
“FEDEZ? E CHI E’?” - CECILIA GASDIA, GRANDE SOPRANO, OGGI ALLA GUIDA DELL’ARENA DI VERONA, APRE IL BAULE DEI RICORDI: "PAVAROTTI? CANTAVA E MANGIAVA, PROVAVA E MANGIAVA. UNA VOLTA SI SPAZZOLO’ UN ENORME TAVOLO PIENO DI PANE, MORTADELLA, PROSCIUTTO, FORMAGGIO. COME FACESSE, NON SO DAVVERO” – IL WHISKY CON ZEFFIRELLI (“SENZA CHE ME NE ACCORGESSI CI RITROVAMMO NEL LETTO A CANTARE E A BERE”), MONICELLI (“GUARDAVA NOI CANTANTI LIRICI COME SE FOSSIMO STATI ANIMALI STRANI”), I FISCHI AL SAN CARLO DI NAPOLI, RICCARDO MUTI E IL GATTO NERO CHE SI MISE A MIAGOLARE IN SCENA, LA RIVALITA’ CON KATIA RICCIARELLI, I FINALI DELLE OPERE CAMBIATI IN BASE AL POLITICAMENTE CORRETTO: "METTI CHE VIOLETTA PRENDA UN ANTIBIOTICO E SI SALVA, CHISSA'..."
Roberta Scorranese per il “Corriere della Sera” - Estratti
Cecilia Gasdia, la prima opera vista?
«La Carmen, avevo cinque anni.
Ascoltai così Giulietta Simionato e Franco Corelli. Colpo di fulmine».
Nata a Verona, due sorelle, genitori di larghe vedute.
«A 16 anni dissi che volevo fare la comparsa all’Arena. Poi mi iscrissi al Conservatorio».
Voleva cantare?
«Ma non pensavo di fare la cantante lirica, volevo entrare nel coro dell’Arena».
E al concorso per l’ammissione?
«Intonai un brano de I Capuleti e i Montecchi ma mi stopparono subito. Mi dissi: “Va bene, non sono tagliata”. Ma i professori dichiararono: “Lei deve fare la solista, altro che coro”».
(...)
Debutto?
«Pavia, 1981, Luisa Miller di Verdi. L’audizione me la fece Riccardo Muti».
Che cosa è stato per lei Muti?
«La persona che ha dato inizio alla mia carriera, un faro. Poi abbiamo lavorato altre volte assieme. Ricordo una volta a Firenze, stavamo provando quando in scena comparve un gatto nero. Nelle pause si metteva a miagolare. Dopo un po’ il maestro posò la bacchetta, lo guardò negli occhi e gli parlò: “Ma sei un gatto musicale”».
L’aria più difficile?
«È anche la più facile, quella di Violetta. Ma è la più difficile perché la conoscono tutti e se sbagli se ne accorgono».
L’hanno mai fischiata?
«Altroché. Una volta al San Carlo di Napoli mi fecero a pezzi. Stavo male, malissimo, ma non volevo cancellare le due date perché a cantare c’ero solo io. Andai in scena, ma fu un disastro».
A Roma Maria Callas cancellò e la misero in croce lo stesso.
«Sì però in quel caso secondo tante testimonianze lei non stava così male prima».
(...)
Il primo incontro con Zeffirelli.
«Teatro Comunale di Firenze, 1983. Io ero intimidita, ma come regista avevo Monicelli, non so se mi spiego».
Com’era Monicelli?
«Guardava noi cantanti lirici come se fossimo stati animali strani».
Un ricordo con Zeffirelli.
«Sempre a Firenze, prove ristrettissime di Traviata: io, lui e l’addetto alle luci. Mi fece alzare dal letto, ci si mise lui e cominciò a cantare i brani di Violetta. Poi chiese all’addetto delle luci se voleva fare Alfredo. “Meno male che siamo soli”, dissi tra me e me. Ma dal fondo del palco, nel buio vidi una sagoma: era Carlos Kleiber che ci guardava a occhi spalancati».
Il grandissimo direttore d’orchestra.
«Si avvicinò e timidamente chiese se poteva assistere: lui non voleva mai perdere nemmeno un secondo di prova».
Molti cantanti lirici sono scaramantici.
«Qualcuno deve entrare per forza col piede destro, qualcun altro deve muovere la mano sinistra».
E lei?
placido domingo cecilia gasdia
«Guardi, una volta mi lasciai vestire completamente di viola da Umberto Pizzi. Mi chiese se avevo problemi e io risposi: “Senti, è già così difficile cantare, se ci mettiamo pure queste cose qui non la finiamo più, dai”».
La prima volta che ha pilotato un aereo.
«Era il 2002, debutto nell’aria. Ma l’istruttore non si limitò ai rudimenti: mi fece provare anche lo stallo, manovra complicata in cui il velivolo si ferma e poi anche il giro di vite: non serve vero che spieghi che cosa è?».
Tutto nel debutto?
«Me la sono cavata».
Che cosa è per lei volare?
«Libertà. Stare lassù mi tiene lontana da tante miserie. Quando torno giù mi sento triste».
