla rivelazione della malasanità alla Report, sta anche nel documentare la crescita di un paese attraverso il dolore e la malattia che contagia i suoi abitanti, una peste che mette a nudo le contraddizioni e le fobie di una nazione.

Se "The Wolf of Wall Street" affronta il male della società americana nel suo rapporto più stretto col capitalismo, "Dallas Buyers Club" scava dentro alla follia dell'Aids e alla presa di coscienza di un paese che deve affrontare assieme al contagio le sue malattie morali. Grande film civile. In sala dal 30 gennaio.

 

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