carmelo bene giancarlo dotto

AL DI LA’ DEL BENE E DEL MALE - A 20 ANNI DALLA SCOMPARSA DI CARMELO BENE, IL TEATRO ARGENTINA OSPITA “IL CONGEDO IMPOSSIBILE” E DAGOSPIA OSPITA “IL CONGEDO NECESSARIO” BY GIANCARLO DOTTO - "FOSSE STATO ANCORA DENTRO L’EQUIVOCO D’ESSERE VIVO AVREBBE PISCIATO DAL SUO BALCONE IN ROVINA SU TANTA MALEDUCATA CELEBRAZIONE, FATTA SENZA IL SUO PERMESSO, NEL NOME DEI GIOVANI E PER BOCCA DI ATTORI. LUI CHE DETESTAVA L’ANAGRAFE, I GIOVANI E GLI ATTORI – TORNARE DA DOVE SI È VENUTI, SENZA ESSERE MAI STATI, CARMELO BENE È STATO UN’EQUAZIONE PERFETTA. L’ULTIMO UMANISTA, L’ULTIMO ASINO E L’ULTIMO ASSASSINO. UN’IMMENSA PERLUSTRAZIONE DI COME… - VIDEO

 

Giancarlo Dotto per Dagospia

 

(A vent’anni dalla scomparsa di Carmelo Bene, il Teatro Argentina ospita “Il congedo impossibile” e Dagospia ospita “Il congedo necessario”)

 

BENE DOTTO ELISABETTA SGARBI

Bravi (e zelanti) cristiani sparsi nel pianeta mi avvisano che sono vent’anni e dunque, lavativo che non sei altro, diamoci da fare, che aspetti a scodellare, schiocche a schiocche, le cerase rosse del “Era l’omaggio” anche se è marzo, su coraggio sotto con l’oltraggio, che l’aria è fresca e tutto odora di rose marce. O erano mimose? Le ceneri del mio amico Carmelo, beate loro, non hanno bisogno di ricorrenze per ballare il cha-cha nell’urna che da Otranto lo ha restituito, il bambinaccio, alla stratosfera, dove sono ammessi solo gli addetti ai capolavori.
 

DOTTO BENE 3

Da dove un giorno non come un altro il tempo se ne va e domani è un altro giorno finalmente non uguale a ieri, era apparso a se stesso travestito da Madonna, la madre turchina di Pinocchio, in attesa di travestirsi da Pinocchio e di mille altre cose, pur di non confondersi con amici, compari, comari e parenti. E lei, la Madonna, indecisa fino all’ultimo se rispedirlo (si) all’inferno o lasciarlo (si) che frugasse sotto le sue vesti per scoprire cosa ci stava sotto, che siamo fatti di legno nel migliore dei casi. E, invece, era carne. Carne con la data di scadenza. Madonna mia.
 

DOTTO BENE

Sono giorni di manifestazioni e congedi non autorizzati oltre che impossibili. Una volta ogni dieci anni, Carmelo spacca. Con la scusa di celebrare Carmelo celebriamo noi stessi, le nostre piccole, ma così piccole, patetiche spoglie e voglie mortali. Chi ha dato il permesso? Buscaglione, può darsi. Non certo Carmelo. Lui non l’avrebbe mai dato. Lui non autorizza che, eventualmente, se stesso. Abusiamo della sua benevola assenza, avendola equivocata (l’assenza). Siamo come la banda di scolaretti che se ne approfitta quando il Maestro fuori (della) classe s’è assentato dieci minuti o una vita a fumarsi una sigaretta o a diventare lui stesso cenere.

 

Il Maestro non c’è, assente giustificato oltre che impossibile, e noi facciamo del mondo il nostro posto delle fregole. Approfittando che non ci vede, organizziamo quatti quatti la nostra  piccola baldoria. Il nostro pic-nic all’aperto, da consumare in fretta, ingaggiando un paio di trombe, confezionando il fiocco e un elegante elzeviro, benedetti da qualche istituzione, meglio se televisione, rapidi, dovesse mai riapparire, l’Orco celeste, lesti a raccogliere le briciole (Carmelo odiava le briciole e, che mi risulti, le odia tutt’ora), a far sparire le tracce della marachella e a tornare alle nostre mediocri faccende di tutti i giorni. Aspettando, i più ottimisti di noi, il trentennale.

