oates mughini charlie hebdo

LA VERSIONE DI MUGHINI - LA SCRITTRICE JOYCE CAROL OATES DEFINISCE "VIGLIACCHI" I DISEGNATORI DI "CHARLIE HEBDO", CHE LAVORAVANO CON UNA CONDANNA A MORTE SULLA TESTA. OGNI OPINIONE È LEGITTIMA, MA QUESTA È MISEREVOLE

1. LA VERSIONE DI MUGHINI

Lettera di Giampiero Mughini per Dagospia

 

Giampiero Mughini phAgrpress Giampiero Mughini phAgrpress

Caro Dago, è ovvio che su ciascuna questione – anche la più drammatica – le opinioni possono essere diverse e che ciascuno ha il diritto di esprimere la sua. Ovvio che la scrittrice americana Joyce Carol Oates (intervistata oggi da Antonio Monda su “la Repubblica”) ha il pieno diritto di non essere d’accordo con la decisione del Pen Club di dare un premio alla memoria ai giornalisti di “Charlie Hebdo” massacrati da due canaglie di strada che li stavano assassinando in nome dell’islamismo. Altri sei scrittori del Pen Club avevano condiviso il dissenso della Oates. Opinioni legittime, ci mancherebbe altro.

Joyce 
Carol 
Oates   
Joyce Carol Oates

 

Non è legittimo invece che la Oates accusi quelli di “Charlie Hebdo” di avere avuto posizioni “volgari e vigliacche”. Vigliacchi Charb e Wolinski e gli altri, quei condannati a morte che aspettavano i loro assassini e che continuavano a sfidarli? Vigliacchi quegli uomini armati di matita che per un attimo hanno guardato in volto quegli uomini armati di mitra che li stavano per mettere a morte?

 

Vigliacco Charb, il direttore di “Charlie”, quello che due giorni prima di essere ammazzato aveva finito di scrivere un testamento in onore della libertà di espressione e della satira anche la più acre? No, vigliacchi no. No, questo dei morti squarciati da colpi di mitra la Oates non ha il diritto di dirlo. Perché c’è una bella differenza tra un’opinione discordante e un’opinione miserevole.

 

 

2. ECCO PERCHE’ NON SARO’ MAI CHARLIE

Joyce 
Carol 
Oates   
Joyce Carol Oates

Antonio Monda per “la Repubblica

 

Joyce Carol Oates accetta di intervenire sulla questione del premio a Charlie Hebdo, che ha spaccato il Pen Club in due gruppi di scrittori composti entrambi da autori di alto livello. La Oates non è intervenuta immediatamente nella polemica, e dopo qualche giorno di riflessione ha deciso di manifestare il proprio sostegno a coloro che protestavano per il premio dato al giornale satirico francese vittima dell’attentato terroristico di matrice islamica in cui sono morte 12 persone nel gennaio scorso. La scrittrice non arriva tuttavia invitare al boicottaggio. È appena tornata dalla California, e spiega la sua opinione misurando le parole.

IL LIBRO DI CHARB LETTERA AI TRUFFATORI DELL ISLAMOFOBIAIL LIBRO DI CHARB LETTERA AI TRUFFATORI DELL ISLAMOFOBIA

 

«I media stanno amplificando le polemiche, dando un quadro di lotte intestine che non fa alcun bene al Pen», racconta con amarezza, «è un’istituzione che fa molto, ma molto di più che dare un premio».

 

Ritiene si tratti di una frattura insanabile?

«No, penso che non sia irreversibile. La mia opinione è che alcuni scrittori abbiano avuto una crisi di coscienza riguardo al possibile razzismo delle vignette di Charlie Hebdo, ritenendo quindi che non si potesse dare un premio ai vignettisti. Penso che ci sia stata poca chiarezza sulla motivazione del premio, dato al “coraggio”».

 

tignous, charb et cabutignous, charb et cabu

Salman Rushdie ha avuto una posizione durissima nei confronti di chi ha boicottato il premio, definendo costoro “donnicciole”.

«In un primo momento ha reagito in maniera emotiva nei confronti di scrittori amici che non avevano la sua stessa opinione, poi ha cambiato tono. Quello che danneggia il Pen è soprattutto la reazione di alcuni membri nei confronti di altri riguardo alla “libertà di espressione”. E questo per alcuni rappresenta una sorpresa. Io ho sottoscritto la lettera dei sei dissidenti, che hanno agito secondo coscienza, sperando che il Pen rimanga unito, e che questa vicenda non trascenda da un dibattito tra opinioni diverse, cosa che in realtà è stato, al di là dell’emotività delle prime ore».

