EDONISMI & VANITY: ‘’ESSERE TRANSESSUALI È LA NUOVA MODA’’

Alain Elkann per "la Stampa"


Se non sbaglio sta finendo un nuovo libro?

«Sì. Ho fatto molte ricerche per il secondo volume di una biografia su Ronald e Nancy Reagan. Il primo volume era dedicato a come sono arrivati alla Casa Bianca, il secondo si intitolerà "President and Mrs Reagan, the White House Years"».

Perché lei che è stato direttore del Magazine di Warhol Interview e che è anche l'autore di un libro «Holy terror Andy Warhol Close Up» adesso scrive di Reagan?
«Perché sono schizofrenico e interessato da sempre all'avanguardia ma credo molto anche nella tradizione. Sono un conservatore radicale».

Reagan e Warhol hanno avuto in comune molte cose nel senso che sono tutti e due delle grandi storie americane di successo. Ma perché, e cosa li unisce?
«Entrambi provengono da condizioni familiari molto povere, da luoghi oscuri dell'America e sono saliti al top, uno nel mondo dell'arte e l'altro nel mondo della politica. Inoltre nessuno dei due, finché era vivo, veniva preso veramente sul serio. Andy Warhol era famoso in Europa ma in America veniva considerato frivolo, mondano e i grandi artisti erano invece Just Jones o Rauchenberg che erano considerati come degli dei. Il Museo d'arte moderna di New York non ha mai mostrato un solo quadro di Warhol finché lui era in vita».

E Reagan?
«Anche quando era presidente degli Stati Uniti la stampa diceva che era un attore di serie B e che erano i suoi consiglieri a scrivere quello che lui doveva fare e a fargli completamente la sua agenda».

E invece non era così?
«No. Era un grande uomo politico, aveva il senso della gente comune, aveva un rapporto con la gente più semplice ed era un grande comunicatore. Lui scriveva i suoi discorsi personalmente e quando è diventato presidente li correggeva, cambiava e riscriveva. In realtà oggi Reagan viene visto come un presidente importante, quasi alla pari di Roosevelt.

Nancy Reagan era importante accanto al marito e lo ha aiutato molto nel suo successo. Aveva un grandissimo ruolo dietro le quinte e lo aiutava a scegliere o a scartare certi collaboratori. Quando lui non era capace di licenziare qualcuno era lei che lo faceva al suo posto».

Diana Vreeland ha scritto una famosa lettera in cui dice che lei è un grande scrittore, perché non scrive romanzi?
«Non mi sono mai permesso di farlo né di provarci. Ho sempre avuto bisogno di avere un lavoro e adesso che sono sotto contratto con la rivista Vanity Fair mi sento più sicuro. E poi devo dire che trovo la vera vita così pazzesca e assurda e affascinante.

Se scrivessi narrativa dovrei solo cambiare i nomi dei personaggi. Quando scrivevo su Andy Warhol, a volte aggiungevo delle cose che pensavo che lui avrebbe potuto dire ma io non sono uno scrittore di narrativa».

Truman Capote è uno dei suoi maestri?
«Penso che il libro "In cold blood" è un equivalente moderno della grande tragedia greca. Tutto è plastico, cesellato, una scrittura straordinaria come impressa nel marmo e la storia è davvero mitologica».

L'America di Warhol e di Reagan è molto diversa da quella di oggi?
«Io penso che Obama non sia veramente americano. Forse rappresenta la direzione verso la quale va il mondo e l'America, cioè di essere una governance globale. Trovo questo pericoloso forse perché sono tradizionalista. Io credo che la civiltà occidentale, giudaico-cristiana, sia in una situazione suicida. Quello che succede nelle università è ridicolo.

E' ridicolo il fatto che i ragazzi non imparano più i classici e vanno direttamente a leggere i libri di Toni Morrison. Non conoscono la storia né la filosofia né la teologia. Oggi tutti sono transessuali, è la nuova moda e quello che spinge il New York Times a parlare continuamente di questo. I genitori addirittura pensano di ascoltare i loro figli piccoli e se lo desiderano li aiutano a cambiare sesso, è un mondo di pazzi.

Si fanno figli in modi artificiali. Metà dei ragazzi americani soffrono di Attention Deficit Disorder, prendono continuamente una medicina che si chiama Ritalin, che li calma e li fa comportare in modo diverso. Un tempo i ragazzi erano molto più attivi, più sportivi, e fatti in un altro modo».

Cosa pensa del matrimonio gay?
«Mah, ho degli amici che sono contenti così. Io non penso sia una buona idea per la società, naturalmente lo capisco e molti miei amici hanno voluto sposarsi ma non penso che sia un bene perché quale sarà il prossimo passo? Forse la poligamia?».

È religioso?
«Sono religioso ma non spirituale. Non sono interessato per esempio al buddhismo. Io sono cattolico perché è parte della mia storia, tradizione. Perché cercare una nuova religione? A me piace molto l'antica tradizione e la messa in latino».

Cosa pensa del nuovo Papa, le piacerebbe scrivere su di lui?
«Sì, certo. Mi sembra un po' come Jimmy Carter. Non capisco bene la sua decisione di non voler vivere nell'appartamento papale. Io trovo che la Chiesa si è liberata troppo della pompa a cui eravamo abituati che in qualche modo è quello che seduceva i giovani. Il cerimoniale, certe preghiere, il latino, i canti gregoriani rappresentavano un altro mondo. Per me la religione è anche un fatto estetico».

Warhol era un uomo religioso?
«Sì, andava a messa ogni domenica. Era bizantino, che è un po' come essere greco-ortodosso. La messa era molto lunga, era un rito religioso centro europeo».

E cosa le ha insegnato?

«Che il primo passo da fare nella vita, qualunque cosa uno faccia, è lavorare sodo. Ho imparato che la vita è più interessante quando si mescolano persone, luoghi diversi, modi di vivere diversi, generazioni diverse e si raggruppano tutte come in uno stesso mondo. Questo facevamo con la rivistaInterview ».

Si occupa ancora d'arte?
«Più che mai, ci sono così tanti nuovi giovani artisti e nuovi talenti e l'influenza di Warhol è enorme. Lui prima di tutti ha capito che i media avrebbero preso il sopravvento e non sapeva che ci sarebbe stato Internet, e Facebook.

Capì che la fama e la notorietà erano le cose più importanti nel mondo di oggi, poco importa se nel bene o nel male, l'importante era apparire. Liz Taylor, Marilyn, Elvis o Mao sono come i simboli del nostro tempo. Mao e Lennon sono gli dei del mondo di oggi. Warhol ha fatto in realtà dei quadri religiosi per una cultura secolarizzata. E questi sono in realtà i suoi quadri».

Lei ne possiede qualcuno?
«Li ho venduti troppo presto per comprarmi una casa in campagna».

Continua a comprare arte?
«Occasionalmente da artisti molto giovani. E poi mi hanno fatto anche alcuni ritratti ma se il mio libro su Reagan sarà un best seller comprerò altra arte. Mi piace molto vedere come si sviluppa il talento di un artista.

Diventando vecchi - ed è un'altra cosa che mi ha insegnato Warhol - bisogna avere oltre ai soliti amici di sempre degli amici giovani perché questo è l'unico vero modo per sapere come la pensano i giovani e quello che succederà nel futuro. Del resto avevamo tutti vent'anni noi che stavano intorno a Warhol e passavamo ore a parlare con Diana Vreeland che ci ha presentati e aveva più di settant'anni».

 

 

BOB COLACELLOreganRonald ReaganReagan con la moglie nancyWARHOL POLAROID Andy Warholalla cassa bianca

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