 

CARMELO BENE

Fosse stato ancora dentro l’equivoco d’essere vivo, Carmelo, avrebbe certo, questa volta sì davvero pisciato dal suo balcone in rovina su tanta maleducata celebrazione, fatta senza il suo permesso, nel nome dei giovani e per bocca di attori. Lui che detestava l’anagrafe, i giovani e gli attori. O l’avrebbe a modo suo liricamente oscurata, come fece con la sua morte immanente, quando oscurò per l’appunto lo specchio della camera da letto con le pagine della Gazzetta, ma solo perché erano rosa. Il rosa e il nero, i colori della sua equivoca vita.

 

Carmelo Bene e Giancarlo Dotto

Quando la ricreazione sarà finita, quando sarà finita la scampagnata delle cimici, il turismo delle anime belle, di donne, compagne, vedove, orfani, amici, veri, per lo più immaginari, intellettuali e adoranti (i due concetti spesso coincidono), tornati ai trastulli di un tempo, ai vecchi cari e ai nuovi acari (avete notato, a proposito di incubi, quanto Putin somiglia alla gigantografia di un acaro?), i più lucidi di noi torneranno alla conclusione di sempre: Carmelo Bene non ci riguarda. Tanto meno ci appartiene. Riguardava forse, senza mai appartenersi l’uno con le altre, le donne che negli anni ne hanno medicato ferite e ustioni da guerra (Carmelo era in guerra dal giorno in cui era venuto al mondo), utilizzando quello che avevano, l’oscenità prima ancora dei farmaci, flebo di amore e di barbiturici, per indurlo ai suoi casti pensieri ed, eventualmente, al tribolato sonno.

Carmelo Bene e Giancarlo Dotto

 

Nemmeno il Carmelo ventenne ci apparteneva. Quello, posseduto dalla nascita, che piombò a Roma, carro partorito e armato da un delirio, e si presentò alle porte dell’Accademia nazionale d’Arte Drammatica per sperimentare la prima necessaria, drammatica incomprensione. Una bocca da fuoco che parlava come Antonio Cassano.  

 
 
Certo, pur capitando per caso e confondendosi a volte nella mischia e nelle cantine del tempo, senza mai appartenere alla fessa moltitudine del tempo che, barbe alla mano ed eskimo in spalla, giocava in quegli anni a fare la rivoluzione, giustificata solo, come aveva capito bene Lenin, da quella insanabile malattia che è l’essere giovani e contemporanei.
 
Non è mai salito Carmelo sul vascello fantasma del ’68, francese o italiano che fosse. Canne in ogni senso fumanti di respiri altrui. Mai stato contemporaneo Carmelo. Aveva altro da fare. Altre urgenze. Essere Carmelo, ad esempio. Spedirsi in missione per conto di Carmelo Bene, non sapendo per niente bene dove si andava a parare. Sì, che c’era forse da pisciare su qualche ambasciatore e attraversare mille gogne prima di meritarsi di giocare da classico vivente.

 

giancarlo dotto e carmelo bene

Non che ci fosse scelta. Una volta che sei nato Carmelo, non puoi essere altro. Farla diventare la tua guerra privata e pubblica. Cambiava l’elmetto, cambiava la divisa, cambiavano le armi, ma non cambiava l’intento e nemmeno l’evento. Che fosse Tamerlano, Pinocchio, Amleto, ma non quello amletico, quello che il teschio lo palleggiava al circo insieme alle foche. Mentre gli altri praticavano la lotta di classe e la lotta continua, lui giocava fuori della classe, sul ring del farsi fuori, preferiva il Joyce-stick al megafono, il luna-park dei suoni alle assemblee degli slogan, in attesa d’avere il giocattolo della vita, la sua strafica consolle dentro i più lussuosi teatri.

 

giancarlo dotto twitta carmelo bene

Solo ciò che è indicibile accade veramente. Non lo sappiamo mai abbastanza. Carmelo lo sapeva. Stregato ragazzo da Joyce, ammaliato adulto da Lacan, e poi da Bacon oltre che da Marco Van Basten e Ray Sugar Leonard, aveva finalmente (e forse tardivamente) incontrato Beckett al culmine della sua e della loro storia.

 

Dopo aver lasciato che intellettuali, critici e cimici banchettassero con il suo spumeggiante cadavere da vivo, lui ha deciso un giorno di fare da sé, di autorizzarsi, l’unico a poter scrivere tatuaggi indelebili sulla sua carne putrescente e non più sperante, bruciato vivo, assediato dalle voci di dentro che erano le stesse di quelle di fuori, e poi assediato da sé, l’unica voce possibile.

