LA LETTERA DI ANGELINA JOLIE AL “NEW YORK TIMES”: “HO RIMOSSO IL SENO PER NON MORIRE COME MIA MADRE DI TUMORE”

Angelina Jolie per The New York Times
pubblicato da "La Repubblica" - traduzione di Marzia Porta

Mia madre ha combattuto contro il cancro per quasi un decennio, ed è morta all'età di 56 anni. Ha resistito abbastanza a lungo da poter conoscere il primo dei suoi nipoti e stringerlo tra le braccia.

I miei altri figli però non avranno l'opportunità di conoscerla e sapere quanto fosse affettuosa e gentile. Parliamo spesso della "mamma di mamma", e mi sono ritrovata a tentare di spiegar loro il male che ce l'ha portata via. Mi hanno chiesto se potrebbe accadere la stessa cosa a me. Ho sempre risposto loro di non preoccuparsi, ma in realtà sono portatrice di un gene "difettoso", il BRCA1, che aumenta considerevolmente le probabilità che io possa sviluppare un tumore al seno e alle ovaie.

I miei medici ritenevano che avessi l'87 percento di probabilità di sviluppare un tumore al seno e il 50 percento alle ovaie, sebbene i rischi varino da donna a donna. Solo una frazione dei casi di tumore al seno è causata a una mutazione genetica di tipo ereditario. In coloro che presentano un'anomalia nel BRCA1, il rischio di sviluppare un tumore al seno è pari in media al 65 percento.

Venuta a conoscenza della mia situazione ho deciso di attivarmi e minimizzare quanto possibile i rischi. Ho quindi deciso di sottopormi a una mastectomia totale preventiva. Ho iniziato con il seno perché nel mio caso la probabilità di sviluppare un tumore al seno era superiore rispetto al rischio di tumore alle ovaie, e perché l'intervento è più complicato. Il 27 aprile ho completato i tre mesi di decorso post-operatorio. Durante quel periodo sono riuscita a non far trapelare nulla e a mandare avanti il mio lavoro.

Se ne scrivo adesso è perché spero che altre donne possano trarre beneficio dalla mia esperienza. La parola cancro continua a incutere terrore nei cuori delle persone, producendo un profondo senso di impotenza. Oggi però un'analisi del sangue permette di scoprire se si è ad alto rischio di sviluppare un tumore al seno e alle ovaie, e agire di conseguenza.

La mia vicenda è iniziata il 2 febbraio con un intervento chiamato "nipple delay", che serve a scongiurare la possibilità che il male abbia colpito i dotti situati dietro il capezzolo e che permette di far confluire una maggiore quantità di sangue in quella area del corpo. È una procedura dolorosa, che causa molte ecchimosi, ma aumenta le possibilità di preservare il capezzolo.

Due settimane dopo mi sono sottoposta alla mastectomia vera e propria, durante la quale il tessuto mammario è stato asportato e sostituito da alcuni filler temporanei. L'operazione può richiedere anche otto ore. Ci si sveglia con dei tubi di drenaggio e degli espansori inseriti nel seno. Sembra davvero la scena di un film di fantascienza. Ma a pochi giorni dall'intervento si può riprendere una vita normale.

Nove settimane più tardi la procedura viene completata con la ricostruzione della mammella tramite l'inserimento di un impianto. Negli ultimi anni sono stati compiuti grandi progressi in questo campo, e i risultati possono essere ottimi.

Ho voluto raccontare questo per far sapere alle altre donne che la decisione di sottoporsi a una mastectomia non è stata facile. Ma che sono molto felice di averla presa. Le mie probabilità di sviluppare un tumore al seno sono diminuite, passando dall'87 percento a meno del 5 percento. Posso dire ai miei figli che non devono avere paura di perdermi per un tumore al seno.

È rassicurante sapere che non hanno dovuto assistere a nulla che avrebbe potuto metterli a disagio. Vedono che ho delle piccole cicatrici, nulla di più. Per il resto sono sempre la Mamma, la stessa di sempre. E sanno che li amo e che farei qualsiasi cosa pur di restare accanto a loro il più a lungo possibile.

Sul piano personale, non mi sento affatto meno donna di prima. Aver compiuto una scelta drastica, che non ha intaccato in alcun modo la mia femminilità, mi fa sentire forte.
Ho la fortuna di avere un compagno, Brad Pitt, che mi dà molto amore e appoggia le mie scelte. Voglio che chiunque abbia una moglie o una compagna che sta attraversando una situazione simile sappia di avere un ruolo molto importante da svolgere.

Brad è rimasto al Pink Lotus Breast Center, dove sono stata operata, per l'intera durata degli interventi. Siamo riusciti a trovare dei momenti per ridere insieme. Sapevamo che ciò che stavamo facendo era la cosa giusta per la nostra famiglia, e che ci avrebbe uniti ancora di più. E così è stato.

Spero che ogni donna che leggerà queste righe trovi conforto nel sapere di avere delle alternative. Voglio incoraggiare tutte le donne, soprattutto quelle che hanno dei casi di tumore al seno in famiglia, a informarsi e cercare degli esperti capaci di aiutarle, e a compiere delle scelte consapevoli.

So che esistono dei fantastici medici olistici che si dedicano alle alternative alla chirurgia. Il sito del Pink Lotus Breast Center pubblicherà a tempo debito il percorso che ho seguito, e spero che ciò possa essere d'aiuto ad altre donne.

Stando all'Organizzazione mondiale per la Sanità, ogni anno il tumore al seno uccide, da solo, circa 458.000 persone. Soprattutto nei Paesi dove il reddito è basso o medio-basso. Quella di assicurarsi che un maggior numero di donne, a prescindere dai loro mezzi e dall'ambiente in cui vivono, possa avere accesso ai test genetici e al trattamento preventivo che può salvare la vita deve diventare una priorità. Negli Stati Uniti l'esame per il BRCA1 e il BR-CA2 costa più di tremila dollari, e ciò rappresenta un ostacolo per molte donne.

Ho scelto di non tacere perché molte donne vivono all'ombra del cancro, senza saperlo. Spero che anche loro possano sottoporsi al test, e che nel caso risultino ad alto rischio sappiano di disporre di alternative valide.

La vita ci presenta molte sfide. Non dovremmo temere quelle che possiamo affrontare e sulle quali abbiamo la possibilità di intervenire.

 

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