ercole frankestein jeeg robot

ERCOLE, EROE MODERNO – L’ERACLE DI OMERO È MORTO MA URLA SEMPRE, E QUANDO DIVENTA ROMANO CONTINUA A ESSERE DOPPIO – DICEVA FREUD: “ERCOLE È LA MISURA DELL’ISTINTO DI VITA DENTRO L’ISTINTO DI MORTE” - CORDELLI: NEL MONDO MODERNO DIVENTA UNA VARIANTE PSICOPATICA DELL’EROE CULTURALE: DA SHAKESPEARE A KING KONG FINO A ENZO CECCOTTI (JEEG ROBOT)

Franco Cordelli per “la Lettura - Corriere della Sera

 

ercole e deianira

Quando Odisseo scende nella terra dei morti non incontra che ombre: i morti hanno conservato il loro corpo, ma sono fissi, sono lì, nulla muterà più. L' unico diverso, poiché un diverso c' è sempre, anche nell' Ade, è Ercole: egli è un immortale, è sceso per l' ultima delle sue fatiche, di lì strappare Cerbero, il cane-guardiano.

 

L' Eracle di Omero è morto ma urla sempre, nell' Iliade e nell' Odissea. Non per nulla Aristotele lo sfotteva: Io sono Eracle, il forte! Quando diventa romano, diventa cioè Ercole, continua a essere doppio.

 

Seneca gli dedicò due tragedie, in una è Furens, nell' altra è Oetaeus. Nella prima balla come un pazzo: di lui si dirà più tardi che era afflitto dalla malattia sacra, dall' epilessia; era affamato di donne, le stuprava. Nella seconda riempiva il vuoto del mondo di urla terrificanti. Voleva essere un dio e vivere lassù, nelle sfere celesti.

 

GNAM GIUSEPPE PENONE SULLO SFONDO L ERCOLE E LICA DI CANOVA E IL MARE DI PINO PASCALI

Mi è guida, in questo excursus, Jan Kott: gli si deve, a dir poco, se Re Lear può presentarsi in scena senza vergogna alcuna con una giacchetta colorata. E, come si vedrà, anche Ercole, o Eracle, è un nostro contemporaneo.

 

Nella Bibbia, sue immagini allegoriche sono Davide e Sansone: Sansone muore ma vince. Nel Rinascimento l' Ercole cristiano è l' immagine della virtù eroica, egli combatte contro la carne, contro il piacere. Nei bassorilievi ne erano immagini le gesta di San Michele e San Giorgio che uccidono i draghi: proprio come Eracle aveva spazzato via i mostri saliti alla luce dagli inferi. Perfino Cristo ne è la più bella variante. Cristo e il gigante Cristoforo che traversò un fiume portando Gesù bambino.

KING KONG

 

In Shakespeare (ricorda Kott) la musica a volte cambia. In Sogno d' una notte di mezza estate è Bottom che vorrebbe interpretare la parte comica di colui che fracassa tutto ciò che vede. Nel Mercante di Venezia è Porzia a istituire il paragone tra Ercole e Bassanio - che per sposarla deve superare un' ardua prova.

 

In Antonio e Cleopatra, alla vigilia della battaglia finale, Antonio si paragonerà all' Ercole furente, che prima di morire vuole distruggere il mondo. Gli scrittori romantici trasfigurano Ercole in un eroe prometeico: un eroe malinconico, doppio in quanto ripiegato su di sé.

 

ercole e caco di baccio bandinelli firenze

A non prenderlo troppo sul serio sarà Kleist, facendosi beffe di suo padre Anfitrione: tra tutti i doppi il primo è proprio lui, che si trovò a dividere il letto nuziale con Zeus/Giove.

 

E gli scrittori del Novecento? Kott rammenta Friedrich Dürrenmatt, Ercole e le stalle di Augia. Ma anche se di Ercole non parla affatto (il punto è proprio questo, non parlarne, annullare il valore, ogni significato), mi viene in mente Nathalie Sarraute, il suo I frutti d' oro. I frutti d' oro (melarance) erano un dono di nozze della madre terra a Era, la futura nemica di Eracle.

 

Fin qui Kott - uomo di teatro. Ma la storia di Eracle non è chiusa nel recinto della scena. A farmelo uscire è il mondo moderno, i filosofi impregnati di scienza, la tecnologia, il cinema. Eracle/Ercole è un eroe del bacino mediterraneo.

Attraverso Shakespeare è arrivato in Inghilterra. Di lui si impadroniscono gli anglosassoni e naturalmente gli americani. La sua figura subisce mutazioni.

 

gene wilder in frankestein junior

Ercole, dice Freud, è la misura dell' istinto di vita dentro l' istinto di morte. Nel mondo moderno diventa una variante psicopatica dell' eroe culturale: uccide perché rifiuta la morte. Il suo io è diventato bellicoso, un io erculeo. L' azione per l' azione (così Hillman) sostituisce la scomparsa della parte divina.

