IL CINEMA DEI GIUSTI - IL FILM DEI TAVIANI, INASPETTATO ORSO D’ORO AL FESTIVAL DI BERLINO, CON I GALEOTTI CHE RECITANO SHAKESPEARE DA’ RAGIONE A ORSON WELLES: “TUTTI GLI ITALIANI SONO ATTORI, I PEGGIORI STANNO SUL PALCO” - I FRATELLONI SI PERMETTONO A 80 ANNI DI CANCELLARE ANNI DI CINEMA BORGHESE E DI RICOMINCIARE COME AVESSERO GLI OCCHI VERGINI DEGLI ESORDIENTI - NANNI MORETTI: “NO! NON HA VINTO IL CINEMA ITALIANO, HA VINTO QUESTO FILM DEI TAVIANI!”…

Cesare deve morire di Paolo e Vittorio Taviani. In sala dal 2 marzo.

Marco Giusti per Dagospia

"No! Non ha vinto il cinema italiano, ha vinto questo film di Paolo e Vittorio Taviani!", urla Nanni Moretti in apertura della conferenza stampa al Sacher di Roma, in qualita' di distributore e agitatore di "Cesare deve morire" dei Taviani bros, fresco di un inaspettato Orso d'Oro al recente Festival di Berlino, prendendo cosi' le distanze dagli orrori attuali del nostro cinema, le commedie che dovrebbero fare milioni e non li fanno, i film da festival che non funzionano, la guerra per il controllo dei festival dove fanno tutti una pessima figura.

E' vero, non e' un bellissimo momento, ne' per la qualita' dei film che vediamo ne' per l'immagine che stiamo diamo, per il nostro cinema, e fa bene Moretti a specificare che una cosa e' questo film, una cosa e' tutto il resto. Ma e' questo film in particolare, cosi' difficile, il Giulio Cesare di Shakespeare interpretato da veri detenuti del carcere di Rebibbia, realizzato in digitale con duecentomila euro, in cui solo Nanni Moretti sembra aver creduto, che si differenzia da tutto il resto che di solito vediamo.

Perche' non e' solo uno dei migliori film dei Taviani, assieme a "I sovversivi", "Kaos", "San Michele aveva un gallo", ma e' senza dubbio il miglior film dell'anno e tra i migliori che si siano visti in questi ultimi tempi. Non fosse altro che per la dignita' che rende ai suoi protagonisti, e tra questi molti assassini, spacciatori, ergastolani, che mettono in scena Shakespeare mettendo soprattutto in scena loro stessi e le loro storie.

Per la forza pasoliniana che ci rendono questi volti e queste voci di gente vera, che ci urla addosso una sofferenza profonda e nascosta del paese che il nostro cinema e i nostri media hanno cercato di oscurare con anni di prodotti tranquillizzanti. Per il coraggio e la spericolatezza dei due ragazzini Taviani, che si permettono a 80 anni di cancellare anni di cinema borghese e di ricominciare come avessero gli occhi vergine degli esordienti (Mizoguchi diceva che prima di ogni film ci si dovrebbe bagnare gli occhi...).

Puo' non piacere ai puristi del cinema verita' il fatto che i detenuti siano da parecchio gia' attori, grazie alla cura di Fabio Cavalli che da dieci anni ha lavorato con loro su testi classici, e quindi non abbiano quella spontaneita', quella flagranza che l'immediatezza delle loro prime riprese ci avrebbe potuto dare. Ma anche cosi', il gioco tra realta' teatrale, realta' carceraria e singola realta' personale di ciascuno degli interpreti ci smuove cosi' profondamente da superare qualsiasi difetto (perfino il doppiaggio dei secondini).

Diceva Orson Welles (me lo ha detto Tomas Milian) che "tutti gli italiani sono attori, i peggiori stanno sul palco". In qualche modo questi incredibili attori non attori, a cominciare da Bruto di Sasa' Striano, Cassio di Cosimo Frega, Cesare di Giovanni Arcuri, hanno la capacita' di farti scordare che stanno recitando, sia il testo di Shakespeare sia quello dei Taviani, perche' quello che cercano e' veramente solo di uscire dalla prigione delle realta' delle loro messe in scene per arrivare a pure astrazioni, l'onore, la dignita', l'arte. Solo cosi' saranno finalmente e veramente liberi.

Per la cronaca, nella conferenza stampa, i Taviani hanno ricordato di aver avuto Moretti giovane attore in "Padre padrone", dove guidava un carroarmato. Nessuno ha per fortuna ricordato la brutta esperienza di "Il prato", considerato uno dei maggiori flop dei Taviani, iniziato con Moretti protagonista e poi sostituito da Saverio Marconi (sul perche' accadde questo ci sono storie su storie...).

Qualche esaltato coi capelli bianchi ha poi salutato il film come la rinascita del Neorealismo (esagerati, qua non rinasce niente), mentre Moretti faceva ai due vecchi maestri domande da cineclub del 1970. Grande momento pero' quando Vittorio Taviani ha spiegato ai critici in sala la scoperta del digitale. Nel 2012... In sala dal 2 marzo.

 

MARCO GIUSTI I FRATELLI TAVIANI VINCONO L ORSO D ORO AL FESTIVAL DI BERLINO TAVIANI CESARE DEVE MORIRE TAVIANI CESARE DEVE MORIRE TAVIANI CESARE DEVE MORIRE TAVIANI CESARE DEVE MORIRE NANNI MORETTI

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