1. DOPO OLTRE UN SECOLO LA “FORTEZZA BASTIANI” DI VIA SOLFERINO RISCHIA DI FINIRE NELLE MANI AVIDE DEL FONDO SPECULATIVO BALCKSTONE GRAZIE AL SUO “FILO NERO” CON LA FIAT DI ELKANN, PRIMA AZIONISTA DI RCS, E LA COMPLICITA’ DELLA CONSOB DI (LAS)VEGAS 2. IL SINDACO DON ABBONDIO-PISAPIA SCAMBIA PER UNA PRATICA BUROCRATICA LA FACOLTA’ DELLA SUA AMMINISTRAZIONE COMUNALE DI FAR VALERE IL SACROSANTO DIRITTO DI PRELAZIONE SULL’IMMOBILE-SIMBOLO DELLA CITTA’ (A PREZZI DI SALDO, 120 MILIONI DI EURO, IN FUTURO SAREBBE PURE UN OTTIMO AFFARE PER LA CASSE DI PALAZZO MARINO CHE NE HA APPENA INVESTITI 30 PER IL SOLO RESTAURO DEL TEATRO “LIRICO”) 3. TRA I DISERTORI DELLA CAUSA-CORRIERE SI DISTINGUONO PER IL LORO SILENZIO (COMPLICE), A INZIARE DAL DIRETTORE FLEBUCCIO DE BORTOLI, LE GRANDI FIRME: CITATI, STAJANO, MAGRIS, GRASSO, SARTORI, DELLA LOGGIA, PANEBIANCO, ROMANO, VERONESI, SALVATI, ICHINO, LA CAPRIA, GABANELLI, CANFORA, LA CAPRIA, RIMINI, GREGOTTI…
DAGOANALISI
Milano e il Corriere. Un lungo amore in via Solferino, dal 1904 ai nostri giorni, che si sta consumando sotto gli occhi arrendevoli e indifferenti anche del sindaco Giuliano Pisapia e di quella che una volta era chiamata la borghesia illuminata.
Un rapporto di forte amore-odio che forse si è logorato definitivamente almeno assistendo ai silenzi assordanti che sembrano accompagnare il suo inesorabile declino con la svendita della sua sede storica.
Nulla d'immaginabile fino a qualche anno.
Già . La Fortezza Bastiani di buzzatiana memoria che aveva retto anche l'assalto della P2 e dei Poteri marci inquinati degli anni Ottanta.
Oggi neppure le grandi firme del Corrierone, a cominciare da quella del direttore Flebuccio de Bortoli, fanno sentire chiaramente la propria voce in difesa della gloriosa testata, una bandiera che l'azienda vuole drizzare sui tetti di una torre anonima a Crescenzago.
La chiamata alle armi, sia pure tardiva, invocata dalla redazione di fronte allo "sfregio" dell'alienazione dell'immobile non è raccolta neppure da chi in quel giornale percepisce lauti compensi per le sue articolesse.
Il riferimento non è alla coppia impresentabile di editorialisti Alesina&Giavazzi, che pontificano sulle privatizzazioni(altrui) e se ne fregano delle pene e dei pensionamenti al Corriere, ma ai vari (e avariati) Della Loggia, Panebianco, Grasso, Citati, Romano, Galasso, Cordelli, Magris, Salvati, Ichino, Canfora, Sartori, Gabanelli, Stajano, La Capria, Rimini, Veronesi, Gregotti, Dorfles...
Nella lettera inviata l'altro giorno al giornale sott'assedio da quelli che Indro Montanelli avrebbe bollato come i nuovi "rapaci nel cortile" di via Solferino, anche il primo cittadino di Milano preferisce agire come un pesce sott'acqua.
Pisapia sostiene, bontà sua, di aver "monitorato costantemente" l'evolversi dell'assalto speculativo all'edificio storico del Corriere della Sera da parte della Fiat e del fondo americano "amico" Blackstone.
Ma nulla sembra abbia da obiettare, stavolta in nome della politica e della trasparenza, su quel "fino nero", come ha rilevato per primo Dagospia, che legherebbe la Exor della famiglia Agnelli al management di Blackstone.
Giuseppe Recchi, che ricopre la carica istituzionale di presidente dell'Eni, è consigliere sia della holding finanziaria di Torino (Exor) sia del private equity (Blackstone) di cui è advisor nel board europeo.
