LETTO DI CHIODI - PARLA LETIZIA MARINELLI, LA DONNA CHE HA DORMITO CON IL PRESIDENTE E POI È STATA NOMINATA CONSIGLIERA PER LE PARI OPPORTUNITÀ - "L'ADULTERIO NON È REATO E NON CI PENSO PROPRIO A DIMETTERMI"

1 - "HO DORMITO CON CHIODI, MA L'ADULTERIO NON È REATO"
Antonio Massari per ‘Il Fatto Quotidiano'

Non mi dimetto". Può sembrare paradossale, ma non sono le parole del governatore dell'Abruzzo Gianni Chiodi, bensì della donna che, nel marzo 2011, dormì con lui, nella stanza 114 dell'hotel Del Sole di Roma. Quel conto fu pagato con soldi pubblici. Due mesi dopo - come ricostruito nei giorni scorsi dal Fatto Quotidiano - la signora fu nominata, su indicazione della giunta Chiodi, nell'organismo regionale sulle Pari Opportunità.

Il presidente Chiodi - dopo aver minacciato querele - ieri ha integralmente confermato al Corriere della Sera la ricostruzione della nostra inchiesta giornalistica: "È stato un errore, ma non ho favorito la sua nomina, chiedo scusa alla mia famiglia". E - mentre la procura inizia i primi interrogatori convocando i consiglieri regionali Costantini e Verì, che ieri hanno esposto le loro tesi difensive - il M5s chiede le dimissioni di Chiodi. Per ora in totale solitudine. La commissione Pari Opportunità vuole, invece, la testa della signora. Soltanto la sua. Il Fatto Quotidiano - garantendo il suo anonimato - l'ha intervistata.

L'organismo regionale di parità - composto solo da donne - chiede le sue dimissioni ma non quelle del governatore Chiodi. Che ne pensa?
È singolare che chiedano soltanto le mie dimissioni: come mai non chiedono anche quelle del governatore? Faccio sommessamente osservare che sono coinvolta - e a questo punto vittima - in una situazione che, per quanto riguarda me, non comporta alcuna responsabilità penale.

Vorrei ricordare che l'adulterio non è più considerato reato e per le considerazioni morali rispondo solo alla mia coscienza e alla mia famiglia. Però mi rendo conto della cultura che ancora domina in questo Paese. E di come, purtroppo, le donne siano nemiche delle donne, ossequiose del potere maschile: ciò accade anche tra coloro che dovrebbero aver compreso interamente il ruolo, le funzioni e le competenze che sono chiamate a svolgere come membri di organismi di parità.

Qui non si discute dell'adulterio, però, ma delle ombre sulla sua nomina. Si dimette?
No.

Per la sua nomina è stata aiutata da Chiodi?
Assolutamente no. Non ne avevo alcun bisogno. La selezione è avvenuta pubblicamente vagliando i titoli e i curricula delle candidate. Una commissione esterna ha selezionato una rosa, che poi è stata rimessa alla giunta regionale, per la valutazione, quindi inviata al ministero per la nomina. Nessuna delle mie concorrenti poteva vantare, tra i titoli, un insegnamento universitario nella disciplina delle pari opportunità. Che avessi più titoli è un fatto dimostrato e dimostrabile. E nessuna ha presentato ricorso.

La notte trascorsa con il governatore getta un'ombra sulla sua nomina. Questo però è incontestabile.
Nessuna ombra: né per la mia nomina, né per il lavoro svolto, perché non ho avuto facilitazioni personali e non sono stati facilitati i miei progetti. Ho sempre agito in piena autonomia, come il mio ruolo richiede, prendendo anche decisioni scomode per la giunta, provando a recuperare il ritardo, in Abruzzo, rispetto agli obiettivi che ci pone la comunità europea in temi di pari opportunità.

