1. COME A OGNI GIRO DI BOA, LE SOCIETÀ MOSTRANO IL VOLTO PIÙ TRUCE ALLA FEDERAZIONE. COSÌ TORNA DI MODA UN SUPERCLASSICO DEGLI ANNI ’80. IL SILENZIO STAMPA 2. MUCCHIO SELVAGGIO ALLE SPALLE DELLA JUVE. PERDONO QUASI TUTTE LE SQUADRE IN CODA 3. IL CASO SNEJIDER (GESTITO DA DILETTANTI ALLO SBARAGLIO) INIZIA A PESARE. DOPO L’INATTESO GOLPE IN CASA JUVE E DIECI SUCCESSI CONSECUTIVI IN TRASFERTA PER I NERAZZURRI SONO ARRIVATE 4 SCONFITTE. A METÀ CAMPIONATO L’INTER HA GIÀ PERSO 5 VOLTE 4. ROMA SI SMARRISCE E PERDE CON IL CHIEVO. SEGNA PELLISSIER IN SOSPETTO FUORIGIOCO A TRE MINUTI DALLA FINE QUANDO I CALCIATORI SONO ORMAI OMBRE NEL TELESCHERMO

DAGOREPORT
Domenica di freddo, nebbia, sorprese, lamentele e gol numerosi ma soprattutto, meravigliosi. Domenica di riesumazioni. Come a ogni giro di boa, perché in Federazione facciano i compiti durante le vacanze e ridistribuiscano torti e ragioni, le società mostrano il volto più truce. Così torna di moda un superclassico degli anni '80. Il silenzio stampa. Mucchio selvaggio alle spalle della Juve. Perdono quasi tutte le squadre in coda. In testa, solita musica.

Per ammainare il vessillo dei compagni del dottor Guglielmo Stendardo, l'università juventina impiega infatti ventisei minuti. Dopo un anno di astinenza in casa, segna Mirko Vucinic. Poi dopo un errore di Denis nell'uno contro uno con Buffone, Pirlo su punizione e Marchisio dal limite chiudono la pratica.

L'area di rischio si è spostata. In attesa della possibile penalizzazione del Napoli per il caso Gianello-Cannavaro: "Non è giusto togliercelo per nove mesi" implorava ieri Walter Mazzarri, bisogna considerare che le dirette avversarie, entrambe sconfitte, inseguono per ora a sette e otto punti. Che significano titolo d'inverno quasi matematico (Cagliari-Juventus, prossimo turno, per le note vicende dello stadio Is Arenas, rischia di giocarsi a Trieste) e serissima ipoteca su quello definitivo.

Merito di una regolarità di risultati meno militare dell'anno scorso (qualche sporadico stop, figlio anche degli impegni in Champions) ma comunque ampiamente sufficiente per garantire l'assoluto dominio sul resto delle incostanti rivali. Con la testa libera dopo il successo della Lazio sull'Inter, con l'Atalanta la Juventus mette in scena 25 minuti di corsa, sovrapposizioni, lanci e virtuosismi, seguita da un'ora abbondante d'accademia pura agevolata anche dall'uomo in più per l'espulsione del bergamasco Manfredini.

Giovinco, egoista, prova a segnare in ogni modo. Il risultato rimane 3-0, Antonio Conte, salutato dal suo "stadium" con acritiche ovazioni e striscioni in tema: «Un Conte diventato re» aspetta il mercato di Gennaio e si avvia, Maya permettendo, a doppiare nel 2013 il trionfo del 2012.

FUORI I SECONDI.
Probabilmente a Torino non arriverà Didier Drogba: "A gennaio nessun top player" giura Conte, ma per tenere a distanza l'irrisolta Inter vista a Roma, bastano i nomi a disposizione. Prima di "vendere bisogna comprare" dice Adriano Galliani alle prese con lo sfoltimento di una rosa formata da 32 elementi. Il discorso, in un mercato povero fatto di scambi e scommesse, vale per tutto il resto del torneo. Inter compresa.

Il caso Snejider (gestito da dilettanti allo sbaraglio) inizia a pesare. Dopo l'inatteso golpe in casa Juve e dieci successi consecutivi in trasferta per i nerazzurri sono arrivate 4 sconfitte. Il cappotto (3-0) a opera del Rubin Kazan opposto ai ragazzini di Appiano Gentile in Europa League e tre vere mazzate con i titolari ai loro posti di combattimento nelle partite di Parma, Bergamo e Roma.

Davanti a Pektovic, al suo centrocampo folto e dopo 45 minuti di tattica, noia e tiri in porta solo immaginati, l'Inter perde proprio quando decide di rischiare. Dentro Palacio a sostegno di Cassano e Milito, Nagatomo in versione ala pura, Guarin scatenato al tiro, molte occasioni di passare in vantaggio. Due pali, un paio di belle parate di Marchetti, un pareggio che sembra stretto e poi, a tradimento, il graffio di Miro Klose.

