
“VENEZI FACCIA UN PASSO INDIETRO, LE ORCHESTRE NON SONO SESSISTE" - GIANNA FRATTA, PLURIPREMIATA DIRETTRICE D'ORCHESTRA DI FAMA INTERNAZIONALE, INTERVIENE SULLA NOMINA DELLA BACCHETTA NERA MELONIANA A DIRETTRICE MUSICALE DELLA FENICE DI VENEZIA: "NON INTERESSA A NESSUNO CHE QUELLA DI BEATRICE VENEZI SIA UNA NOMINA POLITICA. A TUTTI GLI ORCHESTRALI IMPORTA SOLO DI ESSERE DIRETTI DA QUALCUNO IN GRADO DI OTTENERE IL MIGLIOR RISULTATO POSSIBILE. SE IL PASSO INDIETRO NON LO FA LEI, POTREBBE FARLO IL SOVRINTENDENTE COLABIANCHI, CHE HA IL DOVERE DI…”
Simonetta Sciandivasci per “la Stampa” - Estratti
Il caso Venezi è già un meme. È il destino delle polemiche: prima finivano in rissa, ora finiscono in farsa. Diventano una ridicola guerra tra opposti. In questo caso specifico, una guerra di consorterie sullo sfondo dello smantellamento e/o ridiscussione delle competenze che abbiamo preso a chiamare «nuova egemonia culturale».
Invece, la nomina di Beatrice Venezi a direttrice musicale del Teatro La Fenice di Venezia, e le reazioni che ha scatenato, sono un'occasione da non perdere per parlare di come funzionano i teatri lirici, le orchestre e gli enti sinfonici, e del ruolo «delicato, cruciale e puramente tecnico che ha un direttore musicale:
è impossibile sceglierlo senza consultare i professori e le professoresse dell'orchestra, ai quali sono dovuti fiducia e rispetto. Ciascuno di loro, se si trovasse davanti un talento eccezionale, saprebbe riconoscerlo», dice alla Stampa Gianna Fratta, pluripremiata direttrice d'orchestra di fama internazionale, Cavaliere della Repubblica e prima donna ad aver diretto i Berliner Symphoniker.
Come fa a dire che la reazione delle orchestre non è viziata da un pregiudizio?
«Non interessa a nessuno che quella di Beatrice Venezi sia una nomina politica. Conosco le orchestre, ci lavoro da anni, e garantisco che a tutti importa solo di essere diretti da qualcuno in grado di ottenere il miglior risultato possibile.
Se a Beatrice Venezi si sono opposti tutti gli enti lirici e sinfonici del Paese c'è un motivo: non sono tutti composti da pericolosi sovversivi di sinistra, bensì da professionisti che chiedono il rispetto di procedure ideate per tutelare degli equilibri e non degli status. Un'orchestra non è un gruppo di persone che suonano insieme: è una squadra. Come tutte le squadre, deve conoscere chi la guida per creare sintonia».
E come si fa, nel pratico?
«La nomina di un direttore o direttrice musicale, ruolo che non ha nulla a che fare né col direttore artistico né con il o la sovrintendente, avviene seguendo non un protocollo preciso ma una prassi consolidata: l'orchestra entra in contatto con il direttore, ed esprime poi il suo parere al sovrintendente.
Non viene mai estromessa, perché dalla qualità della relazione dell'orchestra con il direttore dipende la qualità di tutto quello che viene suonato e rappresentato. Ci sono stati grandissimi teatri che non hanno preso dei direttori musicali importantissimi perché umanamente non si trovavano bene con gli orchestrali.
La guida delle maestranze tecniche ed artistiche non può non tenere conto del loro parere: è la prima volta che accade ed è un fatto grave e irragionevole, realmente insensato».
Il problema è l'inesperienza?
« Se tutti hanno evidenziato la pochezza del curriculum è perché è effettivamente molto sottodimensionato rispetto a quello degli altri direttori che hanno lavorato alla Fenice.
Ma l'esperienza o l'inesperienza diventano cruciali se non ci sono altri criteri. Riccardo Muti era giovanissimo quando andò alla Scala, perché le orchestre vedono il potenziale.
Sono certa che se Venezi fosse stata testata, si sarebbe potuto contare su una valutazione obiettiva: se fosse stata bravissima, l'orchestra lo avrebbe compreso, non avrebbe fatto appello al curriculum, e avrebbe deciso di dare una opportunità a una persona giovane ed eccezionale: un teatro come la Fenice ha la credibilità per assumersi un rischio».
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A questo punto Venezi cosa dovrebbe fare?
«Non do consigli. So cosa farei io: direi che senza l'orchestra dalla mia parte non posso fare la direttrice musicale, e saluterei. Se mi sentissi particolarmente sicura di me e del mio talento, chiederei di poter mantenere solo un titolo in cartellone e suonare una volta con l'orchestra, così da darle modo di valutare le chance future.
Se il passo indietro non lo fa lei, potrebbe farlo il sovrintendente Colabianchi, che ha il dovere di riportare il teatro alla normalità. Ci sono teatri che restano senza direttore musicale anche per anni, perché trovarlo è difficile».
È possibile che l'opposizione a Venezi sia dovuta anche alla sua mediaticità?
«Se vai in tv a parlare di storia della musica classica con Corrado Augias o nei festival con Baricco a raccontare cos'è una sinfonia, a qualsiasi musicista è chiaro che fai bene al tuo teatro. Se, invece, scegli di prestare il tuo nome e il tuo volto alle pubblicità, ti intaschi del denaro, che è una cosa legittima, ma il teatro non ci guadagna.
Io ho ricevuto offerte di quel tipo e le ho rifiutate, perché volevo che fosse chiaro chi sono: una lavoratrice culturale».
Direttrici musicali ce ne sono poche perché?
«Fino a 60 anni fa, nei Berliner le donne non potevano suonare, ora sono in tutte le orchestre, se emergono poco è perché sono poche. Non sono mai stata vittima di discriminazioni sessiste, né me ne sono state riferite. Il nostro è un lavoro così tecnico che si dimenticano del tuo genere e ti valutano per cosa sai o non sai fare».
beatrice venezi foto di bacco (2)
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