
“MI SONO FATTA TREMILA PUNTURINE DI BOTOX ALLE LABBRA, ALLE RAGAZZE DICO DI NON MASSACRARSI IL VISO” – L’ATTRICE PAOLA QUATTRINI SI RACCONTA: "FUI LA SHIRLEY TEMPLE ITALIANA, SIN DA GIOVANISSIMA ERO MOLTO DISINVOLTA. A 15 MI SONO FOLLEMENTE INNAMORATA DI UN GAY. ERA UN DIVO DEI FUMETTI" - IL MATRIMONIO CON IL MARCHESE GERINI, PROTAGONISTA DELLA DOLCE VITA, E QUELLO CON IL PRODUTTORE LUCIANO APPIGNANI: “TANTE PORTE IN FACCIA DA UOMINI SBAGLIATI, LE COMPLICAZIONI ME LE CERCAVO IO. SONO UN PO’ MATTA. E NON SONO IL MASSIMO ESEMPIO DI FEDELTA’…”
Emilia Costantini per corriere.it - Estratti
«Quando sono nata — racconta Paola Quattrini —, mio padre Remo scrisse sulla porta di casa: “Che fregatura! È nata la quarta femmina!”. E firmò: il povero padre».
(…) Per colpa del padre burlone?
«Non gli piaceva lavorare e, dato che nella nostra modesta casa, nel quartiere di San Saba a Roma, non circolavano tanti soldi, gli avrebbe fatto comodo un maschio. Era un tipo particolare, corteggiava le donne e raccontava bugie: un po’ faceva l’idraulico, un po’ il macellaio al Mattatoio e ricordo con orrore quando si presentava con il grembiule sporco di sangue di animali...
Mamma si lamentava perché il marito stava sempre in giro e non portava i soldi a casa: quei pochi che guadagnava, chissà dove e con chi li andava a spendere... Per questo, posso affermare di aver rappresentato davvero la loro fortuna: ho cominciato a recitare, cioè a lavorare e a guadagnare, a 4 anni e lo stipendio lo portavo a casa io. In altri termini, la “fregatura” della figlia femmina è stata la loro salvezza, riuscendo a mantenere una famiglia senza alcun reddito».
Un’autentica bambina prodigio. Il debutto fu nel film «Il bacio di una morta»: com’è riuscita ad approdare al grande schermo?
«Sin da piccolissima, ero molto spigliata, mi piaceva avere una sorta di pubblico davanti al quale esibirmi con balletti o canzoncine. Inoltre le mie zie, sorelle di mio padre, facevano le cassiere al Teatro Quirino e non solo ci aiutavano economicamente, ma ogni tanto ci rimediavano un palchetto laterale, così noi potevamo andare a vedere gli spettacoli senza pagare i biglietti. Una sera, nel foyer, mi nota un signore, ovvero il regista Guido Brignone. Chiese: di chi è questa bambina? Posso farle un provino? Il mestiere di attrice lo avevo stampato in fronte. E da allora, non ho mai smesso».
Il papà fu contento?
«Macché! Diceva che le attrici erano delle poco di buono. Mia sorella Marisa, che aveva una decina di anni più di me, lo rassicurò, dicendo: è un gioco da bambina, sicuramente poi le passerà. Invece, non mi è passata per niente».
È stata definita la Shirley Temple italiana.
«Infatti... sin da giovanissima ero molto disinvolta».
Chissà quanti ammiratori e corteggiatori.
«Vuole sapere di chi mi sono follemente innamorata a 15 anni? Di un gay! Era un divo dei fumetti. Anch’io, all’epoca, facevo i fotoromanzi. Lui era bellissimo, gli dicevo “voglio avere un figlio da te!”. Ma la mia solita sorella, più avveduta, mi sconsigliava, sospettava che il ragazzo avesse altre tendenze, non le sembrava il tipo giusto. Io reagivo stizzita: ma no, ma che dici?!».
Come andò a finire?
«Lui non aveva il coraggio di manifestarsi. Io insistetti, era la mia prima esperienza a letto con un uomo. Facemmo l’amore e poi... mi confessò la verità. Ne rimasi scioccata, talmente tanto che questa vicenda traumatica mi ha segnato nei miei successivi rapporti sentimentali. Sono quella delle situazioni estreme, cose normali nella vita me ne sono capitate poche».
Situazione estrema anche quella di sposare il cosiddetto «Marchese della notte»?
«Ebbene sì. Il marchese Antonio Gerini, il mio primo marito, erede di una importantissima famiglia nobiliare: un protagonista della Dolce vita romana, infatti era stato legato sentimentalmente ad Anita Ekberg, inoltre faceva l’impresario teatrale.
