zuckerberg facebook

GLI ONNIPOTENTI DELLA DEMOCRAZIA - PER CAPIRE COME FACEBOOK SIA ARRIVATO A OSCURARE L'ACCOUNT DI TRUMP BISOGNA TORNARE A UNA LEGGE DEL 1996 CHE DISCIPLINA IL WEB: NESSUN FORNITORE È RESPONSABILE DEI CONTENUTI E LE PIATTAFORME HANNO LIBERTÀ DI MODERARE I POST - IN PRATICA, I SOCIAL SONO DIVENTATI DEI GIGANTI INCONTROLLABILI, CHE SFUGGONO ALLE REGOLE E POSSONO CENSURARE CHI VOGLIONO...

Laura Della Pasqua per “La Verità

 

mark zuckerberg in audizione al senato

Per capire come è stato possibile che il patron di Facebook, Mark Zuckerberg, abbia potuto oscurare l'account di Donald Trump, bisogna risalire a quella che è ancora l'unica norma che regola il mercato di Internet. Più che una legge sono 26 parole. Le parole di un comma inserito nella Sezione 230 del Communications Decency Act del 1996, che recita così: «Nessun fornitore e nessun utilizzatore di servizi Internet può essere considerato responsabile come editore o autore, di una qualsiasi informazione fornita da terzi».

 

mark zuckerberg 2

Su questa frase, i padroni delle reti sociali hanno costruito la loro fortuna e i loro business miliardari. La Sezione 230, oltre a sancire che le piattaforme non sono responsabili per ciò che viene pubblicato, dà anche ampia libertà alle società che le gestiscono di moderare i post e i contenuti in generale.

 

Quindi, se un utente dice qualcosa di diffamatorio su una piattaforma, questa non è responsabile e non sarà perseguibile, ma può rimuovere il contenuto o filtrarlo perché in base alla legge ha la facoltà di gestire il servizio come vuole.

 

mark zuckerberg 1

Quando Zuckerberg dice che si sente responsabile per quello che accade sulla sua piattaforma, dice qualcosa di non vero, perché la legge dispone diversamente, ma può intervenire a gestire la piattaforma come più gli piace. Il patron di Facebook in uno degli ultimi interventi pubblici ha ammesso che i social network sono in un terreno ancora da regolamentare, a metà strada tra una società editrice e una di telecomunicazioni.

 

elezioni americane e facebook mark zuckerberg 1

Vivono in una zona franca in cui ciò che conta è solo il denaro; più il proprietario è potente e già può condizionare il mercato e ora, la politica, in modo spregiudicato. Nel 2016, durante la campagna per le presidenziali Usa, quando si affacciò l'ipotesi che interferenze russe sui social fossero in grado di condizionare le elezioni, sia i senatori democratici sia quelli repubblicani avevano sollevato il problema di riformare la Sezione 230. Non se ne è fatto nulla.

 

MARK ZUCKERBERG CON UN MAC

L'assenza di regole, da una parte è condannata, ma dall'altra è ampiamente sfruttata dalla politica che ha sempre più affidato al Web la costruzione del consenso e del successo. Il presidente Barack Obama è stato il primo a usare i social in modo massiccio, il che lo ha fatto apparire nuovo, moderno, in sintonia con i tempi e con un elettorato iperconnesso.

 

mark zuckerberg 2

Poi è arrivato Donald Trump che ha attivato una campagna infuocata, mai vista prima, a colpi di tweet e post su Facebook a ripetizione. È stato lo stesso organizzatore della sua campagna elettorale, Steve Bannon, a rivelare che il segreto del successo virale sui social è nell'uso di toni forti con un crescendo che crea una sorta di dipendenza negli utenti.

 

mark zuckerberg

La grammatica esplosiva usata da Trump dello scontro estremo con gli avversari ha prodotto anche il risultato di costringere i media tradizionali, che pure gli erano ostili, a stargli dietro offrendogli spazi, altrimenti impensabili. Perché allora, nella sua ascesa, Facebook non ha fermato Trump? Proprio in virtù della legge 230, che solleva il proprietario da qualsiasi responsabilità, ma soprattutto perché il climax dello scontro politico aveva concentrato l'attenzione sui social. E più tempo gli utenti passano sulle piattaforme, maggiore è la raccolta pubblicitaria, quindi il business.

 

BEZOS ZUCKERBERG PICHAI COOK

La rivista Fortune ha riportato la testimonianza di un ex direttore di Facebook, Tim Kendall, che ha illustrato la strategia usata dal social per creare la dipendenza ai suoi utenti. Una strategia ispirata dalle multinazionali del tabacco che sembra anticipare quello che è successo a Washington.

 

«Permettere a disinformazione, teorie cospirazioniste e fake news di fiorire», sostiene Kendall, «era come i broncodilatatori delle Big Tobacco, che permettono al fumo delle sigarette di coprire maggior superficie dei polmoni. Ma i contenuti incendiari non erano abbastanza. Per continuare a crescere il numero di utenti, e soprattutto il tempo e l'attenzione data a Facebook, si fece di più. Le aziende di tabacco aggiunsero ammoniaca alle sigarette per aumentare la velocità con cui la nicotina arrivava al cervello. Contenuti estremi, incendiari, immagini scioccanti, video, e titolazione che incitavano indignazione, seminavano tribalismi e divisione. Queste scelte di contenuti risultarono un ingaggio e profitto senza precedenti».

