EUTANASIA - CARLO LIZZANI: “STACCO LA CHIAVE, SCUSATE FIGLI CARI” - IL FIGLIO: “IN UN PAESE CIVILE OGNUNO DOVREBBE POTER SCEGLIERE COME MORIRE”

1. CARLO LIZZANI "CARI FIGLI SCUSATEMI, STACCO LA CHIAVE"
federica angeli - cristiana salvagni per La Repubblica

Quando tre anni fa Monicelli mise fine alla sua vita divorata da un tumore lanciandosi dal quinto piano di un ospedale, il regista Carlo Lizzani lo definì «un gesto da lucidità giovane». Ieri si è appropriato dello stesso «giovane» gesto. «Stacco la chiave, scusate figli cari». Un laconico commiato, poi ha finto di coricarsi nel letto dove la badante lo aveva accompagnato, ha aperto la finestra di casa e ha detto addio alla sua esistenza. Mancavano pochi minuti alle 15.

Il volo dal terzo piano e il tonfo sul terrazzo di un condomino, in una palazzina in via dei Gracchi in Prati, nel silenzio di un piovoso sabato pomeriggio romano, ha lasciato sotto shock tutti i condomini. Che immediatamente hanno intasato i centralini di 113 e 112. «Un piccolo corpo... Una minuscola virgola che riposava su una pozza di sangue, ecco quello che ho visto quando mi sono affacciata», racconta la signora Iole, gli occhi gonfi di lacrime.

Aveva 91 anni il signore del neorealismo, e malgrado i vicini lo vedessero sempre lucido e gioviale, «educato e sorridente, ma molto riservato» soffriva di una brutta depressione da quando la moglie, malata, era costretta a trascorrere le sue giornate a letto e da quando aveva preso coscienza di non essere più in grado di badare autonomamente a se stesso. I segnali nel quartiere li avevano notati tutti.

«Aveva smesso, prima dell'estate, di venire a prendere qui al bar il suo solito succo di mirtillo - racconta Luciano, dietro al bancone del "Piazzetta dei Gracchi" - un'abitudine che aveva da tempo». Ma nessuno ha mai sospettato che la vita del maestro indiscusso del cinema italiano potesse chiudersi così.

Negli ultimi mesi era stato diverse volte ricoverato in ospedale, l'ultima dieci giorni fa al Santo Spirito: nulla di grave, problemi legati a un corpo vissuto a lungo. «Di testa era lucido ma non era più autosufficiente e questo lo faceva soffrire», dice il figlio Francesco, professore di Filosofia, fuori dal commissariato Prati.

«In un paese civile, mio padre avrebbe scelto l'eutanasia. Diverse volte avevamo parlato in famiglia del suicidio assistito, così come se ne può discutere tra genitori e figli, in modo normale. Ma poiché qui in Italia non è contemplata l'eutanasia, mio padre è dovuto ricorrere a questa fine cruenta. Il suo è stato un gesto pubblico di disperazione privata ». Distrutta ma composta nel dolore la figlia Flaminia: «Non capisco ma rispetto la sua decisione da uomo libero, da pensatore ».

Per salutarlo probabilmente una cerimonia laica, forse in Campidoglio, dove Lizzani festeggiò i novant'anni. E i familiari sperano che sia il Comune a fare il primo passo, a proporre la celebrazione. «Nonostante l'età e le difficoltà di salute, era rimasto straordinariamente presente e combattivo in ogni confronto e in ogni sforzo di passaggio del testimone alle nuove generazioni. Oggi perdo un amico» lo ricorda il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Stupore e angoscia tra i colleghi del cinema. Così il regista Daniele Vicari, su Facebook: «Come Monicelli, anche Lizzani ha deciso quando e come morire. Una generazione padrona della propria vita». Massimo Ghini oltre allo «straordinario regista», lo ricorda come «una persona educata elegante, ironica, sarcastica. Era un amico con cui si poteva parlare di tutto in maniera amabile, e un maestro di vita, di storia, di morale, di politica, di tante cose. Poi aveva questa sua romanità sublime su un fisico così poco romano».
Rammarico anche dall'Associazione nazionale partigiani d'Italia: «Carlo, durante la Liberazione, era studente universitario e fu molto attivo nella Resistenza a Roma. Diede un grande contributo alla cultura democratica nel nostro Paese».

2. FERZAN OZPETEK: "GESTO ESTREMO E CORAGGIOSO QUESTA È L'UNICA EUTANASIA CHE L'ITALIA CONCEDE A CHI SOFFRE
Maria Pia Fusco per La Repubblica

"Carlo Lizzani! Uno dei più grandi registi italiani si è tolto la vita. L'unica eutanasia che concede l'Italia agli anziani. Gettarsi nel vuoto". Ferzan Ozpetek ha scelto un post su Twitter per commentare, dopo aver appreso la notizia della morte del regista. E dopo la conferma che si è trattato di una scelta volontaria: "Ho staccato la chiave", ha scritto Lizzani in un biglietto lasciato ai familiari.

Che cosa l'ha spinta a scrivere quel commento?
«Il mio è stato uno sfogo, mi è venuto subito in mente Mario Monicelli, anche lui prese la stessa decisione, e anche all'epoca ne rimasi sconvolto. Mi chiedo perché una persona che non ce la fa più non possa morire come vuole, nel suo letto, non possa avviarsi alla fine con serenità, magari anche circondato dall'affetto dei suoi familiari».

La morte di Monicelli agitò giorni di polemiche. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, alla camera ardente del regista, parlò del suo suicidio come di «un estremo scatto di volontà che bisogna rispettare ». In Parlamento si scontrarono la centrista Paola Binetti e la radicale Rita Bernardini, che invitò l'aula della Camera a riflettere su chi non
ce la fa più ed è costretto a lasciare la vita. La sua è una dichiarazione coraggiosa.
«Non sono io coraggioso. Gettarsi nel vuoto è un gesto davvero estremo, quello sì che richiede un enorme coraggio».

Cos'è che le fa più male?
«Quello che mi fa molto male è anche pensare all'immagine del corpo di una persona schiacciato su un marciapiedi, mi sembra un torto alla dignità. Tento di scivolare nel romantico, cerco di pensare ad altre immagini, a una stella caduta».

Qualcuno su Twitter le ha risposto che gettarsi nel vuoto è l'unica forma di eutanasia "non solo per gli anziani".
«È vero, il diritto di morire con dignità riguarda chiunque, qualunque età abbia».

Lei era legato sia a Lizzani sia a Monicelli?
«Sono due persone che ho ammirato con tutto il mio cuore, che fanno parte del mio mondo, per questo ho avuto l'impulso di scrivere quelle parole. Ma il tema dell'eutanasia mi colpisce da molto tempo».

Conosce altre vicende simili?
«Vedo troppe persone, amici, conoscenti, che lottano contro il male, ne passano di tutti i colori, sempre più abbrutiti, devastati, sfiniti, li vedo perdere ogni giorno di più il legame con la vita ed è insopportabile».

È la difficoltà di chi vorrebbe essere d'aiuto.
«Certo, chi le ama vorrebbe aiutarle, ma è impotente. È possibile che la soluzione sia solo gettarsi nel vuoto? Ci penso da molto tempo a queste cose, ma soprattutto andando avanti negli anni il problema mi sembra sempre più grave».

 

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