Palla centrale, difesa bucata, voragine tra Pereira e Ranocchia, Handanovic lento a scendere. Uno a zero. È il minuto 83. Basta a dare alla Lazio la carica per difendere il fortino. All'Inter manca un mezzo rigore per contatto Ciani-Ranocchia nel recupero che Stramaccioni ("Allora vale tutto") definisce impossibile da non concedere). Il successo spinge Lotito e il suo tecnico a esporsi: "Puntiamo ai primi tre posti", e rimanda un intero ambiente, quello interista, nel limbo dei dubbi.

A metà campionato l'Inter ha già perso 5 volte. Troppe per aggiudicarsi il campionato e visto il rendimento di Lazio e Fiorentina (staccate di soli uno e due punti), abbastanza allarmanti per preoccuparsi del domani. Mancare l'Europa nobile (la corsa è a 5 squadre) sarebbe grave per morale e casse societarie. Moratti ci pensa, aspetta l'anticipo di domenica prossima contro il mal messo Genoa e intanto constata come da arbitri, palazzo e guardalinee continui a essere amato pochissimo.


NAPOLI DA CINE-PANETTONE.
In serie A, Mazzarri non aveva mai battuto l'amico Pioli in serie A. La storia si ripete in una notte apparentemente scontata in cui Il San Paolo si aspetta di rivedere il Napoli a meno cinque dalla Juve e prima di ritrovarsi scioccato ancora a otto, scopre un Bologna inatteso, a trazione anteriore (Diamanti, Gilardino e Gabbiadini) tutti insieme dal primo minuto.

Proprio Gabbiadini, 20 anni, prestito congiunto di Atalanta e Juventus, sblocca la gara battendo De Santis dopo dieci minuti. Il Bologna che si difende con il rientrante Portanova al centro e un paio di grandi parate di Agliardi nella prima mezz'ora, segnerebbe anche il raddoppio (regolarissimo) con Gilardino, ma Valeri si inventa un fuorigioco e annulla. De Laurentiis, torvo in tribuna con il suo clan dopo i balbettii del cine-panettone, assiste al confuso, sterile assedio dei suoi e ai contropiedi pericolosi degli ospiti.

Insigne, largo a sinistra, prova a inventare qualcosa che gli riuscirà solo nella ripresa, ma nel primo tempo passare si rivela un'impresa. Dopo l'intervallo cambia tutto. L'ex bolognese Gamberini pareggia dopo cinque minuti, poi Cavani di testa (assist di Insigne) ribalta la gara. Due a uno. Mancano 25 minuti e sembra fatta.

Invece il Bologna cambia il cielo come già avvenuto contro la Roma di Zeman e in coda, vince meritatamente una partita incredibile. Merito del gol forse più bello del torneo fino ad adesso (lo segna in mezza girata non Carlo Parola, ma il greco Konè per il 2-2 e della rete del 2-3 segnata da Daniele Portanova, al ritorno per la squalifica dopo quattro mesi.

Per il Bologna super balzo in classifica e tre punti chiave in ottica salvezza. Per il Napoli un crollo inspiegabile e l'addio definitivo allo scudetto che darà il via a polemiche all'ombra del prepepio cittadino.

VELLUTO VIOLA
La Fiorentina non sbaglia il derby toscano. Quattro gol al Siena con doppietta di Toni e rigore lasciato al cileno Pizzarro, colpito da un grave lutto familiare. Montella, reduce dalla lezione zemaniana, lascia in panchina il portiere Viviano (pessimo a Roma) per dare spazio al giovane Neto. Tra l'ex tecnico del Catania e Serse Cosmi non c'è partita. Il Siena si scioglie senza apprezzabili reazioni e solitario all'ultimo posto, licenzia con ogni probabilità il proprio allenatore.

L'uomo del fiume che urla, impreca, fa con quel che ha e avrebbe meritato più tempo. La squadra ha un organico impresentabile. Mancano centrocampisti e attaccanti. Cosmi ha fatto diciassette punti. Undici effettivi e sei per colmare la pesantissima penalizzazione dovuta a Scommessopoli. Mandare via Cosmi che a fine gara non parla (pronto Iachini, alternative Papadopulo e Colomba) non servirà a evitare la B. A Firenze guardano la classifica e con 32 ricchi punti nelle tasche preparano la trasferta di Palermo.