 

MARK ZUCKERBERG

Google deve il suo successo alla libertà concessa agli utenti di scrivere qualsiasi cosa anche falsa e violenta, indicizzata dal motore di ricerca senza che Google possa essere considerato responsabile. Ora però Facebook e Twitter hanno fatto un altro passo in avanti, si sono comportati come se fossero garanti, responsabili giuridicamente dei contenuti.

 

Sospendere a tempo indeterminato l'account del presidente degli Stati Uniti è la rivendicazione di un potere illimitato e incontrastato. La Sezione 230 è stata al centro di una serrata offensiva di Trump che ha minacciato di abolirla scagliandosi contro le piattaforme, colpevoli, a suo dire, di avere un pregiudizio contro i politici repubblicani.

 

mark zuckerberg

Un'altra azione dura messa in campo in questi giorni è stata quella di Amazon che ha rimosso il social Parler, punto di riferimento del pensiero conservatore, dal suo cloud, con la motivazione di voler ostacolare i discorsi aggressivi veicolati. Parler è stato privato dello spazio per archiviare i dati, e di fatto è stato spento dal colosso di Jeff Bezos.

 

Si è messo in moto un meccanismo a catena. A ruota Apple e Google hanno confermato la rimozione di Parler dai loro store mentre anche Twitch e Snapchat hanno disattivato l'account di Trump. Tutto questo mentre su Youtube, di proprietà di Google, e sul social Reddit continuano a circolare voci di violenza. Un social «punito» dai big del Web potrà comunque rivolgersi a un tribunale e far valere le proprie ragioni: ma nel frattempo è stato silenziato il che equivale, per il popolo del Web, a una condanna a morte.

 

mark zuckerberg

Quando si dice che Zuckerberg ha il monopolio della Rete, è perché le alternative sono marginali. Gli utenti mensili attivi di Facebook sono 2,6 miliardi. Ogni giorno si collegano a questo social 1,73 miliardi di persone e vi trascorrono in media 58,5 minuti. In Italia lo usano circa 1 italiano su 2. È la piattaforma più popolare con il 60,6% degli utenti Internet.

 

mark zuckerberg

Nonostante diversi forti competitor, come Instagram, Snapchat o Twitter, Facebook resta in testa alle preferenze degli utenti. Nel primo quadrimestre del 2020 ha generato 17,44 miliardi di dollari grazie alle inserzioni. Uno scossone allo strapotere di Zuckerberg è arrivato negli ultimi giorni quando il magnate ha obbligato gli utenti di Whatsapp a cedere i dati a Facebook contraddicendo quanto aveva assicurato nel momento di acquisire l'applicazione di messaggistica. Chi non accetta le nuove regole della privacy non potrà più usare l'app: inizialmente la scadenza era l'8 febbraio, poi slittata di 3 mesi sotto la pressione delle polemiche.

 

mark zuckerberg con la moglie priscilla

L'operazione consente una maggiore integrazione tra il servizio di messaggistica e la casa madre, con una crescita importante di influenza e di business. Ma per l'utente significa consegnare, per di più gratuitamente, i propri dati a qualcuno che può farne ciò che vuole. Ed esporsi alla possibilità di essere condizionato da chi ha profilato i dati passando ai raggi X abitudini, consumi, salute e orientamento politico. Di fronte a questa ennesima prova di forza, molti utenti hanno lasciato Whatsapp scoprendo chat come Telegram e Signal. In 72 ore, Telegram ha registrato 25 milioni di nuovi iscritti e Signal 7,5 milioni. E la politica, davanti all'avanzata dei nuovi padroni della democrazia e del dibattito pubblico, che fa? Tace.

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni matteo salvini adolfo urso abodi giorgetti tajani giorgio armani

UN PO’ PIU’ DI RISPETTO SE LO MERITAVA GIORGIO ARMANI DA PARTE DEL GOVERNO – SOLO IL MINISTRO DELL’UNIVERSITA’, ANNA MARIA BERNINI, HA RESO OMAGGIO ALL’ITALIANO PIU’ CONOSCIUTO AL MONDO RECANDOSI ALLA CAMERA ARDENTE DOVE, TRA SABATO E DOMENICA, SONO SFILATE BEN 16 MILA PERSONE - EPPURE MILANO E’ A DUE PASSI DA MONZA, DOVE IERI ERA PRESENTE AL GP, OLTRE AL VICEPREMIER MATTEO SALVINI, IL MINISTRO DELLO SPORT ANDREA ABODI, SMEMORATO DEL PROFONDO LEGAME DELLO STILISTA CON BASKET, CALCIO, TENNIS E SCI - A 54 KM DA MILANO, CERNOBBIO HA OSPITATO NEL WEEKEND TAJANI, PICHETTO FRATIN, PIANTEDOSI, CALDERONE E SOPRATTUTTO ADOLFO URSO, MINISTRO DEL MADE IN ITALY, DI CUI ARMANI E’ L’ICONA PIU’ SPLENDENTE – E IGNAZIO LA RUSSA, SECONDA CARICA DELLO STATO, DOMENICA ERA A LA SPEZIA A PARLARE DI ''PATRIOTI'' AL DI LA’ DI RITUALI POST E DI ARTICOLETTI (MELONI SUL “CORRIERE”), UN OMAGGIO DI PERSONA LO MERITAVA TUTTO DAL GOVERNO DI CENTRODESTRA PERCHE’ ARMANI E’ STATO UN VERO “PATRIOTA”, AVENDO SEMPRE PRESERVATO L’ITALIANITA’ DEL SUO IMPERO RIFIUTANDO LE AVANCES DI CAPITALI STRANIERI…