 

Fu così che, nella sua ultima recita, più che mai in-vulnerabile da Achille tolse di scena le sue residue spoglie mortali, lasciando in quinta un rosario beckettiano di suoni disarticolati e farfugliamenti. Gli ultimi spasimi, per capirci, in attesa dell’impareggiabile fair-play del cadavere.

carmelo bene morante

 

Anche lì, agli spettatori, lo stesso monito: fate silenzio in platea, anche la disfatta del genio non vi riguarda. Così fu scritto nel programma di sala, e poco importa se toccò a me farlo. Curioso che ad ospitare la maldestra scampagnata beniana di questi giorni, una caciara assortita, profittando dell’assenza di Bene, sia proprio lo stesso Teatro Argentina di allora. Temerari tutti, gli uni che ospitano e gli altri che celebrano. Congedi inevitabili, altro che impossibili. Necessari.

 

Quando, a dirla tutta, e Carmelo ci perdoni se lo diciamo a nome suo, alla fine del suo strepitoso viaggio, tra madonne turchine, pinocchi, tamerlani e amleti, angeli di gesso e demoni di carne, voci dalle torri, e poi solo sospiri e rantoli, in fondo al riso e poi la smorfia, ubriacandosi di tutto, di donne, di vino, di amici, di versi e di polvere, per essere proprio sicuro di non aver lasciato nulla d’intentato, che fosse proprio tutto vero, che tutto era un inganno, prima di darsi definitiva la zappa sui piedi e raccontarlo, quel tutto, sotto le mentite spoglie una biografia nella quale era il primo a non credere.

carmelo bene

 

Perché lui voleva scrivere solo il male dei fiori e, infatti, lo scrisse, prima di ospitare il cancro che avrebbe finalmente reciso l’ultimo petalo di questa manfrina che è l’essere al mondo. Quanto infine restava dietro quel diaframma reciso dal bisturi, solo la vergogna d’essere vivo, tutti gli specchi da oscurare. E poi solo cenere.

 

Carmelo ha portato a spasso per il mondo l’indispensabilità di essere Carmelo, poi la virtù, la disgrazia, il disturbo e, in fondo, la vergogna di essere stato, Carmelo e qualunque cosa. Quando, alla fine dei giochi, fu solo un farfugliante monaco eremita che andava a pane e orzo e cantava le arie di Rossini per i corridoi della sua casa di Otranto affacciata sul canale e sui turchi. Cucinare il pescespada alla brace per i pochi amici, il suo unico svago mondano.

 

Fosse nato mezzo secolo dopo, l’eventuale Carmelo Bene non sarebbe stato riconosciuto. Mancava il contesto. Invece che un dannatissimo mito vivente, costola del famigerato Acmet Pascià, avresti incrociato il suo sosia in qualche polverosa strada della campagna salentina, un anonimo squilibrato in preda alle sue farneticazioni. Sarebbe stato, nella migliore delle ipotesi, un brillante avvocato di provincia. I suoi occhi obliqui e il suo eloquio sfrenato, invece che nei grandi palcoscenici del mondo, avrebbero fatto strage di cuori tra le signore nelle aule di tribunale del Foro di Lecce.

CARMELO BENE

 

Sarà per questo che gli unici veramente autorizzati a spiarlo da qualunque buco della serratura sono e saranno i giovani mai stati giovani, ragazzi d’oggi ma attratti dallo strapiombo del ieri, che non hanno mai frequentato e visto Carmelo Bene nell’equivoco del “vivo”. E che passano le ore in rete a curiosare nelle rovine della sua necropoli, a frugare e trafugare tesori di questo inconcepibile barbaro, ammaliati dall’inaudita bellezza della sirena che ci ha raccontato come si può essere leggiadri in fila in un mattatoio, nella decina di metri che ci separano dal crederci qualcuno e la scure o la pallottola che ci precipita nell’oscurità del ritrovarci nessuno.

ARCHIVIO CARMELO BENE

 

Carmelo Bene insiste come mito più che mai incomprensibile ma carico di seduzione per ragazzi probabilmente autistici che, al riparo dei rumori contemporanei, covano il presentimento di qualcosa di enorme che è stato. Ascoltano e guardano Carmelo come si ascoltano le voci degli astronauti dispersi nel cosmo. Il congedo da questa grandezza, proprio perché necessario, li rende e ci rende inconsolabili. Non ci sarà mai più un altro Carmelo Bene. Se anche ci fosse, non ci sarebbero più occhi e orecchie per riconoscerlo.