Un intreccio tra "parti correlate" in Rcs (o peggio) che fin qui ha lasciato indifferente la Consob presieduta da "non vedente", Giuseppe Vegas.
E' così una fortuna insperata per i giornalisti che l'azionista Dieguito Della Valle (8,9%), magari al solo scopo di proteggere il proprio disastroso investimento in Rcs, ora contesti, per vie legali, le modalità della cessione operate nell'ultimo consiglio d'amministrazione del gruppo editoriale.
E attraverso gli avvocati (studio Erede) chiede lumi a Provolone-Provasoli, presidente del consiglio d'amministrazione, su chi andranno i pochi soldi (120 mila euro su un rosso di bilancio superiore al miliardo) che frutterà quella svendita annunciata.
Alle solite banche azioniste-creditrici?
Ah saperlo!
Così, nel tenere gli occhi bene aperti, il sindaco Pisapia non sembra aver colto fino in fondo le tante anomalie e i conflitti d'interessi che fanno da scenario all'alienazione dell'immobile realizzato all'inizio del Novecento dai progettisti Beltrami&Repossi.
Non uno stabile qualsiasi.
Stiamo parlando della "fabbrica Corriere" con la sua casa dei Medici che ora ospita la sala conferenze Balzan. Di un edificio che è tutelato dai Beni culturali ed è ben innervato in un'area urbanistica che, senza interruzione, s'identifica nella pianta storica della Milano dell'antico Naviglio (San Marco-Brera).
Nel riconoscere che la sede di via Solferino - grazie all'intervento svolto a suo tempo dal Cdr del giornale e non per iniziativa autonoma delle autorità comunali o della proprietà dell'immobile -, è destinata a uso di "produttività editoriale ed è parte integrante della storia di Milano", nella sua missiva a Flebuccio de Bortoli il nuovo don Abbondio di Palazzo Marino appare tuttavia reticente sul futuro di via Solferino (e dintorni).
E Giuliano Pisapia non annuncia (o rivela) l'intenzione da parte dell'amministrazione comunale, entro i due mesi previsti dalla legge, di esercitare quel suo sacrosanto "diritto di prelazione" sulla buzzatiana Torre Bastiani che rischia di essere espugnata dalla speculazione.
Il che non significa interferire nelle scelte manageriali (sic) dell'Rcs.
Si tratta solo di applicare una norma inclusa saggiamente tra i poteri del sindaco proprio allo scopo di conservare, anche per il futuro, l'integrità (e soprattutto la lunga memoria) di quel pezzo di Milano. E al fine evitare basse e ignobili speculazioni edilizie.
La "fabbrica Corriere" è un "corpaccione" di oltre 36 mila metri quadrati "ancora vivo" solo per la presenza dei giornalisti e delle altre maestranze. E non un monumento alla memoria dei padri fondatori, gli Albertini e i Torelli Vollier.
Un edificio che ogni giorno è frequentato dalle scolaresche e dagli studiosi che possono visitare lo straordinario archivio storico, che l'Angelo sterminatore - il solito bocconiano "a la carte", Provasoli e l'amministratore con il bonus incorporato, Pietro Scott Jovane -, stanno svendendo al private equity americano Blackstone.
Forse al don Abbondio-Pisapia sfugge inoltre che la "svendita" per 120 milioni di euro della "fabbrica" Corriere non è soltanto una pratica burocratica da "monitorare".
Esercitare il prelievo dell'immobile al prezzo di saldo (120 milioni di euro) rappresenterebbe soltanto una piccola voce nel bilancio di spesa di Palazzo Marino.
Ne sono stati appena stanziati 30 per restaurare (meritoriamente) il teatro Lirico...
E in futuro, magari grazie al contributo degli sponsor come avviene per la gestione della Scala, la scelta potrebbe rivelarsi pure un affare per l'amministrazione cittadina in vista dell'Expo 2015.
Un simile operare, però, reclama da parte del sindaco gesti politici non solo burocratici prima ancora che si consumi il pasticciaccio brutto di via Solferino.
Altrimenti ha ragione Adriano Celentano che l'altro giorno ha respinto al mittente, giustamente, la proposta del Comune di tutelare la "sua" mitica via Gluck.
"Troppo tardi, non è più un luogo simbolo della mia canzone, ma solo una brutta strada ", ha dichiarato il molleggiato.
E il destino di via Solferino e dei suoi lavoratori rischia di essere quello del ragazzo raccontata proprio da Adriano che in quella strada "lasciò il suo cuore".










