gino e michele

“VOLEVAMO FARE GLI ARBORE E BONCOMPAGNI DELLA SINISTRA, ERAVAMO DUE PIRLONI” - GINO E MICHELE MEMORIES: "MOANA POZZI? UNA VERA MANAGER. A 'L’ARABA FENICE' RICCI PRESE IL CORO DEI RAGAZZINI DI COMUNIONE E LIBERAZIONE MONTANDOGLI SOPRA LEI NUDA AVVOLTA IN UN CELLOPHANE. BERLUSCONI SI INCAZZÒ E LA BLOCCÒ" – GABER CHE NON RIDEVA ALLE BATTUTE E GRILLO INSEGUITO DAL DIRETTORE RAI A SANREMO - ZELIG E SMEMORANDA IN LIQUIDAZIONE? IL COVID E LA GUERRA…”

Estratto dell’articolo di Paolo Di Stefano per corriere.it

 

gino e michele

Gino Vignali e Michele Mozzati, come vi siete conosciuti?

MICHELE:«Secondo me ci siamo incontrati a casa di un amico, in una di quelle feste di liceo in cui si tiravano giù le tapparelle per i lenti».

GINO: «Per me è tutto legato alla passione per il cabaret, a quel tempo c’erano i Gufi, che erano in quattro: con un mio amico d’infanzia ci siamo messi a cercare gli altri due, e li trovammo in un oratorio. Tra questi c’era Michele, che cantava».

MICHELE: «Così sono nati i Bachi da Sera, delizioso calembour... (risata). Era il ‘68 o ‘69».

 

E poi cos’è successo?

moana pozzi

G: «Il gruppo si è sciolto e diversi anni dopo, cominciavano a nascere le radio private. Nel ’76 ci siamo presentati a Radio Popolare, per proporre un simil-cabaret».

M: «Volevamo fare gli Arbore e Boncompagni della sinistra, eravamo due pirloni, che amavano Battisti, allora vietatissimo dai compagni».

G: «Però vantavamo buone credenziali, avendo fatto il 68, io alla Bocconi e lui alla Statale».

 

Cosa ne venne fuori?

G: «Una trasmissione che ebbe un successo incredibile: nel quartiere, ovviamente (ride). Si chiamava Do you remember sixty eight, e facevamo un quiz sul 68. Domande tipo: da chi era composta, da sinistra a destra, la terza fila del servizio d’ordine del 1° maggio 1971?».

M: «In una radio in cui si parlava di sfruttamento, di sindacato, di occupazione, facevamo i cazzoni. Nacque così il brand Gino & Michele».

G: «A quel punto Oreste Del Buono ci portò a “Linus” e il giornalista Maurizio Chierici ci premiò al premio di satira Forte dei Marmi per un libro che pubblicammo con Samonà e Savelli».(...)

 

Jannacci quando l’avete conosciuto?

GINO E MICHELE

G: «Sempre per Radio Popolare pensavamo alla sigla di una nuova rubrica. Nel ‘79 era nato “L’Occhio”, il giornale di Maurizio Costanzo, e decidiamo di farne la parodia. Così scriviamo “L’orecchio”: “E la bobina continua a girare...”. Abbiamo dato il testo a Jannacci, e viene fuori la canzone “Ci vuole orecchio”».

 

M: «Il testo è banale, ma in realtà c’era dietro tutto un discorso politico: la base era anche la base sociale. Volevamo spiegare perché l’intellettuale, che nella canzone è il sassofono, non deve essere separato dalla gente. Naturalmente il discorso politico fu colto da tutti. (Ride)».

moana pozzi

G: «Enzo aggiunse solo un verso: “bisogna avere il pacco immerso dentro al secchio”. Una sera ci chiama, appoggia la cornetta sul pianoforte e ci fa sentire il pezzo».

M: «Alla fine ci fa: la metto nel mio 33 giri... Noi felici, anche se non avevamo più la sigla».

G: «Enzo era il più artista di tutti, poteva guardare le scale mobili e dire: chissà dove vanno a finire i gradini... E poi farci su una canzone».

M: «In realtà con lui sono stati due o tre anni di amicizia molto intensa, in cui succedeva di tutto: non parlo di droghe, alcol o sesso, ma l’idiozia pura. Per esempio diceva: dai, prendiamo la 500 e attraversiamo la Galleria da piazza della Scala a piazza Duomo. Lui girava in vespa, ma la usava senza cavalletto, scaraventandola contro un muro con la speranza che restasse in piedi. Mentre 9 volte su dieci cadeva per terra».

gino e michele

 

Come sono nate le «Formiche»?

G: «Per caso: lavorando coi comici ci è venuta l’idea di fare un sondaggio tra gli amici per eleggere la battuta del secolo tra un elenco di cento. Una sera allo Zelig abbiamo proclamato le dieci battute migliori, lette da Bisio e da Catania».

M: «Gaber ci telefonò per dirci: sapete che non ce n’è una che mi faccia ridere? Aveva un umorismo molto particolare».

La vincitrice?

JANNACCI GABER

G: «“Era un bambino saccente, un giorno gli chiesero: Ma tu credi in Dio? Rispose: Beh, credere è una parola grossa, diciamo che lo stimo”. Non è Woody Allen, ma Walter Fontana, un autore televisivo allora del tutto sconosciuto».

M: «Da lì l’idea di un libriccino. Alla Mondadori ci dissero che non poteva funzionare».