 

Di questi imprevedibili, strani Ercole voglio ricordarne tre. Frankenstein, ovvero il moderno Prometeo di Mary Shelley è un romanzo del 1818: erede del mondo classico, da Eracle si allontana già nel titolo. Di lui cosa trattiene questo nuovissimo personaggio? È figlio di uno scienziato-esploratore che studia per creare un uomo migliore.

CORDELLI

 

Quando il suo personaggio verrà al mondo avrà una figura fisica sgraziata, quasi repugnante, ma di forza smisurata. La creatura si chiama come il creatore e, torturato dalla propria diversità, uccide il fratello minore di suo «padre»: al quale chiede, estrema grazia, di creare una femmina che possa essergli vicina. Il dottor Frankenstein acconsente ma questa donna non la farà nascere.

 

colonne di ercole

Allora il figlio ricomincia la sua opera distruttiva. Anche King Kong deriva da un esploratore. Costui vide nel Museo americano di Storia naturale un rettile abnorme. Lo trasformò in un gorilla e fece un film che sottopose al giudizio del produttore David O. Selznick . Il romanzo lo scrisse nientemeno che Edgar Wallace, il grande giallista; il film lo girarono nel 1933 Merian C. Cooper ed Ernest Schoedsack.

 

King Kong tutti lo ricordano in cima all' Empire State Building. Come Frankenstein, egli soffriva di solitudine a causa della sua eccezionalità (delle sue dimensioni) e, per conquistare Ann Devon, il suo amore (non ricambiato) lottò fino alla fine: uccise, sterminò. Il frangente che nell' Eracle di Euripide è un precipizio nella follia, in King Kong è un grattacielo d' amore (un gigantismo, un superomismo) che si converte in pura volontà distruttiva.

lo chiamavano jeeg robot

 

Più complicata è la storia di Lo chiamavano Jeeg Robot, il film del 2015 di Gabriele Mainetti. È un film italiano, ma la matrice questa volta è giapponese, la storia viene dai manga.

 

L' ultima immagine del film è quella del ladro Enzo Ceccotti (Claudio Santamaria) che, dopo aver indossato la maglia di Jeeg, questo Ercole tutto e di nuovo romano, si affaccia dall' alto del Colosseo proprio come King Kong era lassù, in cima all' Empire State Building.

LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT

 

Va ricordato che la maglia di Jeeg era stata cucita da Alessia, uccisa in uno scontro tra bande rivali. Anche lei, come Ann Devon, destinata alla morte per causa dell' uomo dal quale era amata. È destinata a precederlo nell' Ade, benché lui vi fosse già stato, anche Megara, la moglie di Eracle nella tragedia di Euripide in scena a Siracusa per la regia di Emma Dante.

 

La vicenda di quest' ultima incarnazione dell' eroe è ambientata in un cimitero.

JEEG ROBOT

Nella scena il cimitero è là dove il tiranno Lico vuole al più presto spedire Megara e i tre figli di Ercole, che non è tornato dall' Ade, dove era sceso per la faccenda di Cerbero. Quando Ercole inaspettato ritorna per salvare moglie e figli, eliminare Lico sarà per lui meno che niente.

 

Ma lo assale un' improvvisa follia. Ucciderà anche Megara e i tre bambini. Che nella mente di Emma Dante fosse tutto predisposto, ossia volontaristico, si vede nell' eccesso di citazioni delle sue opere precedenti (nei superflui movimenti di danza, nei colori) e, va da sé, nella scelta di affidare tutti i personaggi ad attrici.

LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT

 

Ma se Serena Barone (Anfitrione), Patricia Zanco (Lico), Carlotta Viscovo (Teseo) e Mariagiulia Colace (Eracle) recano una ragione profonda (la duplicità dell' eroe questa volta più che di uomo e dio è di uomo e interprete-donna), gli eccessi di cui ho detto si incrementano in un progressivo crescendo del paradosso.

 

Emma Dante riporta la tragedia, in cui non crede, prima al vecchio teatro-immagine, poi all' antiquato teatro classico della declamazione: voci alterate che saturano l' aria, teste rasate, figli che di continuo si arrampicano sul corpo della madre, spalle che si alzano e abbassano fino a coprire il viso con i lunghi capelli (chi li ha), braccia che si muovono come nei film di fantascienza per ragazzi.

emma dante

 

Alla fine il volontarismo diventa pura insensibilità nell' ultima scena, dove nessuno spettatore può avvertire quella vera delicata, commovente catarsi in cui si tramuta l' arrivo di Teseo che, come in Edipo a Colono, arriva a sostenere il protagonista con la sua pura amicizia: gesto che in Euripide supera ogni volontà di dominio e ogni doppiezza.

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