Quindi non si dimette.
No. Stiamo finalmente portando a termine un progetto che ci ha impegnati per un anno intero: una rete attiva su tutto il territorio, che tuteli le potenziali donne vittime di violenza domestica, riuscendo a salvarle prima che si giunga a una tragedia. Fermarmi adesso sarebbe assurdo. Quando avrò realizzato quest'obiettivo - quando potrò dire: ‘ecco, questa sono io' - potrò anche decidere di cambiare mestiere.

Quanto guadagna?
Di certo non mi arricchisco: la mia è indennità è di 180 euro lordi al mese. Ai quali vanno aggiunti, di volta in volta, 30 euro come gettone di presenza per le eventuali riunioni in commissione. Fino al 2011 l'indennità era di 360 euro, quando sono arrivata s'è dimezzata e queste cifre, da sole, sono sufficienti a dimostrare che non v'è paragone tra quanto mi pagano e l'impegno necessario.

La commissione chiede soltanto le sue dimissioni. E Chiodi definisce quella notte insieme come un "errore". Sembra che alla fine debba pagare solo lei. O no?
Che definisca il nostro incontro come un errore non m'importa. Comprendo la sua situazione personale. Ho una sensibilità che mi consente di guardare oltre.

Le sembra corretto addebitare il conto di quella notte alle casse regionali?
Non è concepibile che questa spesa sia stata rimborsata con soldi pubblici: non può e non deve essere così. Nel caso in cui quest'ipotesi venisse confermata, se anche riguardasse un solo centesimo, andrebbe immediatamente restituito alle casse della Regione.

Però le assicuro che resto sorpresa: conosco Chiodi come una persona onesta e corretta, non so cosa sia avvenuto, posso soltanto pensare che si sia trattato di un errore. Sono stata sua ospite all'hotel Del Sole di Roma, ma non sono certa che si tratti proprio di quella data, sto verificando tra i miei documenti perché intendo essere precisa se e quando la magistratura intenderà convocarmi.


2 - REGIONE ABRUZZO, INCHIESTA SU RIMBORSI E SPESE PAZZE PER AMANTI E CAMERE DOPPIE
Mario Ajello per "Il Messaggero"

Cherchez la femme. Come si dice in slang indigeno? Boh. Ma la caccia è aperta e la Mandrilleide abruzzese in cui si mescolano eros, politica e soldi pubblici, un po' Boccaccio, un po' Fiorito, un po' Priapo nella terra di Celestino V e di Ignazio Silone, diventerà ancora più gustosa appena i volti segreti delle quattro donne misteriose avranno un nome. Per ora, tra Pescara e L'Aquila, Lanciano e Teramo, ci si sbizzarrisce così: tre di Pescara e una di Roma? Una giornalista, una grafica e un'avvocatessa? E quella dell'Urbe fa la commerciante? Soltanto lui, uno dei big locali indagati - tra assessori e consiglieri in tutto sono 25 finiti sotto inchiesta per 80mila euro di rimborsi truccati e varie diavolerie da casta spendacciona e proclive alla carne - conosce l'identità delle "mistress", secondo la definizione usata dai romantici inglesi per le amanti nascoste. E gli altri mandrilli "istituzionali", in questa storia clamorosa che rovescia l'immagine dell'Abruzzo definito a suo tempo da Giorgio Manganelli «un grande produttore di silenzio»?


Il governatore Gianni Chiodi ha confessato di aver dormito all'Albergo Sole di Roma con una donna che non è sua moglie e poi lei è stata presa a lavorare alla commissione regionale Pari Opportunità «ma in questo io non c'entro». I pm vogliono vedere se la nottata capitolina l'ha pagata lui o l'ha pagata l'erario sia per lui sia per lei (che si pensava fosse un'altra ma poi s'è scoperto che si chiama Letizia Marinelli, e non è indagata), mentre a Teramo - dove tutti lo conoscono come uomo morigerato e non sciupafemmine - i suoi amici, preoccupatissimi per lo scandalo che potrebbe portare al suo siluramento come ricandidato presidente alle elezioni regionali di primavera, sacramentano: «L'hanno pizzicato alla prima marachella che ha fatto. Colpa dell'inesperienza!». Bastava prendere due camere singole, e non una doppia.