Di che cosa ha paura?
«Non so rispondere».
L’aiuto io: la paura dell’attimo prima dello spettacolo?
«Quella si chiama fifa».
Oggi lei è la sovrintendente dell’Arena di Verona. Da anni girate il mondo con le vostre opere. Il Paese più appassionato di lirica?
«In Asia, in Giappone quasi tutti sono rigorosissimi e conoscono perfettamente la musica. In Sudafrica sanno il Va, pensiero a memoria. Ma anche negli Emirati, insomma siamo un patrimonio nazionale».
cecilia gasdia katia ricciarelli
Gli allestimenti di Zeffirelli sono ancora freschi?
«Alcuni lo sono in modo straordinario».
Un altro ricordo di lui?
«Ancora le prove, non ricordo di quale spettacolo. Sempre io e lui. Franco aveva in mano un bicchiere di whisky, “bevi, su”, mi disse. Io non bevo ma come potevo dirgli di no? Senza che me ne accorgessi ci ritrovammo nel letto a cantare e a bere, quando dal nulla si materializzò Valentina Cortese. “Ma che state facendo?”, urlò e tutti cominciammo a ridere come matti».
Pavarotti.
«Eravamo a Vienna, nella sua camera d’albergo a provare. Entrai e vidi un enorme tavolo pieno di pane, mortadella, prosciutto, formaggio. Dopo un po’, mi voltai e sul tavolo non c’era più nulla. Dissi a Renato Bruson: “Ma hai spazzolato tutto tu?”. Poi ci voltammo e capimmo: Luciano cantava e mangiava, provava e mangiava. Come facesse, non so davvero».
Lei non mangiava prima di cantare?
«Ma per carità».
Mi parli di suo marito.
«Quale dei tre?».
Gasdia...
«Ci siamo conosciuti più di vent’anni fa, sua sorella stava con il pianista con cui lavoravo».
Come l’ha corteggiata?
«Per fortuna non mi ha mai portato.. . come si chiamano quei fiori gialli che si regalano una volta l’anno alle donne?».
Due figli.
«Me li portavo dietro appena nati. Allattavo in camerino. Mica facile, sa. Però ora le racconto una cosa straordinaria».
Prego.
«Mia figlia (la soprano Anastasia Bartoli, ndr ) prova un’opera e intona un brano, incerta. Mi chiede: “Mamma, mi viene questo passaggio ma non lo conosco, che cosa è?”. Rispondo: “L’Armida di Rossini, ma tu come fai a conoscerla? Non l’hai mai studiata”. Poi mi sono ricordata che al nono mese di gravidanza, quando aspettavo lei, io avevo inciso quest’opera. Nessuno sa quanto i neonati assorbano la musica».
(...)
Un ricordo di Lucio Dalla.
cecilia gasdia con la figlia anastasia foto di bacco
«Un artista straordinario. Mistico, molto religioso, pregava. Non conosceva la musica, diceva che a malapena sapeva individuare le note. Ma ha composto pezzi incredibili e sapeva suonare molti strumenti. Una volta mi misi al piano e lui cantò Nessun dorma meglio di tanti altri».
Antonella Clerici.
«Una cara amica, mi ha voluta in Ti lascio una canzone e abbiamo un progetto insieme».
Quale?
«Non glielo dico».
Riccardo Cocciante.
«Scrisse una canzone per me. Poi mi chiamò: “Cecilia, perdonami ma quella la vuol cantare Mina”. Come facevo a dire di no a Mina? Così insieme a Riccardo incidemmo Due. Anche lui è una persona a me molto cara».
Katia Ricciarelli.
«Bravissima».
Ma non siete rivali?
«Ma no, siamo amiche».
Lei farebbe Il Grande Fratello, come Katia?
«No, però trovo giusto che un’artista molto brava come lei oggi si diverta».
Beatles o Rolling Stones?
«Beatles».
Céline Dion o Adele?
«Céline Dion».
La musica pop.
«Nel 1976 mi imbucai per assistere al Festivalbar all’Arena. E ho detto tutto».
C’è chi vorrebbe cambiare il finale alle opere per un uso politicamente corretto?
«Beh ma magari a Verdi o a Rossini i nuovi finali potrebbero piacere. Metti che Violetta prende un antibiotico e si salva, chissà».
Non sia sarcastica.
«Ma no, dico davvero. Non si sa mai».
Però va detto che le donne nell’opera muoiono sempre.
«Eccome».
Tosca, poi, cade sempre rovinosamente.
«Una volta ho dato una craniata che mia sorella che era lì accanto a me sta ancora tremando di paura. Mi avvolsi con il mantello, osai una piroetta e sbam».
I giovani amano la lirica?
«L’Arena fa il pieno di giovani».
Fedez qualche tempo fa ha detto davanti a centinaia di migliaia di persone: «Ma chi è Strehler? »
«E chi è Fedez?».
(Precisazione: davvero non sa chi sia).
netrebko gasdia eyvazov
cecilia gasdia simona marchini foto di bacco