G: «Un giorno viene a trovarci Oreste Del Buono, che era direttore dei tascabili Einaudi, e ci dice: non avete niente da propormi? Ha avuto un bel coraggio. Ci arrivò il contratto con il titolo monco: “Anche le formiche nel loro piccolo...”. La ragioniera disse che non se la sentiva di scrivere “s’incazzano” su carta intestata Einaudi».

 

giorgio gaber e enzo jannacci

M: «Fu uno scandalo che Einaudi facesse un libro di battute. La prima edizione vendette un milione di copie. Un giorno dovevamo andare a presentare il libro a Città di Castello e Giulio Einaudi ci mandò il suo autista, che ci ringraziò per avergli salvato il posto di lavoro».

G: Nel catalogo dei tascabili, grazie a Del Buono, siamo tra Proust e Balzac (risata)».

Vi siete arricchiti?

M: «Con la televisione. Per il libro avevamo destinato i guadagni a un centro di prima accoglienza, Nord-Sud di Fizzonasco. Pensavamo di incassare due-trecentomila lire».

 

 

(...)

gino e michele 3

G: «Dopo il debutto televisivo, mio padre al telefono mi disse quattro parole: ti devi solo vergognare. Punto. Questo è stato l’incipit. Beppe Recchia poi ci portò in Fininvest a “Drive In”, conoscemmo Antonio Ricci che in pochi anni ci insegnò la grammatica della televisione».

Esperienze memorabili?

G: «Abbiamo fatto anche “Matrjoska”, che fu subito censurata e divenne “L’araba fenice”. Antonio aveva preso il coro dei ragazzini di Cl montandogli sopra Moana Pozzi nuda avvolta in un cellophane. Berlusconi si incazzò e la bloccò».

checco zalone

M: «Moana era una signora squisita, credibile, per niente finta. Quello che ti aspetti da una bella e serissima manager, però nuda».

Poi venne Zelig.

G: «Zelig nacque, con Giancarlo Bozzo, per pagare l’affitto del locale, viale Monza 140, un localaccio pieno di fermento artistico ma che faceva fatica a stare in piedi. Non riuscivamo a vendere il progetto in televisione. Angelo Guglielmi, con il quale avevamo fatto “Su la testa” di Paolo Rossi, ci adorava, voleva che facessimo un “Bagaglino” di sinistra, e ci disse: questa non è una trasmissione, è una ripresa televisiva».

M: «Noi volevamo riprendere il cabaret a teatro come si riprende una partita di calcio».

 

Ora «Smemoranda» e Zelig sono in liquidazione. Cos’è successo?

G: «La tempesta perfetta. Il Covid con la Dad nelle scuole, l’aumento dei costi, la guerra... Non riuscivamo più a sostenere i debiti. Molto di quello che abbiamo guadagnato lo abbiamo investito nel gruppo. Comunque a rischiare non era affatto il marchio Zelig che ormai è di proprietà di RTI, azienda mediaset, quanto lo storico locale di viale Monza. Per questo, con Bozzo abbiamo deciso di prenderlo in affitto scongiurandone la chiusura. Lo stesso è stato fatto da Preziosi con “Smemoranda”, che continua».

gino e michele 2

M: «Purtroppo è andata così, ma non ci pentiamo di niente».

 

 

(...)

Zalone come l’avete trovato?

G: «Dall’Italia gli autori ci mandavano allo Zelig i comici più interessanti per i provini, che venivano fatti a sala piena. Questo qua è arrivato una sera da Bari, non ne sapevamo niente, mai sentito: sale sul palco in canottiera rosa e la prima frase che dice è: voglio innanzitutto salutare gli amici detenuti della casa circondariale… È bastato per farci accendere tutte le spie».

M: «Scendevano dal treno, la sera salivano sul palco e qualcuno magari poi dormiva in stazione per ripartire la mattina dopo. La leggenda narra che Zalone, quando ha visto che era l’ultimo, ha chiamato sua madre: sono a mezzanotte, figurati se mi prendono».

G: «Poi ha fatto anche la parodia dei neomelodici, ed è venuto giù il teatro. Preso subito».

Altre sorprese?

gino e michele 7

M: «Un giorno ci telefona il critico Renato Palazzi dalla Scuola Paolo Grassi: ho qui uno che fa per voi. Era un attore che aveva lavorato osservando i malati in una casa di cura. Salì sul palco con un personaggio timidissimo, che si chiamava Tolmino, non ancora Epifanio, e indossava il cappottino della mamma di Palazzi».

il formichetti 2020 by gino e michele

G: «Antonio Albanese debuttò in televisione in “Su la testa”, e una sera fece Epifanio salutando: “Ciao miao bau”. La mattina dopo mi alzo, faccio colazione e dalla finestra vedo alcuni studenti che si salutano facendo “ciao miao bau”. In una sola serata, Epifanio aveva già sfondato».

Come andò con Grillo a Sanremo nel 1989?

M: «Ci chiamò con Michele Serra... e arrivammo di corsa. Durante lo sketch del sabato, Gino era nascosto tra i fiori del palco con i fogli in mano per ricordargli le battute… Fiore tra i fiori».

G: «Faccio fatica a ricordarmi. Grillo era il re della foresta nella giungla dei comici. Ricordo solo che ci mise in una pensione di Nervi a una stella, forse con il bagno fuori... (ride)».

M: «Alla fine della serata, noi siamo scappati subito e lui è andato a rifugiarsi in hotel da Dori Ghezzi e Fabrizio De Andrè. Era inseguito dal direttore della Rai».

gino e michele 6fabrizio de andrè beppe grilloZELIG HUNZIKER GINO E MICHELE

 

Ultimi Dagoreport

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....