 

charb direttore di charlie hebdocharb direttore di charlie hebdo

Teju Cole, che è in prima fila tra i dissidenti, scrisse pochi giorni dopo la strage che, al di là dell’orrore e la pietà, è impossibile solidarizzare con una rivista come Charlie Hebdo senza di fatto appoggiarne il contenuto.

«Io credo che la tradizione americana — o almeno quella che dovrebbe essere la tradizione americana — dice che invece si può».

wolinski wolinski

 

Allora perché si è schierata con coloro che hanno preso le distanze dal premio?

«Credo che la posizione corretta sia quella di garantire a riviste come Charlie Hebdo il diritto di esprimersi, anche quando hanno posizioni volgari, vigliacche, blasfeme e stupide. Tuttavia, non ero entusiasta riguardo l’idea di premiarla perché ritengo che mandi un segnale sbagliato a chi con capisce quanto libertario sia il Pen. Molta gente pensa che un premio di questo tipo dia autorevolezza anche al contenuto».

 

Ma la missione del Pen è proprio celebrare coloro che sono vittime a causa della libertà di espressione: lei cosa avrebbe fatto per ricordare l’atrocità del sette gennaio?

wolinski e tignous di jef aerosolwolinski e tignous di jef aerosol

«Non ero in quel comitato, ed esito a giudicare perché spesso questi comitati fanno un grande lavoro che non viene celebrato. Capisco la necessità di affrontarel’orrore di quanto avvenuto negli attacchi: forse mi sarei limitata ad una menzione. E nonostante non siano state vittime di un massacro penso ad esempi come Edward Snowden e Chelsea Manning: anche questi sono casi di coraggio ».

il vignettista georges wolinskiil vignettista georges wolinski

 

Spesso la satira appare solo un mezzo per un attacco politico.

«Ora è diventato un cliché dire “Sono Charlie Hebdo”, senza sapere bene cosa significhi. La satira probabilmente non è mai apolitica, altrimenti quale sarebbe il suo proposito?».

 

Esiste un limite tra satira e attacco politico?

«Ogni società ha le proprie tradizioni e aspettative. Esiste un senso comune di comportamenti accettati, e tutto il resto è considerato illegale, immorale o tabù. Io sono pronta ad accettare il fatto che il Pen non abbia commesso un brutto errore dando un premio ad una rivista che si è distinta, tra le altre cose, per razzismo: rivendico tuttavia il diritto di non avere certezze ».

 

jean 'cabu' cabutjean 'cabu' cabut

Ogni religione ha i propri estremisti, ma i fondamentalisti islamici massacrano e i leader religiosi arrivano alla fatwa.

«Nel passato anche altre religioni hanno avuto atteggiamenti simili: basta pensare all’Inquisizione o alla repressione da parte degli ortodossi di ogni culto nei confronti di chi era considerato eretico. Penso anche ai Puritani che qui nel nuovo mondo perseguitavano donne che consideravano streghe probabilmente solo perché anticonformiste. Tutti costoro si sono distinti per brutalità, ma si tratta appunto del passato.

cabu hollande charlie hebdocabu hollande charlie hebdo

 

Ovvio che il terrorismo non è limitato al fondamentalismo islamico, ma oggi lo percepiamo come la minaccia più grande. Ma ci sono anche minacce che provengono da altri governi in forme più ellittiche. Aggiungo che nel nostro paese ci sono persone in carcere, che vivono in condizioni terribili nonostante abbiamo commesso crimini non violenti. Mi chiedo se questo sia da considerare una forma di “terrorismo di Stato”. Ovvio che non sto facendo un parallelo, e so bene che i più temibili sono i terroristi islamici: è per questo che sono anche i più seguiti dai media».

 

Chi ha voluto dare il premio a Charlie Hebdo ha sottolineato la volontà di mandare un segnale al mondo fondamentalista.

LA REDAZIONE DI CHARLIE HEBDOLA REDAZIONE DI CHARLIE HEBDO

«Il Pen non ha nessun membro che proviene da quel mondo. E dubito che i fondamentalisti siano stati sfiorati da quanto dichiarato: perché questa gente dovrebbe occuparsi di un premio? Aggiungo che anche grande parte degli americani è indifferente al Pen, e hanno visto solo di sfuggita quanto è stato scritto nelle ultime due settimane. La nostra ampia cultura è focalizzata sulla politica, lo sport e le celebrità, non sugli scrittori e i loro premi».

 

La satira deve ferire sempre?

«L’unica satira che conosco bene è quella inglese del Diciottesimo secolo, in particolare quella di Jonathan Swift che era a favore dei deboli irlandesi contro i potenti inglesi. Specie in una Una modesta proposta la sua satira è indignata, morale e immaginata in maniera brillante. Quella sì che è satira, non c’è alcun paragone con le vignette di Charlie Hebdo ».

la redazione di charlie hebdola redazione di charlie hebdo

 

 

 

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