BURIANA EROGENA
Ecco, pare un abatino il Chiodi («E ora prima delle conseguenze politiche devo affrontare i disastri familiari che ho creato») e non somiglia a Richard Gere, come Nazario Pagano, presidente del consiglio regionale e coordinatore abruzzese di Forza Italia finito nella buriana erogena, e forse più inguaiato del suo presidente. Uno come Antonio Razzi, genius loci e parlamentare scilipotico-berlusconiano, una spiegazione crede di averla per tutte queste storie, compresa quella dell'ex assessore De Fanis che ha sottoposto alla segretaria-amante Lucia Zingariello un contratto che prescrive 4 notti di sesso al mese per 3.000 euro. «Noi abruzzesi - spiega Razzi - siamo forti e veraci. E maschi veri!». Più latin lovers del resto degli italiani? «Forse».


Chiodi («Chi mi ha visto a Roma, dove vengo spesso lo sa: niente ristoranti, pago spesso con i soldi miei e giusto mi concedo un ventaglio e un cappuccino al bar della Galleria Sordi»), il Pagano («Aragoste? Chi le ha mai viste?»), De Fanis (il più somigliante a Fiorito ma Batman stava con le strappone mentre lui ha messo sotto contratto bellezze diverse), e Alfredo Castiglione (vice-presidente della Giunta) il quale va in missione "istituzionale" a Tivoli, un sabato e domenica, e si porta la moglie (lui sì) ma secondo l'accusa si fa pagare il tutto, comprese le terme, dagli ignari contribuenti. Porta una ricevuta da 515 euro, cui aggiunge i 127 di indennità per la trasferta. E sarà che all'Aquila l'altro giorno c'è stata la festa di Sant'Agnese, la patrona del pettegolezzo, ma di lui si parla e di tutti gli altri più latin lover di lui. E oggi è prevista una scena madre.


AMORE TOSSICO
Alla Procura di Lanciano arrivano, per un faccia a faccia a tre, Luigi De Fanis, la Zingariello contrattista dell'amore e la moglie di lui, Rosanna. Peccato che Gigi, per amore della trentaquattrenne Lucia, pare volesse avvelenare la consorte. La quale oggi ribadirà: «Ma no, ho solo avuto un po' di mal di pancia e ho vomitato». E dunque non è stato Gigi a versarle una medicina letale in una bibita? La Zingariello ha dato ai pm tre registrazioni, in cui Gigi dice: «Ho appena provato ad avvelenare mia moglie». In un'altra: «Ti amo, ti amo, ti amo, io Lucia per te potrei anche uccidere». E in un'altra ancora Gigi fa sentire all'amante gli spasmi della moglie che sta vomitando: «Amore, stai ascoltando?». La moglie adesso rischia perchè il marito è agli arresti domiciliari (per peculato, concussione e tentato omicidio) al fianco di lei? Macchè: «Conviviamo in armonia sotto lo stesso tetto. E io mi fido ciecamente del mio Gigi». Al netto dell'arsenico, resta la domanda: l'Abruzzo è boccaccesco? Spiega Emmanuele A. Jannini, docente di sessuologia all'università dell'Aquila: «Vicende così, nelle nostre terre considerate sonnacchiose e poco erogene, sono esplosive. Proprio per questo, cioè per il fatto che l'Abruzzo non richiama atmosfere da Decamerone o da Signore e signori, il capolavoro di Germi sulla cattolicissima Treviso dove tutti mettono le corna a tutti, il controllo sociale e politico sui comportamenti dei governanti è stato minore. Qui non c'entra la privacy di chi va a letto con chi, ma l'abuso di denaro pubblico».


L'eterno dilemma, «meglio fornicare o comandare?», in Abruzzo l'hanno risolto con un bel pareggio. Però costoso.

 

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