RENZI VISTO DA BETTIZA: “HA INAUGURATO IL SEMESTRE ITALIANO CON LA STRINGATEZZA LOQUACE IN CUI I TOSCANI PRIMEGGIANO. DUE LE PAROLE D’ORDINE: ORGOGLIO E CORAGGIO. VEDREMO NEI PROSSIMI SEI MESI QUALE TIPO DI ORGOGLIO E QUALE CORAGGIO”

Enzo Bettiza per “La Stampa

ENZO BETTIZA ENZO BETTIZA

 

Giudicheremo forse meglio quello che il premier Matteo Renzi, inaugurando il semestre di presidenza italiana dell’Unione, si è o si era proposto di dire. Per ora ci soffermiamo su quanto e, soprattutto, su come si è espresso nel tanto atteso intervento nell’aula dell’europarlamento.

 

È un’aula, quella, che personalmente ricordo difficile, diffidente, incline, come lo sono spesso le assemblee multietniche, più al gelo critico che al calore consensuale. Insomma: hic Rhodus, hic salta.

 

Direi, almeno da ciò che ho visto in televisione, che nel debutto di Strasburgo l’acrobata Renzi sia riuscito a esibirsi al meglio delle sue possibilità e capacità. Ha saltato e ha evitato gli ostacoli col sorriso sulle labbra. E’ stato accattivante il fiorentino aduso a parlare veloce, senza punti e senza virgole, senza esitazioni o rimorsi lessicali, da collodiano perfetto; scomodare l’Alighieri, come ha fatto lui, mi parrebbe certo eccessivo; basterà ricordare il gorgoglìo dell’Arno e la parlata dei personaggi di Pratolini.

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Scaltro, mai noioso, buon oratore dalla lingua sciolta e avvolgente, è riuscito a tenersi sempre alla larga dai problemi contingenti, evitando con grazia gli sgambetti della piatta cronaca quotidiana. Ha provato a volare alto fra i fregi del Partenone e gli spalti del Colosseo: un volo fortunato, nel quale non si è per il momento bruciato le ali, definendo l’Europa «espressione dell’anima» in un’aula avvezza a interventi ben più tecnici, freddi, noiosi.

 

Sufficienza avara il voto che gli ha dato Farage: molta passione e poco sostanza. Possiamo aggiungere che Renzi, anzi Renzie, ha coniato vari slogan destinati al successo: la generazione Telemaco, l’Europa che oggi, dovesse farsi un selfie, avrebbe il volto della noia, dimostrandosi navigato maestro di sorvegliati discorsi emotivi. E’ piaciuto alla stampa estera, in genere diffidente verso i caratteri mediterranei, e mi risulta che, per qualche breve secondo, abbia quasi commosso l’interprete che traduceva in cuffia dall’italiano all’inglese.

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Ritrovare l’identità comune in un’Europa che, sottolinea Renzi, è un Paese di molte coste e non solo di estensioni territoriali: grande frontiera che ci pone tutti di fronte allo stesso destino. Una retorica asciutta, quella del fiorentino Matteo, un po’ boy scout un po’ premier rottamatore. E’ sembrato spontaneo in un discorso che deve avere invece lungamente preparato e provato, calandosi nei panni di Telemaco, citando spesso i giovani, i figli, i ragazzi, le generazioni a venire. Insomma: la sua. E ha parlato sempre a braccio.

 

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Nella stessa aula dove hanno tenuto i loro discorsi la Thatcher, Henry Kissinger, Lech Walesa, in un quarto d’ora, ieri, l’ex sindaco di Firenze ha inaugurato il semestre italiano con la stringatezza loquace in cui i toscani primeggiano. Due le parole d’ordine: orgoglio e coraggio. Vedremo nei prossimi sei mesi quale tipo di orgoglio e quale coraggio.

 

 

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