 

CARMELO BENE

Carmelo Bene, una rockstar come Elvis Presley e Jim Morrison . Ma senza il loro battage e il loro forsennato merchandising. Era la voce di una rockstar che precipitò quella notte di quarant’anni fa dalla Torre degli Asinelli sui duecentomila in piazza, mai stata così divina la commedia.

 

Tornare da dove si è venuti, senza essere mai stati, Carmelo Bene è stato questo: un’equazione perfetta. L’ultimo umanista, l’ultimo asino e l’ultimo assassino. Un’immensa perlustrazione di come si può andare con decenza da un capo all’altro del viaggio assurdo.

CARMELO BENE 6raffaella baracchi carmelo bene carmelo bene maurizio costanzo show

 

proietti carmelo benecarmelo benecarmelo bene 1carmelo bene salomecarmelo bene don giovanni 2carmelo bene nostra signora dei turchi 4carmelo bene nostra signora dei turchi 1carmelo bene nostra signora dei turchi 3carmelo bene salome 1CARMELO BENE LUISA VIGLIETTI 1carmelo bene un amleto di meno 2carmelo bene - Bolognacarmelo bene - Bolognacarmelo benecarmelo bene - BolognaCarmelo BeneCarmelo Benecarmelo bene don giovanni

Ultimi Dagoreport

salvini calenda meloni vannacci

DAGOREPORT – LA ''SUGGESTIONE'' DI GIORGIA MELONI SI CHIAMA “SALVIN-EXIT”, ORMAI DIVENTATO IL SUO NEMICO PIU' INTIMO A TEMPO PIENO - IN VISTA DELLE POLITICHE DEL 2027, SOGNA DI LIBERARSI DI CIO' CHE E' RIMASTO DI UNA LEGA ANTI-EU E VANNACCIZZATA PER IMBARCARE AL SUO POSTO AZIONE DI CARLO CALENDA, ORMAI STABILE E FEDELE “FIANCHEGGIATORE” DI PALAZZO CHIGI - IL CAMBIO DI PARTNER PERMETTEREBBE DI ''DEMOCRISTIANIZZARE" FINALMENTE IL GOVERNO MELONI A BRUXELLES, ENTRARE NEL PPE E NELLA STANZA DEI BOTTONI DEL POTERE EUROPEO (POSTI E FINANZIAMENTI) - PRIMA DI BUTTARE FUORI SALVINI, I VOTI DELLE REGIONALI IN VENETO SARANNO DIRIMENTI PER MISURARE IL REALE CONSENSO DELLA LEGA - SE SALVINI DIVENTASSE IRRILEVANTE, ENTRA CALENDA E VIA A ELEZIONI ANTICIPATE NEL 2026, PRENDENDO IN CONTROPIEDE, UN'OPPOSIZIONE CHE SARA' ANCORA A FARSI LA GUERRA SUL CAMPOLARGO - LA NUOVA COALIZIONE DI GOVERNO IN MODALITÀ DEMOCRISTIANA DI MELONI SI PORTEREBBE A CASA UN BOTTINO PIENO (NUOVO CAPO DELLO STATO COMPRESO)....

donald trump vladimir putin xi jinping

DAGOREPORT - PERCHÉ TRUMP VUOLE ESSERE IL "PACIFICATORE GLOBALE" E CHIUDERE GUERRE IN GIRO PER IL MONDO? NON PER SPIRITO CARITATEVOLE, MA PER GUADAGNARE CONSENSI E VOTI IN VISTA DELLE ELEZIONI DI MIDTERM DEL 2026: IL PRESIDENTE USA NON PUÒ PERMETTERSI DI PERDERE IL CONTROLLO DEL CONGRESSO - SISTEMATA GAZA E PRESO ATTO DELLA INDISPONIBILITÀ DI PUTIN AL COMPROMESSO IN UCRAINA, HA DECISO DI AGGIRARE "MAD VLAD" E CHIEDERE AIUTO A XI JINPING: L'OBIETTIVO È CONVINCERE PECHINO A FARE PRESSIONE SU MOSCA PER DEPORRE LE ARMI. CI RIUSCIRÀ? È DIFFICILE: LA CINA PERDEREBBE UNO DEI SUOI POCHI ALLEATI....

