MEDIASET DELOCALIZZA IL TG5 - LA CRONACA E GLI ESTERI FINISCONO SOTTO LA GESTIONE DELLA AGENZIA NEWS - PSICODRAMMA IN REDAZIONE: IL SINDACATO SOSPETTA EPURAZIONI, MIMUN SCRIVE E RISCRIVE IL PIANO EDITORIALE

1. MEDIASET SMONTA IL TG5 L’ALL NEWS CHIUDE ALLE 19 ED È LITE MIMUN-REDATTORI

Aldo Fontanarosa per "la Repubblica"

 

TG5 TG5

Il secondo telegiornale italiano smontato quasi fosse un giocattolo troppo complicato e costoso. E un canale all news ridimensionato proprio ora che gli editori concorrenti (come Rai e Sky) rilanciano il loro. La crisi economica impone una cura dimagrante all’informazione di Mediaset, che mette mano sia a TgCom 24 e sia al gioiello di famiglia, il Tg5 di Clemente Mimun. E proprio Mimun, in questo delicato passaggio, deve incassare una scomoda obiezione. Il Cdr del Tg5 (il sindacato interno alla redazione) allude a un attacco mirato contro alcuni giornalisti ostili alla direzione, trasferiti quando non dovevano.

 

 LOGO TGCOM24 LOGO TGCOM24

È il 3 luglio quando il Cdr del Tg5 incontra una delegazione dell’azienda (che schiera, tra gli altri, Mauro Crippa e Niccolò Querci). Sul tavolo compare un complesso progetto di riassetto delle news. Una premessa. Noi oggi vediamo le edizioni del Tg4 e di Studio Aperto (ogni giorno su Rete4 e ItaliaUno). Ma dietro le quinte le due redazioni sono ridotte ai minimi termini. Da 4 anni, la gran parte dei cronisti del Tg4 e Studio Aperto è confluita a News Mediaset. È l’agenzia interna al gruppo, fabbrica comune dei servizi giornalistici per tutte le testate Mediaset.

 

COLOGNO MONZESECOLOGNO MONZESE

Adesso il piano di riassetto delle news chiama in causa anche il Tg5 che dovrà trasferire 2 sue redazioni (cronaca ed esteri) sotto l’ombrello della agenzia interna News Mediaset, conservandone solo altre 2 (politica ed economia). La seconda notizia del progetto di riforma è che il canale all news – TgCom 24 – offrirà dirette proprie per sole dieci ore al giorno: dalle 8:55 del mattino alle 19:05 del pomeriggio. Prima e dopo, il canale dovrà arrangiarsi con programmi registrati e proporre le edizioni dei tg mentre sono in onda su Canale 5, Italia 1 e Rete 4. Siamo di fronte a cambiamenti importanti. Ma l’azienda – questo le va riconosciuto – percorre la strada dei risparmi, non quella ben più traumatica dei licenziamenti.

 

clemente mimun clemente mimun

Il 23 luglio, Mimun presenta il suo piano editoriale. In un documento di tre pagine e mezza, il direttore del Tg5 ricorda di essere «tra i fondatori della testata » e di non avere «vocazioni suicide». Quindi giura che la riforma in atto non segnerà un ridimensionamento del telegiornale, anzi. Il nuovo Tg5 «tornerà ad avere una redazione a Milano» e l’edizione della notte andrà in onda proprio da lì, «in diretta».

 

Le stesse edizioni flash di Canale 5 saranno firmate dal Tg5. E ci sarà il «restyling di sigla, studio e grafica»; mentre saranno assunti 5 nuovi cronisti, con contratti a tempo determinato. Infine la app del Tg5 – ricorda - è stata scaricata da «750 mila affezionati».

Fedele ConfalonieriFedele Confalonieri

Tra una citazione di Francesco Guccini e di un economista indiano, Mimun arriva al punto. Elenca i nomi dei giornalisti da trasferire: 23 in tutto. Il direttore del Tg5 sposta all’agenzia interna (News Mediaset) una buona parte dei cronisti della cronaca e degli esteri.

 

Ma altri giornalisti – della cronaca e degli esteri – non vengono spostati e restano in capo a quel che resterà del Tg5. Perché questa scelta? Perché alcuni sì ed altri no? E sempre Mimun trasferisce all’agenzia interna cinque giornalisti che non sono alla cronaca o agli esteri, bensì alla politica e alla economia (e che dunque avrebbero diritto a restare dove sono, al Tg5). Come mai? Spiega il direttore: «Le mie scelte, dolorose per tutti, sono basate esclusivamente sui numeri aziendali e le esigenze del giornale».

 

Mario Giordano Mario Giordano

Ma questa storia delle scelte dolorose non convince il Cdr del Tg5, che obietta: «Chiediamo il ritiro del piano editoriale affinché non vi siano timori di “liste di proscrizione” che poco o nulla hanno a che fare con le capacità professionali e le reali esigenze produttive».