Ci sposammo in pompa magna, accompagnati da tre orchestre a Villa Fiorio, a Grottaferrata. Un uomo affascinante, ma avevo 18 anni e avevo accettato di sposarlo perché sentivo la necessità di uscire da casa, di essere indipendente.
Dopo un anno di convivenza ho capito che quell’unione non funzionava e che non occorreva avere un marito per essere libere. Glielo dissi e lui, noblesse oblige, mi rispondeva di non preoccuparmi. Rinviammo il problema, poi ci siamo separati con tanto di annullamento del matrimonio alla Sacra Rota».
Il secondo marito, nel 1974, Luciano Appignani: produttore cinematografico, da cui ha avuto la sua unica figlia Selvaggia Quattrini, ed è finita anche con lui...
«Tante porte in faccia, non in ambito lavorativo, ma da uomini sbagliati, le complicazioni me le cercavo io. Aggiungo a loro discolpa che, pur nutrendo ammirazione per la mia notorietà, soffrivano di gelosia a causa delle mie lontananze».
Perché Selvaggia ha scelto il suo cognome e non quello del padre?
«Quando è nata avevo quarant’anni, ero già un’attrice affermata e lei intendeva seguire il mio stesso percorso. Qualcuno, credo un ufficio stampa, le consigliò di utilizzare come pseudonimo il mio cognome, già conosciuto dal vasto pubblico».
Che madre è stata?
paola quattrini luciano appignani 33
«Non è stato tanto facile essere all’altezza del mio ruolo materno: ero spesso in tournée, dunque non troppo presente. In una delle tante assenze, mi trovavo lontano da Roma, impegnata in uno spettacolo teatrale. La bambina aveva la febbre alta e dissi al produttore: pago la penale, torno a casa. E quella sera, stando accanto alla piccola, la febbre le passò».
Ha poi recuperato il rapporto, lavorando insieme con sua figlia?
«I primi tempi abbiamo fatto teatro, ma siccome ero un po’ troppo ossessiva nel darle indicazioni e consigli, lei si è scocciata, mi disse: mamma basta, sei una rompiscatole. Poi Selvaggia si è dedicata al doppiaggio e mi ha reso nonna di due meravigliosi nipoti, che per fortuna non sognano di fare gli attori: Domitilla, ventenne, studia lingue e punta a fare l’imprenditrice, con un pizzico di manie di grandezza, è un po’ matta come me — ride —, Arturo ha 10 anni e sogna di fare il calciatore».
Perché si definisce un po’ matta?
«Lo sono stata in parecchie occasioni... Per esempio, credo di poter affermare che da giovane ero molto bella, ma non mi piacevo. Ero convinta di avere delle brutte labbra e, da vera matta, mi sono fatta tremila punturine di botox: ho tormentato la mia bocca, per averla uguale a tante altre bocche. Consiglio alle ragazze di non massacrarsi il viso, di accettare la propria diversità, perché è proprio la diversità che fa la bellezza».
Dopo due mariti, ora è single?
«No! Trent’anni fa conobbi, in una beauty farm, un signore elegante con cui ho imbastito una storia sentimentale tra alti e bassi, con pause lunghissime, abitando io a Roma, lui a Genova. In una di queste pause, si è addirittura sposato con un’altra donna!».
Quando lei lo ha saputo, è rimasta male?
«Ma no... il suo matrimonio è iniziato e finito in una delle nostre pause, durante le quali anch’io mi ero data da fare in altro modo... non sono il massimo esempio di fedeltà».
Una strana relazione.
«Per questo dura da tanto. Ormai, alla nostra età, ci rispettiamo e ci vogliamo bene. Lui è il mio punto di riferimento».
Ma il suo principale punto di riferimento, Paola, continua a essere il lavoro. Ora è in tournée con «Le fuggitive»: Thelma e Louise, in coppia con Gaia De Laurentiis?
«Esatto. Io, più anziana, sono Claude, una vedova che scappa da una casa di riposo. Gaia è Margot, che scappa dai conflitti familiari. Io felice e libera di testa, lei pentita e confusa. Tra noi, nasce una tenera amicizia».
E lei si riconosce nel personaggio...
«Claude sono io. Mi accetto per quello che sono, a volte ho sbagliato nel non farlo».
camilla morabito maurizio micheli paola quattrini foto di bacco
PAOLA QUATTRINI
PAOLA QUATTRINI
PAOLA QUATTRINI
paola quattrini foto di bacco