fabio tagliaferri arianna meloni

FLASH! FABIO TAGLIAFERRI, L’AUTONOLEGGIATORE DI FROSINONE  CARO A ARIANNA MELONI, AD DEL ALES, CHE DOVREBBE VALORIZZARE IL PATRIMONIO CULTURALE DEL PAESE, PUBBLICA SU INSTAGRAM UNA FOTO DELLA PARTITA LAZIO-JUVENTUS IN TV E IL COMMENTO: “LE ‘TRASMISSIONI’ BELLE E INTERESSANTI DELLA DOMENICA SERA” – DURANTE IL MATCH, SU RAI3 È ANDATO IN ONDA UN’INCHIESTA DI “REPORT” CHE RIGUARDAVA LA NOMINA DI TAGLIAFERRI ALLA GUIDA DELLA SOCIETÀ IN HOUSE DEL MINISTERO DELLA CULTURA… 

elly schlein pina picierno stefano bonaccini giorgio gori lorenzo guerini giuseppe conte pd

DAGOREPORT – OCCHIO ELLY: TIRA UNA BRUTTA CORRENTE! A MILANO, LA FRONDA RIFORMISTA AFFILA LE LAME: SCARICA QUEL BUONO A NIENTE DI BONACCINI, FINITO APPESO AL NASO AD APRISCATOLE DELLA DUCETTA DEL NAZARENO – LA NUOVA CORRENTE RISPETTA IL TAFAZZISMO ETERNO DEL PD: LA SCELTA DI LORENZO GUERINI A CAPO DEL NUOVO CONTENITORE NON È STATA UNANIME (TRA I CONTRARI, PINA PICIERNO). MENTRE SALE DI TONO GIORGIO GORI, SOSTENUTO ANCHE DA BEPPE SALA – LA RESA DEI CONTI CON LA SINISTRATA ELLY UN ARRIVERÀ DOPO IL VOTO DELLE ULTIME TRE REGIONI, CHE IN CAMPANIA SI ANNUNCIA CRUCIALE DOPO CHE LA SCHLEIN HA CEDUTO A CONTE LA CANDIDATURA DI QUEL SENZAVOTI DI ROBERTO FICO - AD ALLARMARE SCHLEIN SI AGGIUNGE ANCHE UN SONDAGGIO INTERNO SECONDO CUI, IN CASO DI PRIMARIE PER IL CANDIDATO PREMIER, CONTE AVREBBE LA MEGLIO…

affari tuoi la ruota della fortuna pier silvio berlusconi piersilvio gerry scotti stefano de martino giampaolo rossi bruno vespa

DAGOREPORT - ULLALLÀ, CHE CUCCAGNA! “CAROSELLO” HA STRAVINTO. IL POTERE DELLA PUBBLICITÀ, COL SUO RICCO BOTTINO DI SPOT, HA COSTRETTO PIERSILVIO A FAR FUORI DALLA FASCIA DELL’''ACCESS PRIME TIME” UN PROGRAMMA LEGGENDARIO COME “STRISCIA LA NOTIZIA”, SOSTITUENDOLO CON “LA RUOTA DELLA FORTUNA”, CHE OGNI SERA ASFALTA “AFFARI TUOI” – E ORA IL PROBLEMA DI QUELL’ORA DI GIOCHINI E DI RIFFE, DIVENTATA LA FASCIA PIÙ RICCA DELLA PROGRAMMAZIONE, È RIMBALZATO IN RAI - UNO SMACCO ECONOMICO CHE VIENE ADDEBITO NON SOLO AL FATTO CHE GERRY SCOTTI SI ALLUNGHI DI UNA MANCIATA DI MINUTI MA SOPRATTUTTO ALLA PRESENZA, TRA LA FINE DEL TG1 E L’INIZIO DI “AFFARI TUOI”, DEL CALANTE “CINQUE MINUTI” DI VESPA (CHE PER TENERLO SU SONO STATI ELIMINATI GLI SPOT CHE LO DIVIDEVANO DAL TG1: ALTRO DANNO ECONOMICO) - ORA IL COMPITO DI ROSSI PER RIPORRE NELLE TECHE O DA QUALCHE ALTRA PARTE DEL PALINSESTO IL PROGRAMMINO CONDOTTO DALL’OTTUAGENARIO VESPA SI PROSPETTA BEN PIÙ ARDUO, AL LIMITE DELL’IMPOSSIBILE, DI QUELLO DI PIERSILVIO CON IL TOSTO ANTONIO RICCI, ESSENDO COSA NOTA E ACCLARATA DEL RAPPORTO DIRETTO DI VESPA CON LE SORELLE MELONI…