una famiglia di sebastiano riso

IL CINEMA DEI GIUSTI - DIFENDIAMO CONCITA DA GRASSO, CHE SE LA PRENDE COL PIGNETO COME SE CI AVESSE MAI MESSO PIEDE - ‘UNA FAMIGLIA’ DI RISO SEGUE IL MODELLO DE ‘LA STRADA’ DI FELLINI: CON IL MASCHIO CHIUSO NEL SUO ORRORE BRUTALE E MICAELA RAMAZZOTTI MASOCHISTA E INNAMORATA DI UNO CHE TENDE A UCCIDERLA O A GETTARLA VIA. L’IDEA È BUONA, MA NON FUNZIONA LO SCIVOLAMENTO NEL MELODRAMMA

Marco Giusti per Dagospia

 

Venezia. Parliamo di film italiani. In concorso e oltre. Pronti per essere impallinati dai critici in sala. Il copione e' quello risaputo da anni. Anche se non sono piu' cattivi come una volta. Aldo Grasso, invece, al suo rientro dalle vacanze, visto che non puo' dir la sua contro il cinema italiano (sport nazionale del giornalista medio), scrivendo di tv, si accanisce sulla pora Concita.

una  famiglia di sebastiano risouna famiglia di sebastiano riso

 

Prendendo di punta il suo programma, “Da Venezia è tutto” e quelli precedenti voluti da Daria Bignardi come programmi di riferimento per una sinistra postcomunista, middlebrow, quanto è colto Grasso! Poi se la prende col suo birignao e sulla sua “sciatteria studiata, stile Pigneto”. Ora, passi per il middlebrow che farà contenti i lettori del Corriere, ma che ne sa Grasso del Pigneto? Si è mai visto al Bar Necci? Perche' il Pigneto dovrebbe essere sciatto e, ancor peggio, studiato?

 

Insorgiamo a favore del popolo del Pigneto, preso di punta anche nel secondo film in concorso italiano, Una famiglia, diretto dal Sebastiano Riso già in luce a Cannes due anni fa con Più buio di mezzanotte. Come molti film, non solo italiani, di giovani registi tendenti al melò, ci si sfoga sulle figure femminili, tutte sante pronte al martirio, massacrate da maschi orrendi nella periferia romana.

 

una famiglia di sebastiano risouna famiglia di sebastiano riso

Dei quattro film italiani in concorso, tre si accaniscono sui personaggi femminili e qualcuno potrebbe spiegarci perche'. Magari Concita. In questo caso, la coppia aguzzino-vittima formata dal torvo Patrick Bruel, una star in Francia, e dalla nostra Micaela Ramazzotti, forse troppo esposta in questi ruoli di martire pazzarella, abita appunto in quel del Pigneto. Sfornano figli per venderli a coppie sterile o a coppie gaie.

 

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Il tutto tramite un'infermiera e un medico corrotto, Fortunato Cerlino gia' Don Pietro Savastano. Ma i bambini della coppia non stanno piu' bene, la ragazza e' malata, distrutta dal lavoro brutale di fattrice e dallo sfruttamento del suo uomo, una bestia alla Zampano'-Anthony Quinn. Il modello, ancora una volta, e' felliniano, stavolta La strada, con il maschio chiuso nel suo orrore brutale e la ragazza masochista e innamorata di uno che tende a ucciderla o a gettarla via appena trovera' una piu' giovane, in questo caso la notevole Matilde De Angelis.

 

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Riso e i suoi sceneggiatori seguono fedelmente il modello Zampano'-Gelsomina, affidando a Pippo Del Bono, un vicino simpatico, la parte della possibile via d'uscita, ma la costruzione del melo avrebbe bisogno di uno scivolamento nel Matarazzo movie, mentre qua si punta a un realismo piu' da FilmCommission della Regione Lazio con tanto di cassonetto dell'Ama.

 

L'idea del film e' buona, come e' buona l'ispirazione da La strada e il lato piu' scuro che lega i personaggi, i due protagonisti funzionano, la coppia gay con Ennio Fantastichini un po' imbarazzante, ma soprattutto non ci sembra che nella seconda parte funzioni perfettamente lo scivolamento nel melodramma.                      

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