“SE PENSO A GAZA, ALL’UCRAINA, AL MEDITERRANEO, IO MI SENTO IN GUERRA” – GIANNI AMELIO SECRETS: "ANTONIO BANDERAS? SI PROPOSE PER ‘IL LADRO DI BAMBINI’ MA CHIESE UNA CIFRA SPROPOSITATA. DOVEVA FARLO INVECE MASSIMO TROISI, MA AVEVA GIÀ UN ALTRO SET" - LA NOMINATION PER “PORTE APERTE” (“DA SNOB NON ANDAI ALL’OSCAR”) E LA GROLLA D’ORO SPARITA CON UNA SIGNORA DI SERVIZIO - "MI È SPIACIUTO PERDERLA. LA GROLLA? NO, LA SIGNORA. NE AVEVO ANCHE UN’ALTRA DA DARLE”

Candida Morvillo per il Corriere della Sera - Estratti

 

campo di battaglia di gianni amelio

Gianni Amelio ha compiuto 80 anni a gennaio. Non bisognerebbe ricordarglielo («non li voglio e non me li sento. Le premure dei familiari mi esasperano: non portare i pesi, non portare la spesa...»). Da settimane, attraversa instancabilmente l’Italia per presentare il suo nuovo film, Campo di battaglia, storia di due medici durante la prima guerra mondiale.

 

Ovunque, parla di guerra e di uomini mandati a morire, ieri come oggi, senza un perché che abbia senso. Se gli chiedi da che nocciolo emotivo nasce il film, risponde: «Dall’attualità. Io, se penso a Gaza, all’Ucraina, al Mediterraneo dove muoiono i fuggiaschi, non riesco a pensare che non mi riguarda, io mi sento in guerra».

 

gianni amelio

Spiega che il suo non è un film «di guerra», ma «sulla guerra»: «Guardare una battaglia come se fosse uno spettacolo è moralmente inaccettabile».

 

Ne ha mai parlato con qualche collega che sui film di guerra ha fatto fortuna?

«Mi è capitato solo con uno, grandissimo: Samuel Fuller. E ammise che era d’accordo».

 

In «Campo di battaglia», ci sono due medici, uno, interpretato da Gabriel Montesi, rispedisce i soldati al fronte pure malati o mutilati perché devono servire la patria; l’altro, Alessandro Borghi, li aiuta a prendere infezioni o arriva a mutilarli, pur di farli tornare a casa. Ognuno, a suo modo, ha ragione.

campo di battaglia di gianni amelio

«Uno segue la logica del dovere, l’idea che alla guerra ci si sottrae solo da vigliacchi; l’altro capisce che in guerra si va a morte sicura e, pur rischiando, cerca di salvare vite anche togliendo a quelle vite qualcosa. Tant’è che un soldato non accetta, dice: perché dovrei vivere da sciancato? I due dottori non sono catalogabili in buoni e cattivi perché è cattiva la guerra e la sua assurdità comporta che nessuno può avere ragione».

 

(…)

 

Qual era l’ambizione?

«Noi ragazzi andavamo a scuola sognando non di diventare ricchi, ma di essere contenti. La contentezza è una parola bella. C’era un’energia felice, che abbiamo perduto col benessere, con la voglia di avere la villa, la vacanza, la barca. Che senso ha il benessere se non si ha il limite dei propri bisogni?».

 

A vent’anni, arrivò a Roma. Come se la cavò?

playgirl antonio banderas

«Cogliendo un’occasione che avevo cercato. Andai a intervistare il regista Vittorio De Seta per una rivista studentesca e gli chiesi di prendermi come assistente volontario. Però non ero stupido, impreparato, presuntuoso. Ho fatto una gavetta che poteva essere contro le ambizioni di un quasi laureato in Filosofia che crede di non poter fare lo schiavo in un western all’italiana. Io lo facevo e mi divertivo pure. E De Seta, vedendo che lavoravo sul serio, mi ha pagato: avevo lasciato un posto di maestro e, per restare a Roma, avrei anche svaligiato una banca, ma non è servito perché lui mi pagò. Ho detto no a un solo film perché non mi pagavano».

 

Che film era?

«Su un set, conosco Anouk Aimée di cui ero pazzo: non osavo rivolgerle la parola; per me, era una chimera, irraggiungibile. Un giorno, stavamo pranzando e lei: non la mangi l’insalata? Ho detto no. E lei: la posso prendere io? Se non sono svenuto allora, non sverrò più nella vita. A fine produzione, mi propose di fare lo stagista nel film di un giovane regista, in Francia. Gratis. Significava pagarmi viaggio, albergo... Dovetti dire no a Un uomo, una donna ».