 

Pochi giorni dopo, il 30 luglio, Mimun fa una sostanziale retromarcia. In una nota stavolta brevissima, scrive che andranno all’agenzia interna i colleghi della cronaca e degli esteri: stavolta tutti, come da prescrizione aziendale. Il direttore trattiene al Tg5 – ma questo non gli verrà contestato – tutti i conduttori, i titolari delle rubriche e dell’edizione breve delle 18. Il primo agosto, l’azienda ufficializza i nomi dei cronisti che passeranno dal Tg5 all’agenzia News Mediaset. Sono 19 («e la loro esperienza e professionalità – si assicura - sarà valorizzata »). L’azienda precisa anche che il trasferimento si concretizzerà di lì a pochi giorni (dall’8 settembre 2014).

MAURO CRIPPA MAURO CRIPPA

 

Otto settembre, dunque: la data dell’armistizio nel lontano 1943. Ma il comitato di redazione del Tg5 non si arrende. Chiede conto, stavolta all’azienda, di due colleghi indirizzati all’agenzia interna anche se non fanno parte della cronaca o degli esteri. Vuole notizie di dettaglio sul sistema editoriale Dalet, che permetterà ai giornalisti di confezionare da soli un servizio video senza bisogno di un montatore. Soprattutto il Cdr invoca un «piano editoriale» per il Tg5, quasi a negare che quello di Mimun – il primo, datato 23 luglio – avesse questo profilo.

 

2.IN RAI VESPA CEDE IL LUNEDÌ A “PETROLIO”, L’ANTIDOTO AL TALK SHOW

Leandro Palestini per "la Repubblica"

 

giancarlo leonegiancarlo leone

È come se in Rai fosse caduto il Muro di Berlino: dal 25 agosto Bruno Vespa dovrà cedere una delle serate di Porta a porta ( il lunedì) per fare posto a Petrolio di Duilio Giammaria. Nasce l’antidoto al talk show fondato su una compagnia di giro di politici vocianti e dame sedute su bianche poltroncine. RaiUno vara un programma d’inchiesta affidato a un inviato speciale del Tg1 (Iraq e Afghanistan), già rodato conduttore di Unomattina, che non teme il confronto con Bruno Vespa.

 

«Credo che il confronto sia salutare per ogni professionista dell’informazione e dell’approfondimento. Vespa propone un modello collaudato di fare tv, non migliore o peggiore. Se la linea editoriale di RaiUno si arricchisce con Petrolio di nuovi spunti e si dimostra capace di proporre altri linguaggi, ritengo sia un bene per tutti», spiega Giammaria, convinto che il suo programma non farà rimpiangere la “Terza Camera” di Rai1. Sembra che Vespa all’inizio preferisse cedere la serata del giovedì.

 

Bruno Vespa Bruno Vespa

Poi, dopo serrate trattative con la Rai, avrebbe deciso di lasciare libero il lunedì. Senza salottino e senza plastici, sarà dura per Giammaria catturare nuovo pubblico. Anche se, nel periodo di prova dello scorso inverno (dicembre-gennaio) Petrolio ottenne una media di 1 milione e 300mila spettatori, circa il 10% di share.

 

La ricetta anti-Vespa? Una serie di reportage per aprire uno «sguardo sull’estero », senza trascurare la politica italiana nell’era Renzi. Petrolio promette di incrociare i temi della crisi, delle riforme, della crescita, «della prospettiva per i milioni di italiani che guardano con preoccupazione al futuro. Si tratta di dar voce a chi sostiene che sia possibile un nuovo contratto sociale, che isoli chi ha perso i valori della comunità e spinga avanti i migliori. Va sconfitta l'idea che non sia possibile cambiare e che le cricche debbano necessariamente vincere. Petrolio è un programma che ha fiducia e la vuole diffondere».

 

premio biagio agnes   duilio giammaria con la mogliepremio biagio agnes duilio giammaria con la moglie

Se Bruno Vespa tocca le corde della tv “nazionalpopolare”, Duilio Giammaria strizza l’occhio alla blasonata Bbc. «La tv meno parlata, capace di raccontare con la forza delle immagini, è la nostra sfida. Perché non guardare ai migliori esempi di stile, narrazione, organizzazione del lavoro, dei nostri colleghi broadcaster inglesi o francesi?», dice il giornalista, citando un esempio: «In prima serata sulla Bbc va in onda Panorama, un programma fatto solo di reportage e inchieste.

 

Per troppo tempo la nostra tv è stata claustrofobica e autoreferenziale. Il compito di una tv al servizio del Paese è anche quello di portare l'Italia nel mondo e il mondo in Italia. É uno degli slogan del nuovo contratto tra la Bbc e i cittadini inglesi. Perché non farlo nostro?».

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