CRISTALLI DI BOEMIA.
Dopo 4 vittorie di seguito, nella nebbia veronese in cui nulla si vede ma molto si corre, la Roma si smarrisce e perde con il Chievo. Segna Pellissier in sospetto fuorigioco a tre minuti dalla fine (male Goicoechea, preferito a Stekelenburg, in uscita tardiva) quando i calciatori sono ormai ombre nel teleschermo e punti lontani dalle tribune. Il Chievo a 21 punti, alla terza vittoria consecutiva, vola con il suo vecchio metronomo Corini.

La Roma (a oggi sesta, fuori anche dall'Europa League e insidiata dal Milan) schiuma di rabbia. Per la prima volta in stagione Zeman, irritatissimo con l'arbitro Bergonzi, non vede segnare i suoi.Tace nel dopo gara, lamenta nel silenzio un netto rigore negato (Dainelli su Totti) e osserva una Roma bolsa e incapace di trasformare in gol le poche occasioni create.

Dopo il miele dialettico di metà settimana ("De Rossi ha capito") Zeman lo sbatte in panchina per un'ora. Quando lo richiama all'ordine il nazionale sembra su di giri. I due scambiano qualche parola, DDR sorride, Zeman fornisce indicazioni. Il calciatore sembra dirgli "so cosa devo fare senza che me lo dica tu".

Il rapporto, eufemismo, sembra logoro. A difenderne il simulacro, non deprezzare il diamante di fronte a eventuali compratori (frizioni tra Leonardo e Ancelotti a Parigi sull'acquisto) e spiegare l'assenza del tecnico, in tv va Franco Baldini. Ribadisce l'importanza del nazionale: "È andato in panchina solo due volte, oggi e con la Fiorentina, le scelte di Zeman sono legittime".

Parla "di una serie di episodi" che hanno consigliato il boemo a non esprimere concetti da sicuro deferimento, cerca di attenuare quello che a Roma sarà il tema della settimana. Tra sette giorni, in notturna arriva il lanciato Milan di Allegri (4-1 sul Pescara, quattordicesimo gol di El Sharaawy, due autogol degli abruzzesi segnati nella loro porta dagli attaccanti Abbruscato e Jonathas). Presa dalle parti di Trigoria quella di Castan, ammonito, (infortunato anche Marquinhos, difesa da inventare proprio con De Rossi centrale) non servivano altre squalifiche.

CIRO IL LITIGIOSO.
Altri malumori e aria di rissa si respirano anche a Catania. Protagonisti i tecnici Maran e Ferrara. I siciliani piegano in rimonta la Sampdoria per 3-1 dopo essere andati sotto per un rigore di Maresca nel primo tempo. Un centravanti molto bravo come Bergessio (apre spazi per l'1-1 di Paglialunga e segna il 2-1), una multinazionale argentina in campo, l'ottimo lavoro di un allenatore esordiente in serie A, il bel gioco.

Totale, 25 clamorosi punti al Cibali. Applausi. Offuscati dal dopo gara western. Ferrara passa davanti a Maran che gli stringe la mano. Lo ignora. Tira dritto. L'altro gli appoggia una carezza sulla testa e con Ciro che si gira di scatto, si rischia lo scontro fisico. Dopo aver litigato con Zeman settimane fa, Ferrara corre a piagnucolare sul palcoscenico Sky: "La mia squadra mi è piaciuta, altre cose meno. Mi dispiace, c'è stata sull'arbitro una pressione impressionante negli spogliatoi tra primo e secondo tempo. Nella ripresa ho visto poi cose discutibili, spero la società si faccia sentire. Non gli ho dato la mano? Lo rivendico. O Maran fa il signore sempre o non lo fa mai. Esserlo quando hai vinto 3 1 non è un atteggiamento da uomini veri". Bum.

Sotto le telecamere Maran minimizza, l'arbitro Giacomelli ovviamente non parla e per la prima volta nella storia, inedito assoluto: "così non si fa", anche Ilaria D'Amico è ruvida con il suo preferito: "A me queste cose metà e metà non convincono. O Ferrara parla chiaramente o è meglio tacere".

Vince anche il Parma in rimonta sul Cagliari (4-1) in una partita divertente tra due squadre arrivate in campo nella paura. Prima di imporsi, il Parma aveva vinto solo una volta in sei partite. Per i sardi tre sconfitte che diventano quattro a causa di una condotta molle che li vede scappare con Sau e poi essere sepolti dalle prodezza di Belfodil.

Se Cellino, di nuovo in piena angoscia retrocessione pensa a un terzo ribaltone in panchina, altrove, Bologna escluso, non si sta meglio. Brodino al sapor di terrore tra Genoa e Torino (1-1, Rolando Bianchi e Granqvist) con i liguri ancora penultimi a 13 punti e Del Neri a costante rischio e altro pari con identico risultato nell'anticipo tra Udinese e un Palermo fermo a 15. In basso perdono Sampdoria, Cagliari, Pescara e Siena. Otto squadre in sei punti.

 

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