 

A Claude Lelouche e a un film da Oscar. Che ricorda invece della sua nomination per «Porte Aperte»?

gianni amelio

«Non sono andato. I biglietti li ho regalati. Uno, perché sono snob. Due, perché non era quello che volevo. Si diceva che il film potesse vincere, ma non mi sentivo di girare l’America per pubblicizzarlo. Pensavo: poi che faccio? Vinco e faccio un film enorme, costoso? Non ne avevo tanta voglia».

 

(...)

Molti dicono che nei suoi film c’è sempre anche la «ricerca del padre».

antonio banderas

«Credo che ci sia invece la ricerca di umanità anche in chi non ci è padre: nei miei film, ci sono tanti padri putativi e non è un caso che io, nella vita, abbia adottato un figlio».

 

Luan, figlio di pastori in Albania, che oggi è un bravissimo direttore della fotografia, scelto anche da Paolo Sorrentino.

«Stavo girando Lamerica, faceva la comparsa. In Albania, c’era una fame che nemmeno nel nostro dopoguerra. Il padre, malato, venne a dirmi: fino a oggi è stato figlio mio, da domani, sarà figlio tuo.

 

Pochi mesi dopo, a Roma, Luan ha incontrato sua moglie formando una coppia indissolubile e dandomi poi tre nipoti. La sua carriera è una soddisfazione enorme, doppia, perché ha fatto tutto da solo, imparando tanto da Luca Bigazzi e dal belga Yves Cape. Oggi ci sono difficoltà odiose per chi vuole adottare e, intanto, i bambini muoiono infelici. Ma se due uomini o due donne scelgono di adottare un figlio è perché gli vogliono bene. I diritti civili vivono una crisi grave, sono spesso calpestati».

gianni amelio

 

Una volta ha detto «io che ho amato Togliatti, io che ero diessino già allora... io che ho sempre votato per il Pci, voterò per tutte le sue diramazioni». Lo pensa ancora?

«Non ho cambiato idea».

 

Ha fatto un film su Bettino Craxi, raccontando, parole sue, «l’agonia di un leader che va alla morte coltivando rimpianti e rancori fino all’autodistruzione». Eppure, ha avuto la fiducia della vedova che l’ha lasciata girare in casa loro. Come ha fatto?

«Dicendo la verità. Volevo raccontare gli ultimi mesi di vita, non l’uomo politico. Di Craxi mi aveva attratto che si fosse battuto per salvare Aldo Moro e io sono per la vita che va sempre salvata. Il principio di Hammamet è: quanto è importante la vita per chi la sta perdendo».

massimo troisi ricomincio da tre 3

 

Dei tanti attori che ha diretto, chi ha trovato umanamente speciale?

«Senza piaggeria: tutti, perché li ho voluti io».

Mi risponda su quelli non più vivi.

«Jean-Louis Trintignant, il primo giorno, mi disse “ricordati una cosa: io non sono intelligente, ma ho fatto 62 film e tu sei al primo film importante, ti prego, fai il regista”. L’ultimo giorno, finito l’ultimo ciak, ci siamo guardati in viso, lui si è tolto il golf, io mi sono tolto il golf e ce li siamo scambiati. Poi, ci siamo visti tanto, a Parigi, a cena, al teatro. A un giornalista che gli chiese di me, rispose: lui non dirige gli attori, li abita».

 

GIANNI AMELIO - HAMMAMET

Perché lei disse no ad Antonio Banderas?

«Si propose per Il ladro di bambini , ma parlava spagnolo e si girava in presa diretta. E chiese una cifra spropositata. Doveva farlo invece Massimo Troisi, ma aveva già un altro set. Conservo l’audio che mi inviò quando vide il film. Diceva: sono contento di non aver fatto questo film, perché è grande assai, enorme, stupendo e, se ci fossi stato io, avrebbero detto che era pure merito mio, invece, è tutto merito tuo».

 

Dove tiene i premi che ha vinto?

«Sparsi per casa: sono molto utili per separare i libri per genere. Nello studio, i David di Donatello separano narrativa italiana e straniera; una Grolla d’oro stava coi libri in cucina, ma è sparita con una signora di servizio che, forse, pensava fosse d’oro massiccio. Mi è spiaciuto perderla».

 

La grolla?

gianni amelio

«No, no. La signora. Poteva dirlo: avevo anche un’altra di grolla da darle».

gianni amelio lamericagianni amelio gianni amelio lamericagianni ameliogianni amelio

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