giorgia meloni mantovano alfredo giovanbattista fazzolari gian marco chiocci rossi

DAGOREPORT - CHI AVEVA UN OBIETTIVO INTERESSE DI BRUCIARE IL DESIDERIO DI GIORGIA MELONI, PIÙ VOLTE CONFIDATO AI SUOI PIÙ STRETTI COLLABORATORI, DI ARRUOLARE L’INGOMBRANTE GIAN MARCO CHIOCCI COME PORTAVOCE? - IN BARBA ALLA DIFFIDENZA DEI VARI SCURTI, FAZZOLARI E MANTOVANO, FU L’UNDERDOG DE’ NOANTRI A IMPORRE FORTISSIMAMENTE (“DI LUI MI FIDO”) COME DIRETTORE DEL TG1 L’INTRAPRENDENTE CHIOCCI, DOTATO DI UNA RETE RELAZIONALE RADICATA IN TUTTE LE DIREZIONI, DAL MONDO DELLA SINISTRA ALL’INTELLIGENCE DI DESTRA - BEN CONOSCENDO IL CARATTERINO DELL’EX DIRETTORE DE “IL TEMPO” E ADNKRONOS, BEN LONTANO DALLA DISPONIBILITÀ AD ACCETTARE ORDINI E DINIEGHI, OCCORREVA CORRERE AI RIPARI PRIMA CHE LA SGARBATELLA PROCEDESSE ALL’INFELICE NOMINA, FACENDO CIRCOLARE LA VOCE DEL SUO TRASLOCO DALLA DIREZIONE DEL TG1 A BRACCIO MEDIATICO DELLA PREMIER - NEL CASO, SEMPRE PIÙ LONTANO, DI VEDERE CHIOCCI A PALAZZO CHIGI, ALLORA VORRÀ DIRE CHE L’EQUILIBRIO DI POTERI ALL’INTERNO DELLA FIAMMA MAGICA È FINITO DAVVERO IN FRANTUMI...

marcello viola alberto nagel giorgia meloni francesco gaetano caltagirone luigi lovaglio mps mediobanca piazza affari

DAGOREPORT - MEDIOSBANCA! I GIOCHI ANCORA NON SONO FATTI. E LE PREMESSE PER UN FUTURO DISASTRO SONO GIÀ TUTTE SUL TAVOLO - AL DI LÀ DELLE DECISIONI CHE PRENDERÀ LA PROCURA DI MILANO SUL PRESUNTO “CONCERTO” DEL QUARTETTO CALTA-GIORGETTI-LOVAGLIO-MILLERI NELLA PRIVATIZZAZIONE DEL 15% DI MPS, IL PROGETTO TANTO AUSPICATO DA GIORGIA MELONI DI DARE VITA A UN TERZO POLO BANCARIO, INTEGRANDO MPS, BPM E MEDIOBANCA, SI È INCAGLIATO DI BRUTTO: LO VUOLE SOLO FRATELLI D’ITALIA MENTRE FORZA ITALIA SE NE FREGA E LA LEGA E' CONTRO, SAPENDO BENISSIMO CHE L’OBIETTIVO VERO DEL RISIKONE BANCARIO È QUEL 13% DI GENERALI, IN PANCIA A MEDIOBANCA, NECESSARIO PER LA CONQUISTA CALTAGIRONESCA DEL LEONE DI TRIESTE - AL GELO SCESO DA TEMPO TRA CALTA E CASTAGNA (BPM) SI AGGIUNGE IL CONFLITTO DI CALTA CON LOVAGLIO (MPS) CHE RISCHIA DI ESSERE FATTO FUORI PER ‘’INSUBORDINAZIONE’’ - ANCHE LA ROSA DEI PAPABILI PER I NUOVI VERTICI DI MEDIOBANCA PERDE PETALI: MICILLO HA RIFIUTATO E VITTORIO GRILLI NON È INTERESSATO - LA BOCCIATURA DELL’OPERAZIONE DI FITCH, CHE VALUTA MPS CON UN RATING PIÙ BASSO RISPETTO A MEDIOBANCA - LAST BUT NOT LEAST: È SENZA FINE LO SCONTRO TRA GLI 8 EREDI DEL VECCHIO E IL CEO MILLERI, PARTNER DEVOTO DI CALTARICCONE…