“REPUBBLICA” AVVELENATA CONTRO LA CENA DI RACCOLTA FONDI DELLA GALLERIA BORGHESE: “LO SCEMPIO DEL FESTINO GLAMOUR” - LA CRITICA D’ARTE PAOLA UGOLINI: “SI FA DA 20 ANNI, SENZA I FINANZIAMENTI PRIVATI, I MUSEI CHIUDONO”

1. PER "REPUBBLICA" ALLA GALLERIA BORGHESE I PRIVATI DISTRUGGONO IL PATRIMONIO ARTISTICO. E INVECE SONO GLI UNICI A FINANZIARLO
Riceviamo e pubblichiamo dalla critica d'arte Paola Ugolini:

Già il titolo "Lo scempio del festino glamour" è fastidioso ma ancor più irritante è il tono con cui è scritto tutto l'articolo uscito oggi su La Repubblica a pag.II della cronaca cittadina e firmato da Giovanna Vitale. Leggendolo sembra che i ricchi, categoria in Italia a rischio di estinzione, non abbiano meglio da fare che distruggere il patrimonio artistico nazionale per i loro futili intrattenimenti privati, ma in realtà non è affatto così.

Anna Coliva, direttrice della Galleria Borghese, che ovviamente non ha nessun desiderio di veder lesionate le sculture e le fontane seicentesche che ornano dai tempi di Scipione il giardino di Villa Borghese, da almeno vent'anni affida a Jean Paul Troili, un serio professionista del settore "allestimenti", la messa in opera di un gazebo per ospitare le cene che vengono fatte per attirare sponsor privati e quindi imprescindibili fondi per sostenere il Museo, un gioiello di inestimabile valore che necessita di una continua e attenta manutenzione.

In particolare lunedi 3 febbraio lo "scempio" è stato messo in opera per accogliere un pubblico di Mecenati che si sono costituiti in Associazione per sostenere economicamente il Museo e in particolare per creare un importante centro di studi caravaggeschi di prestigio scientifico internazionale.

Che cosa dovrebbero fare i Musei pubblici dopo anni di ininterrotti "tagli"? suicidarsi? Le cene di "Fund Raising" sono il pane quotidiano di realtà museali importanti come il Moma, il Guggenheim, il Louvre e così via, proprio non capisco che bisogno ci sia di scrivere articoli non argomentati che rinfocolano l'odio di classe facendo sembrare i "ricchi" e i "potenti" ancora peggio di come vengono in genere percepiti.

Stiamo vivendo un momento pericoloso, di devastante crisi economica e morale, la cultura sta diventando un optional e i nostri Musei, meravigliosi e preziosi come la Galleria Borghese, gli Uffizi o Capodimonte potranno continuare ad esistere solo in una prospettiva di stretta collaborazione con il Privato.

Non mi sembra quindi costruttivo gridare allo scandalo e alzare i forconi del populismo per un'iniziativa lodevole dal punto di vista scientifico, quando, invece bisognerebbe scendere in piazza per protestare contro lo sbudellamento della scuola pubblica e contro gli osceni tagli alla cultura da parte di una classe politica ignorante e corrotta che forse ha tutto l'interesse a rendere la massa totalmente ignorante così da poterla comandare meglio.

Paola Ugolini


2. GALLERIA BORGHESE, LO SCEMPIO DEL FESTINO GLAMOUR
Giovanna Vitale per "la Repubblica - Roma"

Sarebbe possibile assediare il Louvre con enormi gazebo in plastica stile villaggio Valtur o, per restare dentro i confini nazionali, appiccicare sulle mura degli Uffizi pesanti tubi d'acciaio per reggere pedane e pensiline? Ebbene, tutto quello che altrove verrebbe considerato un oltraggio, pura follia devastatrice, è accaduto la settimana scorsa in uno dei musei più belli e preziosi di Roma: la Galleria Borghese.

I cui giardini popolati di statue e fontane del ‘600 sono stati violentati per quattro lunghi giorni da un forsennato via vai di tir e furgoncini che hanno caricato e scaricato, proprio a ridosso dei marmi barocchi, tendoni, stufe a gas, lampadari, tavoli, sedie, candelabri, stoviglie e ogni suppellettile necessaria ad apparecchiare la cena di gala organizzata lunedì dall'associazione dei Mecenati della Galleria per il suo debutto.

Ma il bello (o il brutto) è che nessuno dei 300 invitati alla grand soirée con anteprima assoluta della mostra di Giacometti ha fatto un plissé alla vista di quel circo Barnum allestito all'ombra del museo dallo scenografo Jean Paul Troili.

E dire che fra Paolo Scaroni e Francesco Gaetano Caltagirone, Paola Severino e Cesare Geronzi, tre generazioni di Fendi e Carla Sozzani, i principi Ruspoli e i coniugi Letta "zio", c'era pure gente che della difesa dell'arte ne ha fatto una ragione di vita: il sottosegretario al Mibac Ilaria Borletti Buitoni e l'ex ministro della Cultura ora presidente del Maxxi Giovanna Melandri.

Eppure neanche loro si sono accorte di niente. Forse giudicando del tutto normale quei tubi Innocenti piantati nelle fontane o i fili di ferro avvinghiati a un Erme del Bernini.
A chi invece è saltata la mosca al naso sono i frequentatori di Villa Borghese. Che, davanti a cotanto scempio, hanno subito manifestato il loro disgusto al minisindaco Giuseppe Gerace.

Il quale, dopo un veloce sopralluogo, ha scritto una lettera di fuoco alla soprintendenza statale, alla direttrice della Galleria Borghese e alla sovrintendenza capitolina per chiedere non solo spiegazioni, ma sanzioni severe per chiunque avesse consentito quei "lavori".

È furibondo, Gerace: «Non si può consentire che tubi e telai in plastica vengano poggiati sui monumenti, compresa una fontana del XVII secolo ed un Erme del Bernini. Se poi, come sembra, ad autorizzare il tutto è stata la Sorpintendenza statale, oltre al danno si profilerebbe una beffa gigantesca ».

Non intende arretrare di un passo, il presidente del II municipio, neppure ora che ormai è tutto finito: «Il tema qui è: chi controlla il controllore? Quello è il museo più bello d'Italia, non può essere trattato così. È come se all'Hermitage giocassero a freccette con i quadri di Giotto. Spero che i responsabili vengono sanzionati così che non si ripeta più». La direttrice della Galleria, Anna Coliva, è avvertita: i vip dovranno trovarsi un altro posto per le loro feste.

 

Il gazebo fuori dalla Galleria Borghese dove si e tenuta la cenaGalleria Borghese Maite Bulgari e Anna Coliva SALONE D INGRESSO GALLERIA BORGHESEGalleria Borghese Galleria Borghese Maite Bulgari e Anna Coliva Paolo Scaroni e moglie Antonio D Amato e Paolo Scaroni

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